Il futuro siamo noi

Situazione giovanile: tratti distintivi di una generazione

In una società diversificata e complessa come quella europea, in un’epoca in cui trionfa il pensiero debole, senza le certezze e punti di riferimento del passato, i giovani sembrano spaesati e a disagio, senza valori né ideali forti, in balia delle mode e dell’effimero. Eppure sono molti gli esempi di giovani impegnati per un mondo di pace e giustizia per tutti. Nella costruzione dell’Europa vogliono solo essere ascoltati e incoraggiati.

Non è facile definire in modo univoco la situazione dei giovani in Europa: elementi di discontinuità e ambivalenza sembrano prevalere sui tratti comuni in molti aspetti della vita. Nonostante la varietà e contraddittorietà delle situazioni, si riscontrano tratti culturali di fondo ed elementi distintivi della generazione attuale, che rispecchiano il momento storico in cui è chiamata a vivere e la differenziano dalle generazioni e modelli del passato.
Analizzando le attese dei giovani, si può tracciare un quadro dei loro valori etici e culturali, del modo di percepirsi all’interno della società, degli orientamenti con cui mirano a realizzarsi, dei problemi che devono affrontare nella modeità avanzata o post-modeità: un tempo denso di opportunità, ma anche carico di tensioni e condizionamenti.
Il progresso della scienza e della tecnica, infatti, offre enormi vantaggi anche ai giovani, ponendoli al centro di molti stimoli e sollecitazioni, ampliando il loro livello di coscienza, costringendoli alla riflessione e al confronto con rapidi cambiamenti di situazioni. Al tempo stesso, questi aspetti positivi sono accompagnati da costi personali e sociali: sono scomparse le certezze, i punti di riferimento e il consenso comunitario del passato; la crisi delle grandi ideologie ha provocato la frammentazione del pensiero e l’affermarsi di modelli individualistici di realizzazione e il rischio di un «effetto spaesamento».
Il rapido cambio di scenari a livello economico e finanziario, lavorativo, culturale e politico, rende sempre più difficile fare previsioni realistiche in tanti aspetti della vita; precarietà, insicurezza esistenziale, incertezza del futuro accompagnano l’esistenza della maggioranza degli individui. In uno scenario poco chiaro, denso di sollecitazioni e imprevisti, non è facile orientarsi su problemi e scelte, siano esse di grande o minore importanza.

Europa diversificata e complessa

Attraversata dai fenomeni della globalizzazione, oggi l’Europa appare diversificata e complessa, sia per il retaggio delle diverse vicende storico-politiche (come quelle tra Est e Ovest), sia per la pluralità di tradizioni e culture: greco-latina, anglosassone, slava. Tali diversità, tuttavia, costituiscono anche la ricchezza del vecchio continente e ne rendono significative, in contesti diversi, espressioni e scelte, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino (1989) e la fine della guerra fredda. Se nei paesi orientali si avverte il problema di come gestire la ritrovata libertà, in quelli occidentali ci si interroga su come vivere l’autentica libertà.
L’attualità socio-culturale europea mostra un’eccedenza di possibilità, occasioni, sollecitazioni, in contrasto con la carenza di focalizzazioni, propositività, progettualità; ciò aumenta il grado di complessità di questa stagione storica, con ricaduta negativa sul piano vocazionale.
L’Europa post-modea assomiglia a un «pantheon», un grande «tempio» in cui sono presenti tutte le «divinità» e ogni «valore» trova la sua nicchia. «Valori» diversi e contrastanti sono presenti e coesistenti, senza una gerarchia precisa: codici di lettura e valutazione, di orientamento e comportamento del tutto dissimili tra loro.
Quando una cultura non definisce più i valori capaci di dare senso alla vita o non riesce a creare convergenze e priorità attorno ad essi, ma pone tutto sullo stesso piano, risulta difficile avere una visione unitaria del mondo e si indebolisce la capacità progettuale della vita.

Giovani e l’Europa

Questa cultura pluralista e ambivalente, «politeista» e neutra, si ripercuote nella vita di tanti giovani: da un lato essi cercano appassionatamente autenticità, affetto, rapporti personali, grandezza d’orizzonti; dall’altro sono fondamentalmente soli, «feriti» dal benessere, delusi dalle ideologie e dalle istituzioni politiche, confusi dal disorientamento etico.
Per questo, in un tempo avaro di certezze e sicurezze, essi ricercano nelle esperienze più disparate una conferma di sé stessi. I vari ambiti di vita rappresentano luoghi in cui misurare se stessi e le proprie capacità, per maturare conferme alla propria identità, comprendere chi si è e cosa si è in grado di fare. Per una condizione giovanile, che vive un processo di socializzazione molto aperto, ha continuamente bisogno di ridefinire se stessa e ottenere rassicurazioni e certezze.
Il pendolo della loro vita oscilla tra rivendicazione della soggettività e desiderio di libertà; in una cultura debole e complessa come la nostra, la soggettività spesso diventa soggettivismo, mentre la libertà degenera in arbitrio.
La capacità dei giovani di progettare il futuro è vista in un’ottica limitata alle proprie vedute, in funzione di interessi strettamente personali, di autorealizzazione, in una logica che riduce il futuro alla scelta di una professione, alla sistemazione economica o all’appagamento sentimentale-emotivo: orizzonti che di fatto riducono la voglia di libertà e le possibilità del soggetto a progetti limitati, con l’illusione di essere liberi.
Per lo più sono scelte spesso senza apertura al mistero e al trascendente, con scarsa responsabilità nei confronti della vita propria e altrui, della vita ricevuta in dono e da trasmettere ad altri. Tali sensibilità e mentalità rischiano di delineare una sorta di «cultura antivocazionale». Nell’Europa culturalmente complessa e priva di punti di riferimento, il modello antropologico prevalente sembra essere quello dell’«uomo senza vocazione».

Frammenti di un ritratto

Una cultura pluralista e complessa tende a generare nei giovani un’identità incompiuta e debole, con la conseguente indecisione cronica di fronte alla scelta vocazionale. Precarietà della vita e futuro occupazionale incerto inculcano nei giovani paura per il loro avvenire e ansia davanti a impegni definitivi.
Se da una parte cercano autonomia e indipendenza ad ogni costo, dall’altra, come rifugio, tendono a essere molto dipendenti dall’ambiente socioculturale. Vivono una «rassegnazione contenuta», descritta come «tipologia dell’abbastanza»: si va abbastanza d’accordo con i loro genitori che concedono loro abbastanza libertà; si ha abbastanza voglia di diventare adulti, ma non troppo in fretta.
Qualcuno ha definito i giovani una «generazione mongolfiera», che galleggia nel tempo senza fretta di atterrare: si assiste a un’estensione smisurata dell’età adolescenziale, al punto che si parla di «società adolescentrica».
Altra caratteristica della condizione giovanile attuale è la frammentarietà: l’esperienza di vissuto personale è divisa in tanti frammenti isolati, come pezzi di un puzzle senza coice, scollegati da una logica «vocazionale» di senso e di valori. Così, la vita è composta di gesti che non diventano mai stili di vita, azioni che si esauriscono nei gesti, progetti che si dileguano tra i sogni, passioni di un giorno cancellate da una notte, incertezza di un corpo che si fa e si disfa a seconda delle ore del giorno.
Circolano come nomadi senza fermarsi a livello geografico, affettivo, culturale, religioso; infedeli ai modelli che assumono, «tentano» di darsi contegno con trasgressioni che si rinnovano come tappe inconcluse di un eterno disordine.
Gradualmente si è imposto un modello di giovane proteiforme, che fa lo «zapping» della propria vita, passando da un’esperienza all’altra. Punto di fusione tra le varie esperienze è la gratificazione emotiva,  che deve essere immediata, da vivere nell’istante; nella successione d’istanti, un’esperienza estingue l’altra.
Rilevante tratto culturale nei giovani è l’importanza assunta dai sentimenti: ciò che si sente e si percepisce, lo stato d’animo e il piacere che si prova. Tale criterio-guida riguarda non solo la sfera privata, in particolare il campo dell’affettività e sessualità, ma anche l’orientamento della vita reale e delle scelte decisive. Le esperienze istantanee, senza durata né valore, producono appartenenze deboli e plurime nello stesso tempo a mondi vitali diversi, mai definitivi: si sceglie oggi, senza rinunciare però ad altre opzioni possibili, rinviandole solamente a tentativi futuri.
Lo sviluppo tecnologico ha invaso la nostra vita con modelli comunicativi inediti. I giovani post-modei, sommersi da una grande quantità di informazione, ma con scarsità di formazione, esistono perché «connessi», navigano in internet, parlano con gli sms, chat-lines, blogs o diari telematici: una comunicazione anonima, in tempo reale, ma «senza contatto» reale.
Essi abitano un universo simulato, invece dei luoghi tradizionali dell’incontro; anche se frequentano i luoghi ordinari, con la testa sono altrove; sono vivi e partecipi nei «non-luoghi» di evasione e trasgressione, del fascino della notte, dove è possibile sentirsi diversi; ma anche il prossimo diventa mondi virtuali, dove ci si può costruire una «seconda vita», interagendo con gli altri. Tutti espedienti  che fungono da sedativo del «vuoto» che tanti giovani sperimentano a riguardo del senso della vita e dei valori; un vuoto spesso assordato dalla musica a tutto volume.
Al vuoto lasciato dalla crisi dei sistemi di valori tradizionali è subentrato il consumismo come unico rivelatore simbolico della propria identità. In realtà a guadagnarci è solo il «mercato». Lo sanno bene i cornolhunters o trendsetters (cacciatori di tendenze, ricercatori di stili), emissari delle nuove aree di profitto, che fanno proprie le istanze stilistiche, di comportamento ed espressive dei giovani, tipiche della società dell’immagine e del mercato dell’intimità dei reality show. Pubblicità, produzione dell’abbigliamento, agenzie di viaggio, industrie del divertimento hanno decodificato la condizione di smarrimento dei giovani molto prima e molto meglio di quanto abbiano fatto le statistiche sociologiche.
Fa tenerezza incontrare giovani, pur intelligenti e dotati, in cui sembra spenta la voglia di vivere, di credere in qualcosa, di tendere verso obiettivi grandi, di sperare in un mondo che può diventare migliore grazie anche ai loro sforzi.
Sono giovani che sembrano sentirsi superflui nel gioco o nel dramma della vita, smarriti lungo sentirneri interrotti e appiattiti ai livelli minimi della tensione vitale, parcheggiati in quella terra di nessuno, dove la famiglia non svolge più alcuna funzione, la società alcun richiamo e le agenzie educative alcuna attrazione. Sono senza vocazione, ma anche senza futuro, o con un futuro che sarà una fotocopia del presente.
I giovani sono sospettati di voler conquistare visibilità nei grandi raduni, nella violenza gratuita della guerriglia urbana, nel malcontento della estraneità culturale (squatters, autonomi dei centri sociali). Di loro si elencano i «vizi capitali»:  boom dell’esoterismo e satanismo, fede «leggera» della New age, smania del rischio, sfida con la morte, delinquenza e uso di droghe… E le condanne fioccano sugli adepti di questo popolo nascosto. Ma gli strali si concentrano sul dito anziché su quello che il dito indica.

Grida di aiuto

Eppure questi fenomeni dell’attuale disagio giovanile, apparentemente slegati tra loro, hanno una correlazione profonda e inosservata: sono grida di aiuto incomprese, che esprimono in modo disarticolato paura del futuro, delusioni di sogni infranti, desiderio di una vita autentica, voglia di solidarietà, silenzio, spiritualità, di una società diversa.
Invece di giudicare, bisognerebbe riconoscere che le loro insoddisfazioni rispecchiano le ambivalenze e contraddizioni della nostra società, di un malessere che è semplicemente sintomo della disgregazione dei legami sociali in stato avanzato.
Quando i telegiornali senza scrupolo mettono in scena i giovani protagonisti di tragedie familiari, violenze cittadine, stupri collettivi, limitandosi a sollevare una carica emotiva e di indignazione, senza indicare l’urgenza di una profonda riflessione anche su una responsabilità sociale, acconsentono la latitanza delle istituzioni e degli adulti, che rende possibile la ripetizione e l’aumento di certe tragedie.
In questo contesto, che dovrebbe suscitare qualche riflessione, nascono spontanee alcune domande: che ne è di una società che fa a meno dei suoi giovani? È solo una questione di spreco di energie o il primo sintomo della sua dissoluzione?
Che ne è dei milioni di giovani scesi in piazza per manifestare contro la guerra nel marzo 2003? O delle centinaia di migliaia di partecipanti alle radunate oceaniche delle Gioate mondiali della gioventù o ai concerti dei loro idoli? O quelli che hanno bruciato le periferie delle città francesi e sono rientrati temporaneamente nei ranghi della legalità?
Perché non guardare anche alla galassia dei piccoli gruppi e associazioni, che vivono le microstorie di volontariato sociale, trascorrono l’estate in campi di servizio ai poveri, impegnati nell’associazionismo, fanno pellegrinaggi a Santiago de Compostela o si isolano in monasteri alla ricerca di momenti di silenzio e solitudine?
Perché dubitare se questi giovani saranno capaci di assumere una responsabilità nel processo di costruzione dell’Europa, di superare vecchi odi e rancori, di costruire ponti di accoglienza e rispetto della diversità, di lottare per la pace e la giustizia?
Come raccogliere il grido disarmante dei tantissimi giovani anonimi, disorientati dai «vizi capitali», che soffocano la voglia di vivere nelle diverse forme di disagio sociale?

Ascoltare, comprendere, sostenere, incoraggiare

Al di là del disorientato e della mancanza di precisi punti di riferimento, bisogna guardare alla condizione giovanile con ottimismo: il cammino di costruzione dell’Europa potrebbe diventare un traguardo e offrire un adeguato stimolo ai giovani europei. In realtà essi hanno nostalgia di libertà e cercano verità, spiritualità, autenticità, originalità personale e trasparenza; hanno desiderio di amicizia e reciprocità; vogliono costruire una nuova società, fondata sui valori della pace, giustizia, rispetto per l’ambiente, attenzione alle diversità, solidarietà, volontariato e pari dignità tra i generi. 
Le più recenti ricerche descrivono i giovani europei come smarriti, ma non disorientati, impregnati di relativismo etico, ma anche desiderosi di vivere una «vita buona», coscienti del loro bisogno di salvezza, sia pure senza sapere dove cercarla. Ne fanno fede i tanti giovani animati da sincera ricerca di spiritualità e coraggiosamente impegnati nel sociale, fiduciosi in se stessi e negli altri e distributori di speranza e ottimismo.
Per questo hanno bisogno di essere incontrati e ascoltati, non solamente nelle occasioni ufficiali, ma personalmente, nella quotidianità, senza sentirsi giudicati. A partire dalla famiglia, primo nucleo dell’affettività, fino a tutte le agenzie educative (scuola, associazioni di vario tipo) i giovani chiedono attenzione significativa e interessata, indispensabile per sentirsi considerati e per costruire dentro di sé un’identità riconosciuta.
In tempi di omologazione, conformismo, ripetitività, la via d’uscita dal «pantheon» delle idolatrie esige uno sforzo di costruzione di una «cultura dell’interiorità», per abituare i giovani a uno spirito critico, ai tempi lunghi delle trasformazioni, a pagare il pedaggio del sacrificio per ottenere risultati duraturi.
Linguaggio e forma dei mezzi di comunicazione concorrono a trasformare tempo e spazio in contenitori da riempire e svuotare con  «immediatezza» e «simultaneità». Tale cultura del «tempo reale» impedisce di pensare e riflettere, frappone una «distanza» tra se stessi e un fatto o situazione e la sua interpretazione, necessaria per metabolizzare eventi e cambiamenti.
Senza le capacità di pensare e interpretare, vien meno la memoria, cioè quelle tracce dell’esperienza già vissuta che permettono di creare relazioni con gli eventi presenti e progettare il futuro. Diviene fondamentale aiutare i giovani a rileggere la propria vita e sentirsi parte e protagonisti di una storia personale, nazionale, europea e mondiale, per rintracciae gli insegnamenti e responsabilità.
La voglia dei giovani di diventare protagonisti nella vita pubblica non deve essere delusa. Essi devono essere coinvolti nel dibattito in corso sulla costruzione dell’Unione europea. I giovani rappresentano un enorme capitale per l’Europa d’oggi e del futuro. Su di essi si fanno notevoli investimenti, anche se non sempre le loro aspettative sono concretamente accolte dal mondo degli adulti o dei responsabili della società civile.
Al termine della Convenzione europea dei giovani, tenuta a Bruxelles il 9-12 luglio 2002, con la partecipazione di 210 rappresentanti di 28 paesi, i giovani hanno lanciato un appello in cui guardano fiduciosi al comune futuro europeo;  meritano di essere ascoltati.
«Vogliamo una riforma ambiziosa dell’Unione, che la attrezzi per rispondere alle sfide di oggi e cogliere le opportunità di domani. Un’Europa unita nella diversità è realizzabile. Noi vi chiediamo di più di quello che siamo disposti a fare e in grado di fare per noi stessi… Vogliamo un’Europa della tolleranza, dell’apertura e dell’integrazione; edificata sui valori fondamentali di pace, libertà, dialogo, uguaglianza, solidarietà e rispetto dei diritti umani e basata sul principio di uguaglianza degli stati membri. Al centro della nostra visione c’è un’Europa responsabile dei e verso i suoi cittadini. È giunto il momento di creare una vera cittadinanza europea…
La cooperazione internazionale è anche un antidoto contro il nazionalismo, conflitti etnici e dittature. L’Unione europea deve operare per la pace, democrazia, diritti dell’uomo,  disarmo e sviluppo in tutto il mondo. Perché ci sia un’Europa forte in futuro è indispensabile che la UE ponga un maggior accento sull’ascolto dei giovani, agevolando la comunicazione interculturale e transfrontaliera…
Noi, membri della Convenzione dei giovani dell’Europa, siamo pronti a forgiare il futuro della nostra generazione, del nostro continente». 

Antonio Rovelli

Antonio Rovelli

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