Malawi – Strade africane  (seconda puntata)  

Seconda puntata

 


 


Un aspetto importante da considerare, quando ne hai la possibilità, è la scelta del posto in cui sedersi. Generalmente è preferibile qualsiasi sedile sul lato destro del mezzo, perché a sinistra si trova la porta scorrevole di ingresso e uscita e spesso tutti quelli che si trovano sul passaggio devono uscire per far scendere quelli che dai sedili posteriori fanno richiesta di fermata. Ah, dimenticavo: la chiamata della fermata consiste in un urlo al conducente o al controllore.


Un’altra componente che accompagna questi scatoloni mobili è la musica, il più delle volte tenuta a volumi insopportabili, se non altro perché gracchiante come un gessetto sulla lavagna, oltre che eccessivamente affezionata alle sdolcinerie di Celin Dion.


La visuale sul mondo esterno è il più delle volte parziale; tra una massa di corpi, teste, ombrelli, contenitori, verdure, vedi sfrecciare il paesaggio, e sopratutto lo senti scorrere sotto di te, tra scrolloni e sterzate poco morbide.


Spesso le schiene delle donne cominciano a muoversi come deformate, per scoprire che ci sono dei bambini che ricordano la loro presenza e l’esigenza di respirare. Io non riesco a raggiungere il portafogli, mentre queste donne, con un paio di ancate e colpi di reni, riescono a far slittare i loro bambini verso l’agognata poppata.


La tappa a Chirazulu è quella che presenta più dubbi sulla prosecuzione del viaggio. Minibus che proseguono verso la tappa successiva, Milepa, una ventina di chilometri, non ce ne sono piu’. Bisogna attendere un camion di passaggio, o un track (pik-up col cassone posteriore adibito a trasporto persone). Questi ultimi sono di passaggio solo quando ormai pieni di gente (in Africa gli spostamenti dei mezzi cercano il più delle volte di ottimizzare aspettando di partire solo quando completi di passeggeri). Il luogo dove attendere questi mezzi è in corrispondenza di una lunga curva, alla fine della quale termina la strada asfaltata e comincia quella sterrata.


L’attesa può durare quindici minuti oppure un’ora e mezza. Il tempo scorre facendo due passi tra le bancarelle improvvisate (spesso consistenti in semplici teli stesi a terra) dove puoi trovare una bibita, delle patatine fritte, pannocchie arrostite, qualche biscotto e saponetta, manghi e banane, a seconda della stagione. Non mancano poi le chiacchierate con il poliziotto di passaggio, il responsabile dell’ufficio servizi sociali, adiacente alla curva, o qualsiasi altra persona desiderosa di scambiare due chiacchiere e curiosa di sapere cosa fa il musungu (uomo bianco) a piedi da quelle parti.


(fine seconda puntata – continua)


Dario Devale

Dario Devale

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