Sulle strade dell’uomo

«Andando annunciate» (Mt 10,7) ha detto Gesù ai suoi discepoli. Due verbi essenziali e dinamici. Andare: è movimento, passaggio, esodo, direzione. Annunciare: è comunicare... anche con le parole, è testimoniare con i fatti, è realizzare con le azioni, è relazionarsi e interagire con chi si incontra, con i compagni di viaggio. Andare è spezzare la solitudine e uscire da sé; annunciare è creare comunione e relazioni nuove. Andare è sconfiggere l’intimismo, la paura degli altri, la diffidenza che fa innalzare barriere. Annunciare è costruire ponti, creare legami, abbattere i muri di silenzio e ignoranza. Andare accorcia le distanze; annunciare colora il mondo di vita.

Ricordo una storia raccolta da un missionario in terra d’Africa. La sintetizzo. Un padre manda i suoi due figli a scoprire il mondo con una raccomandazione: «Andando lasciate segni del vostro passaggio». I due partono. Il primo si affanna a marchiare tronchi e rocce, a far cumuli di pietre. Il secondo non muove un dito godendosi il paesaggio e la sera, arrivati in un villaggio, saluta, chiacchiera, beve, fa festa e conosce tutti. Così per giorni. Toati dal padre raccontano tutto, e questi si mette subito in strada per ripercorrere il cammino coi figli. Il primo lo invita a notare i suoi inconfondibili segni biasimando la pigrizia del fratello. Il pigro è accolto ogni sera con grande festa ovunque si fermino a dormire: invitato a cenare nelle famiglie con i suoi compagni, si trova anche una sposa (da cui avrà tanti bei figli «cioccolatini») con la benedizione del padre.

Lascio a voi indovinare chi ha davvero capito la raccomandazione iniziale.

Ci sono dunque due modi di «lasciare segni» viaggiando nel mondo.

C’è chi va in giro per i propri interessi e lascia segni di distruzione, indifferenza, sfruttamento e orgoglio. Questi vanno in cerca dei luoghi migliori per fare affari, dei paradisi fiscali per frodare il fisco, delle aree ricche di risorse naturali ancora intoccate, dei campi adatti per coltivazioni estensive per il biodiesel, dei paesi dove la manodopera locale si può ancora sfruttare, dei focolai di guerra per vendere sempre più armi. Purché si possano fare soldi, leciti o illeciti, si arriva ovunque: traffico di persone, prostituzione, gioco d’azzardo, sfruttamento di risorse, affossamento di rifiuti pericolosi, costruzioni di enormi bacini idroelettrici, acquisizione di grandi estensioni di terre, libere o meno... e chi più ne ha più ne metta. Anche certo turismo rientra in questa categoria: vado dove ho voglia, spendo bene i miei soldi e mi diverto, faccio esperienze uniche in «isole felici», prendo tutto quello che posso senza lasciarmi coinvolgere più di tanto dalle situazioni locali. Importante è aver belle foto da mostrare agli amici.

C’è chi invece viaggia seguendo il filo rosso dell’amore e della gratuità. Si va per conoscere e condividere, per costruire e guarire, per abbattere barriere e gettare ponti. Si va per giornire delle meraviglie che Dio opera nel cuore degli uomini, per portare amore dove c’è odio, pace dove impera la violenza. Si va per scoprire le tracce di Dio nel volto degli uomini, per rinnovare i legami profondi che uniscono tutta la famiglia umana, per condividere la buona notizia che Dio in Gesù ama gli uomini, ogni uomo, con preferenza per i piccoli, i poveri, gli oppressi.

Troppo idealista il secondo approccio? Forse. Ma certo ci sono moltissime persone nel mondo che pagano di persona per questo, senza avee un tornaconto personale. Mentre scrivo è appena stato liberato Domenico Quirico, giornalista amante della verità, dopo 150 giorni di prigionia in Siria, anche se non si sa ancora niente di padre Paolo Dall’Oglio in missione di pace e riconciliazione (vedi l’articolo a pag. 16). Papa Francesco è uno di questi viaggiatori che esce da sé, dal ruolo e dalle formalità per farsi incontro agli altri, per farsi carico dei drammi di ogni persona, per gridare che la guerra non è mai una soluzione (come sta facendo in questi giorni - speriamo ascoltato - per la Siria). E con lui tanti altri viaggiatori di pace e di amore, fanti sconosciuti e umili, missionari e volontari, religiosi e semplici cristiani, che si spendono per lasciare tracce d’amore sulle strade dell’uomo: segni indelebili nel cuore di ciascuno. Lo possiamo essere anche noi, io e te.


Gigi Anataloni

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