In attesa di terapie

Ogni anno la leishmaniosi colpisce due milioni di persone, e ne uccide decine di migliaia.

Una diagnosi rapida, non dolorosa, economica, realizzabile anche nelle zone più sperdute, senza luce elettrica e senza ospedali. Queste le promesse di un nuovo test rapido per la diagnosi della leishmaniosi viscerale (o kala azar), malattia causata da un parassita (leishmania donovani), che infetta ogni anno 500 mila persone e ne uccide 50 mila.
La notizia è arrivata nei primi mesi di quest’anno dall’India, più precisamente dall’Istituto di scienze mediche (All Indian Institute of Medical Sciences): un passo in avanti per una delle quattro forme di leishmaniosi diffuse nel mondo, quella più grave, con una mortalità altissima (85-100%) se non trattata, che scende al 5% se vi è disponibilità di farmaci.

Moscerino pericoloso

La leishmaniosi è una malattia infettiva, causata da un parassita di nome leishmania, trasmesso all’uomo dalla puntura di un moscerino o mosca della sabbia, di cui esistono circa trenta specie. È un insetto di piccole dimensioni, color sabbia appunto, che vive in zone con foreste, in cavee e in tane di roditori di piccole dimensioni.
La leishmaniosi è una zoonosi, cioè si trasmette dall’animale all’uomo: colpisce in particolare cani e roditori, e il trasferimento all’uomo avviene attraverso la puntura della femmina della mosca della sabbia. È anche possibile il passaggio da uomo a uomo, sempre con il tramite della mosca o anche, visto il passaggio del parassita con il sangue, attraverso siringhe contaminate o trasfusioni. Raramente, è possibile la trasmissione dalla madre al feto.

Diversa specie, diversa malattia

Del parassita esistono diverse sottospecie, responsabili di differenti forme della malattia. La forma cutanea, causata dalla leishmania major, presente soprattutto in Africa, Asia ed Europa, è quella più diffusa, caratterizzata da numerose lesioni, anche più di 200 in un solo malato. Le ulcere si presentano sulle parti del corpo esposte, braccia, gambe e volto. Possono guarire spontaneamente nel giro di alcuni mesi, ma possono rimanere cicatrici evidenti, che condizionano la vita di relazione delle persone e sono causa di pregiudizio sociale. Vi è anche una forma cutanea diffusa, in cui le lesioni sono più estese, simili alla lebbra: non guariscono in assenza di trattamento e tendono a riformarsi.
La leishmania brasiliensis è responsabile invece della forma mucocutanea, presente nelle Americhe: in questi casi le ulcere cutanee, anche molto estese, distruggono i tessuti sottostanti, in particolare le mucose di naso, bocca e gola. Anche in questi malati, i danni causati dalla malattia possono portare alla loro emarginazione sociale.
Infine, la forma di leishmaniosi più grave è quella viscerale, causata dalla leishmania donovani. Chiamata anche kala azar, se non viene curata, porta a morte il paziente entro due anni.
Il parassita, in questa forma di leishmaniosi, penetra nei vasi linfatici del paziente, arriva fino alla milza e al fegato, ingrossandoli, causa anemia, perdita di peso e febbri ad andamento irregolare e improvvise.

Due milioni di malati ogni anno

La leishmaniosi è presente in 88 paesi, ma il maggior numero di casi si concentra in poche zone geografiche. Infatti, il 90% dei malati con la forma cutanea si trova in Afghanistan, Algeria, Arabia Saudita, Brasile, Iran, Perù, Siria; il 90% di quelli con la forma mucocutanea in Bolivia, Brasile e Perù; infine il 90% di quelli con la forma viscerale è in Bangladesh, Brasile, India Nepal e Sudan.
Ogni anno vengono registrati circa un milione e mezzo di casi di leishmaniosi cutanea e 500 mila di viscerale, per un totale di circa 2 milioni; i morti sono 59 mila. Complessivamente, le persone che rischiano di ammalarsi sono 350 milioni e al momento si pensa che le persone con il parassita siano 12 milioni.
Ma si tratta di stime: non è nota la reale diffusione della malattia, perché i dati clinici a disposizione sono scarsi. Spesso i pazienti vivono in zone isolate, non raggiungibili facilmente e dove l’accesso alle cure sanitarie è difficile e inadeguato: è troppo il tempo impiegato dai malati con leishmaniosi viscerale per raggiungere un ambulatorio oppure, una volta giunti in ospedale, non vi trovano le medicine necessarie. Molti decidono quindi di non affrontare neppure il viaggio per curarsi: preferiscono morire nella loro casa, nel proprio villaggio. Per questo non vi sono certezze sulla diffusione dell’infezione e sul numero reale di morti.

Leishmaniosi e Aids

Nell’ultimo decennio, fra l’altro, il numero di nuovi casi di leishmaniosi è aumentato. Fra le possibili cause identificate alla base di tale maggiore diffusione del parassita vi è la nascita di nuovi centri abitati, la penetrazione umana nella foresta primaria, la deforestazione, la migrazione dalle campagne verso le città, una veloce e poco pianificata urbanizzazione, la costruzione di dighe e nuovi piani di irrigazione.
Ma un elemento importante è anche la maggiore facilità all’infezione negli abitanti delle zone in cui è diffusa la malattia: il rischio di leishmaniosi aumenta con la malnutrizione e la concomitante presenza di virus dell’Aids, che riduce le difese dell’organismo.
Infatti, la forma più grave di leishmaniosi, quella viscerale, tende a manifestarsi soprattutto nelle persone con le difese immunitarie ridotte a causa dell’Hiv. Si verifica un’alleanza mortale, analogamente a quanto succede con la concomitanza di Hiv e altre malattie infettive, come la tubercolosi: la malattia parassitaria facilita la strada al virus dell’Aids e accelera il decorso dell’infezione. Al tempo stesso, l’Aids aumenta il rischio di prendere la leishmaniosi di 100-1000 volte nelle zone ove il parassita è presente.
I danni prodotti sul sistema immunitario dalle due infezioni, infatti, si sommano, dato che la leishmania e l’Hiv distruggono lo stesso tipo di cellule. Le difese del paziente, di fronte a un’infezione contemporanea, sono ancora più compromesse e la leishmaniosi rappresenta, in diverse zone, la causa principale di morte in pazienti con Aids.

Trattare la forma più grave

Le possibilità terapeutiche, in particolare per la forma più grave, quella viscerale o kala azar, non sono brillanti. I farmaci disponibili sono tossici, costosi o di complessa somministrazione. Il farmaco più utilizzato ha ormai quasi 70 anni e causa effetti collaterali gravi in tre pazienti su dieci, oltre a essere troppo caro per la maggior parte dei malati.
Inoltre, il parassita sta diventando resistente al farmaco, che non riesce più a ucciderlo e a guarire il malato. In India, per esempio, in alcune zone la resistenza arriva al 70%, come dire che il trattamento è inefficace in 7 pazienti su 10.
Vi sono poi altre soluzioni terapeutiche, ma considerate di seconda scelta. Difficile anche la prevenzione, per la quale possono essere utilizzati repellenti e zanzariere trattate con insetticida, mentre sono in corso ricerche per lo sviluppo di un vaccino.
Il quadro non è positivo dunque, e la leishmaniosi viscerale continua a uccidere più di quanto dovrebbe. Nell’attesa di nuovi farmaci, il test proposto dall’Istituto di ricerca indiano, di cui si parlava all’inizio, potrebbe semplificare e anticipare la diagnosi, aumentando, se non altro, il numero di persone che possono essere curate.
Rispetto infatti ai metodi di diagnosi finora a disposizione, dovrebbe essere più rapido (8 minuti), indolore, utilizzabile anche in zone sperdute ed economico: meno di due dollari, un quinto rispetto agli altri. Secondo i ricercatori indiani, il nuovo test sarebbe in grado di scovare il parassita entro 15 giorni dall’infezione, anticipando la diagnosi, dato che i sintomi in genere non compaiono prima di tre mesi.
Viene anche sostenuta un’efficacia del cento per cento nell’identificazione dell’infezione, ma saranno necessarie verifiche sul campo, nei diversi paesi ove la leishmaniosi è presente. Il tempo foirà la risposta.
Intanto, i ricercatori hanno chiesto al ministro della Salute dell’India di includere il nuovo test nel programma di eradicazione entro il 2012 della leishmaniosi e all’Organizzazione mondiale della sanità di utilizzarlo anche in altri Paesi.

Di Valeria Confalonieri

Valeria Confalonieri

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