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Simeone, vedendo il piccolo Gesù, ha visto la salvezza. Persino Maria e Giuseppe ne rimangono stupiti. Quella "luce per illuminare le genti" non ha il fulgore predetto da Malachia, bisogna abituarvi gli occhi del cuore. È la "luce gentile" che invocava S. John Henry Newman. Dobbiamo anche noi "sopportare" l'estrema umiltà dell'ingresso del Salvatore nella nostra storia. Le persone consacrate sono un segno di questa novità, a cui fanno spazio nella loro vita perché il mondo la conosca e l'accolga.
Il gioco del Maligno è farci ritenere Gesù un nostro antagonista, uno che s'immischia nelle "nostre cose" per rovinarle, imponendone "altre" che ci sarebbero gravose. Questa è la menzogna su cui si regge il suo regno e che s'insinua di continuo, attraverso tante voci. Io a quali voci do ascolto? Quella di Gesù smaschera gl'inganni; non s'impone con prepotenza, ma domina serena su ogni confusione e ci restituisce alla nostra libertà. La gente lo riconosce: "un insegnamento nuovo, dato con autorità".
L'insegnamento di Gesù è il contrario di una dottrina esoterica: è per tutti luce che viene a illuminare la vita, anche i suoi aspetti più umbratili. Il fango al sole si asciuga, la muffa scompare, appaiono colori prima ignoti. Nelle tende mongole (chiamate "ger") c'è una sola apertura, dall'alto, ed è a forma di croce... Potessimo vedere tutto nella luce della croce gloriosa di Cristo! Quella sì è la misura giusta per valutare le cose.
Gli Undici, impauriti e rimproverati dal Risorto per incredulità e durezza di cuore, ricevono il mandato missionario, su cui si fonda la Chiesa. Proclamare il Vangelo è già una formula; in realtà vuol dire: "estendete a tutti la possibilità che avete avuto voi, quella di credere nel Figlio di Dio e così rinnovare la vita". San Paolo ne è l'esempio migliore: da persecutore a uno per il quale Cristo è diventato tutto: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20).
Il tempo è compiuto, si è raccolto sulla persona di Gesù, come una vela che si ripiega in un punto. Anche noi siamo contemporanei a quell'evento, perché l'annuncio raggiunge ciascuno, laddove si trova. Alla domanda "perché rimanere cattolico?", il filosofo Jean-Luc Marion risponde: "Perché no? Sento che devo mettere piede nella barca, prima che sia troppo tardi e faccio del mio meglio per non perderla". Come i primi discepoli, che a quella chiamata "subito lasciarono le reti e lo seguirono".
L'umanità sofferente si getta su Gesù per toccarlo. Consapevolmente o no. Succede anche oggi: Lui è venuto per questo. A volte sentiamo il peso di questo movimento, perché passa anche attraverso di noi e ci consuma. Allora è bene ricordarci che noi siamo solo canali, la Grazia viene dal Signore. Il gesuita francese Yves Raguin - una vita per la Cina - diceva che il missionario è come un catalizzatore: un corpo che serve a favorire una reazione; non è lui a provocarla, ma la favorisce.
Il riconoscimento di Gesù da parte di Giovanni diventa attrazione: "Sentendolo parlare così, seguirono Gesù". Sarà che vale anche per noi, oggi? La missione nasce dall'essere rapiti dallo sguardo di Gesù. Lui non si accontenta che Andrea e l'altro discepolo di Giovanni lo seguano, chiede un passo di consapevolezza: "Che cosa cercate?". È un incrocio di sguardi. In Mongolia si parla anche con gli occhi; le persone si guardano e capiscono. Sia così per noi con il Signore.
Gesù fa il miracolo, ma non vuole che nessuno lo sappia. Le guarigioni straordinarie raccontate nei Vangeli sono segni, rimandano a qualcosa di ancora più grande: "Lo voglio!", dice Gesù. In Lui ora sappiamo per certo che la volontà di Dio è solo amore, perdono, liberazione. Per tutti, anche per gli altri lebbrosi di allora e di sempre. Ed è una volontà che resiste al dolore e alla contraddizione, anzi li attraversa. Chiediamo la guarigione, ma ancor più la fede che trasfigura persino il dolore.
L'eterno Cielo Blu da sempre venerato nelle steppe mongole è finalmente aperto. Sgorga la fonte della nostra rinascita. Gesù tocca il fondo della nostra umanità e riemerge. L'evento è sottile e delicato: non il frastuono di un tamburo, ma il volo incerto e leggero di una colomba. Noi Dio lo immaginiamo spettacolare, Lui invece viene "da Dio", non ha bisogno del clamore. Volo leggiadro, imprevedibile, gratuito. Noi vorremmo che il Cielo si aprisse a comando, per questo facciamo tanto rumore.
Il Bambino Gesù è già cresciuto e lo ritroviamo qui all'inizio del suo ministero pubblico. Resta il mistero dei 30 anni nel quasi totale anonimato... La sua vita pubblica inizia volutamente in un territorio dalla composizione eterogenea. Il Figlio di Dio non sceglie i posti facili. Il messaggio è chiaro: ci vuole un cambio profondo a livello personale, se no la realtà del Regno ci sfugge. Conversione: una parola non più di moda - forse non lo è mai stata. Eppure è centrale nel messaggio di Gesù.
Alcuni testimoni antichi rintracciano nei Re Magi origini centro-asiatiche, più precisamente mongole (cfr. il principe armeno Heythum, XIII s.). A noi piace pensarlo. E non sarebbe così improbabile. La grande sensibilità religiosa dei Mongoli potrebbe davvero aver spinto alcuni loro saggi a intercettare in qualche modo l'evento di Betlemme. Non basta che il Salvatore sia venuto in questo mondo, bisogna riconoscerlo come tale nella propria vita. La missione è al servizio di questo riconoscimento.
Dopo i racconti della Natività dei Vangeli Sinottici, l'Evangelista Giovanni ci aiuta oggi ad allargare lo sguardo sul senso globale dell'incarnazione del Verbo. Da quella mangiatoia s'irradia una luce divina sull'intera storia umana: ormai ogni gesto, lacrima e sorriso sono entrati nel Cuore di Dio. La missione ci porta a contatto con l'umanità più diversa, perché il seme del Regno sia aiutato a crescere e a svilupparsi. Più accogliamo il Verbo in noi, più diventiamo autentici missionari.