A rischio di schiavitù

Schiavo: «Agg. Individuo di
condizione non libera, giuridicamente considerato come proprietà privata e
quindi privo di ogni diritto umano e completamente soggetto alla volontà e all’arbitrio
del legittimo proprietario» (Treccani.it). Cosa del passato, ci viene da
pensare! Oppure, qualcosa che sopravvive solo in alcuni luoghi arretrati e
lontani del mondo. Qui da noi? Niente schiavitù. Siamo liberi. Per questo
abbiamo la costituzione, i diritti umani, la «civiltà cristiana»…

Eppure, ascoltando quanto ha detto papa Francesco nel Molise su lavoro
e riposo domenicale e riflettendo sul significato del riposo nella Bibbia, mi
sono venuti un sacco di dubbi riguardo alla nostra presunta libertà. I conti
non tornano. Non tornano per i giovani che vivono di precariato o sono
costretti a lavori semivolontari malpagati e insicuri. Non tornano per gli
immigrati, rifiutati da tutti ma poi sfruttati in nero. Non tornano per chi è
costretto a lavorare anche la domenica o a fare tui massacranti sacrificando
la famiglia e la pratica della propria fede. Non tornano per chi si fa le
maratone di fine settimana sulle piste da sci o sulle spiagge, allo stadio o in
discoteca per incontrare altra gente e divertirsi, e si trova invece solo e
vuoto. Non tornano per chi vive in un alloggio extra blindato di 60-80 mq con
affitti esorbitanti o stra-tassato se di proprietà, dove non c’è spazio per un
figlio in più, gli amici, una festa. Non tornano quando le persone sono
giudicate in base alla moda del momento, moda che è manipolata da monopolii
mediatici, produttivi e commerciali mirati non all’utilità sociale ma al
proprio profitto.

Non tornano neppure per milioni di persone che sopravvivono in tuguri
in cui noi non metteremmo neppure le nostre galline, che, pur lavorando
quotidianamente dodici o più ore, non riescono a pagarsi due pasti decenti al
giorno, si vestono con abiti comperati al mercato dell’usato, scarpinano per
chilometri per arrivare la posto di lavoro, non hanno protezione sanitaria e
neppure i soldi per comperare libri, quadei e vestiti ai loro figli.
Sfruttati, sottopagati e ricattati: una protesta, una malattia, e sono fuori.
Ci sono altre migliaia di disperati disposti a farsi sfruttare al posto loro.

Questi conti non tornano neppure quando si guarda al moltiplicarsi di
leggi, regolamenti e cavilli, spesso imposti non dal buon senso o dal bene
comune, ma da lobbies economiche piene di soldi che sfuggono a ogni
controllo, intente a rafforzare i propri poteri e la propria influenza, o da
sistemi ideologici che per difendere le loro libertà calpestano quelle degli
altri.

Faccio fatica a vedere libertà in
tutto questo. Sembra che ci sia una logica perversa per la quale ciascuno debba
lavorare di più per guadagnare di meno e spendere di più. E guai se uno non
spende, perché è colpa sua se c’è la recessione e le fabbriche chiudono. Così
vorrebbero che tu cambiassi i vestiti a ogni stagione, lo smartphone ogni sei
mesi, la macchina ogni tre anni, la lavatrice ogni… e via discorrendo. Sei
libero, sì: di spendere, consumare, indebitarti, incollarti alla Tv, lasciarti
riempire di bla bla, crearti relazioni digitali, ammassarti in spiaggia, far la
coda in autostrada. Ma non puoi fermarti: per stare in famiglia, godere dei
figli (se ci sono), leggere, curare la tua casa, creare e far crescere
relazioni e scoprire così che fai parte di una comunità e non di un vicinato
anonimo e minaccioso. Soprattutto non hai più tempo per Dio. Sparita la
domenica (giorno del Signore), prevale il fine settimana (giorno di altri
signori: shopping, sport, sci, mare, movida…). Perché se dai tempo a Dio
rischi di cominciare a pensare e finisci per scoprirti triste, vuoto,
manipolato, ingannato e sfruttato. Se metti Dio al centro riscopri te stesso e
la tua dignità, che non può essere riempita solo dall’avere, consumare,
correre, «divertirsi», cercare sport o esperienze estreme.

Ci sono voluti millenni perché l’umanità (o parte di essa) ripudiasse
la schiavitù come sistema. Ma il dubbio che oggi esista un altro tipo di
schiavitù m ‘inquieta. Si scrive e parla tanto di diritti umani, abbiamo
centinaia di associazioni piccole e grosse che li difendono e promuovono,
eppure l’impressione è che in un mondo dove si dà sempre meno spazio a Dio
diminuiscano anche la libertà e la dignità dell’uomo. Una pagina web chiedeva «quanti
schiavi hai?». Forse oggi è tempo di domandarci anche: «Ci rendiamo conto che
rischiamo di vivere da schiavi e che la libertà va difesa sempre, per se stessi
e per ogni altra persona?».

Buona estate e ogni bene a tutti voi, lettori di MC.

Tags: schiavitù, costume

Gigi Anataloni

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