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Purtroppo le armi continuano a insanguinare il pianeta. Una ricerca di prossima pubblicazione, promossa della Caritas Italiana, rivela che le vittime civili dei numerosi conflitti in corso sono in continuo aumento: il 93% dei «caduti in guerra» sono uomini, donne e bambini che con la guerra non hanno niente a che fare. Ai «caduti», si aggiungono altre cifre sconcertanti: 35,5 milioni di profughi e 300 mila bambini soldato.
La ricerca sottolinea che, mentre una stringente categoria tecnica conta 19 conflitti armati «di rilievo» nel mondo, sono molto più numerosi quelli «dimenticati» o «taciuti», in cui la violenza su vasta scala continua a mietere un altissimo numero di vittime.
Ormai si parla di guerre infinite, sia per la cronicità di certi conflitti, in cui è sempre più difficile distinguere le fasi di guerra da quelle di pace, sia per la diffusione nello spazio, a causa del terrorismo internazionale.
Inoltre, è sempre più evidente la relazione tra conflitti armati e dinamiche di impoverimento: il 90% delle situazioni di guerre e di violenza nasce nei cosiddetti paesi in via di sviluppo.
Tra tanti dati preoccupanti, qualche barlume di speranza. Alcuni paesi (Etiopia ed Eritrea, Guinea Bissau, Sierra Leone) le situazioni sono risolte o in netto miglioramento.
Inoltre, si registra una crescente attenzione ai conflitti dimenticati: i media ne parlano sempre più spesso, anche se non ne approfondiscono le cause e dinamiche.
Note positive sono foite da un sondaggio effettuato da Swg, secondo il quale il 76% degli italiani ritengono la guerra un elemento evitabile; per il 78% non esistono «guerre giuste»; l’80% sostiene che il ruolo dell’Onu dovrebbe essere potenziato, mentre il 91% ritiene che non ci siano paesi al sicuro da attacchi terroristici. Inoltre, la maggioranza degli intervistati (42%, 5 punti percentuali in più rispetto al 2001) ha indicato il papa e la chiesa cattolica tra le voci che più spesso si alzano contro la guerra e l’ingiustizia.
Intanto, nel suo messaggio, il papa continua a esortare tutti alla «responsabilità personale e collettiva», perché tutti ci impegniamo nella ricerca della via del «bene», come la via più sicura e veloce per giungere alla pace.
Benedetto Bellesi