LETTERAAntipatia verso Israele?

Q uando sul vostro bel giornale si parla d’Israele, è evidente l’antipatia verso questo paese. È l’antipatia che si coglieva, prima dell’attuale terrorismo, nei pellegrini in Terrasanta, magari solo per le misure di sicurezza cui erano sottoposti, vissute come soprusi. Forse un motivo non c’era, o forse sì: era l’insofferenza che i luoghi sacri del cristianesimo si trovassero in un paese ebraico. Ma, ahimè, Gesù era ebreo e i luoghi della sua vita sono lì e non altrove.
Mirco Elena racconta la storia di Mordechai Vanunu, liberato dopo 18 anni di detenzione per avere rivelato i segreti nucleari d’Israele, e si chiede come mai questo paese può detenere testate nucleari senza che nessuno se ne preoccupi. E perché non si parla mai di ispezioni inteazionali come per il vicino Iran.
Posso tentare una risposta? Forse perché il conflitto arabo-israeliano è enormemente asimmetrico. Quando Israele nacque nel 1947, con il voto dell’Onu, era poca cosa: territori slegati, fatti di città e kibbutz fondati su terre acquistate dai legittimi proprietari, più un pezzo di Galilea, dove gli ebrei erano presenti da secoli, e un po’ di deserto del Negev. In tutto un territorio abitabile, grande come la provincia di Cuneo, per ospitare i reduci di 2 mila anni di persecuzioni, culminate con i 6 milioni di morti della follia nazista (oggi gli ebrei in Israele non arrivano a 5 milioni!). Gerusalemme, dove gli ebrei c’erano da secoli e rappresentavano il gruppo etnico più numeroso, era tagliata fuori dal nuovo stato.
La stessa notte della dichiarazione di indipendenza gli eserciti di Siria, Libano, Giordania, Egitto e Iraq invasero Israele, senza valutare che avrebbe potuto essere una opportunità di sviluppo per tutti. Nessuno pensava di fondarvi uno stato palestinese, che peraltro non era mai esistito. L’obiettivo era la distruzione dello stato ebraico.
Come è noto, gli arabi persero quella guerra e tutte le successive. Se Israele ne avesse persa solo una, non esisterebbe più. Vincendole ha occupato altro territorio, creando i problemi attuali a sé ed altri. Con Egitto e Giordania ha dimostrato di non ambire a ulteriori ingrandimenti: in cambio di pace, ha ceduto il Sinai, dove si erano già insediati i coloni.
Ma ci sono stati arabi che non hanno rinunciato ai vecchi progetti. Ecco l’asimmetria: un attacco nucleare su Israele lo cancellerebbe dalla faccia della terra, mentre le bombe israeliane stanno lì, perché tutti lo sappiano e nessuno sia tanto pazzo da provarci. Non è una bella cosa, ma così siamo vissuti anche noi per 40 anni e così vivremmo ancora se non fosse stato per Gorbaciov.

Gianni Damilano
Fossano (CN)

Missioni Consolata, dall’Intifada del 1987, ha pubblicato decine di articoli sulla «terra santa», distinguendo sempre tra «israeliano» ed «ebreo», tra «arabo» e «musulmano». I rilievi critici (non l’antipatia) coinvolgono la politica, mai la religione.

Gianni Damilano

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