RORAIMA: la Campagna

La consegna delle firme

LA FORZA DI 44.000 FIRME

«In fretta, in fretta! Il presidente Pera vi sta aspettando!». Antonio Feandes, missionario della Consolata a Roraima (Brasile) e oggi consigliere generale dell’istituto, si asciuga emozionato il sudore; Carlo Maglietta, medico e presidente del «Comitato Roraima», si riannoda precipitosamente la cravatta; Silvia Zaccaria, antropologa, si aggiusta con la mano la chioma fluente; Vincenzo Gaeta, caporedattore di «Famiglia Cristiana», spegne il cellulare. E Francesco Beardi, cornordinatore nazionale di «Nós existimos», dichiara deciso: «Andiamo!». A Roma, il vistoso orologio di Palazzo Madama, sede dell’incontro con il presidente del Senato, segna le 12 e 13. È il 26 luglio 2005.

Marcello Pera accoglie sorridente e interessato i cinque delegati, accompagnati dal pensiero degli amici rimasti in anticamera: tutti attivisti nella campagna «Nós existimos» (Noi esistiamo) in favore dei popoli indigeni, piccoli contadini ed emarginati urbani di Roraima. Il quintetto illustra al presidente le sfide in una regione dove corruzione, violenza e impunità si intrecciano e regnano sovrane.
I missionari della Consolata operano a Roraima dal 1948. Dopo lunga riflessione, scelgono i popoli indigeni, cioè i più poveri dei poveri. A partire da tale opzione, essi passano dalle parole ai fatti, anche a livello internazionale. Lanciano alcune campagne.
– Ecco la campagna per gli Yanomami del 1979-80. Dall’Italia partono tantissime cartoline: sollecitano il presidente del Brasile a creare il «parco yanomami», perché la terra è essenziale per salvaguardare la cultura di un popolo indigeno. L’obiettivo verrà raggiunto nel 1991.
– Segue, nel 1988-89, la campagna «Indios Roraima», realizzata anche a livello europeo: moltissimi cittadini si appellano al Segretario generale delle Nazioni Unite, affinché siano tutelati i diritti dei popoli indigeni e sia salvaguardato l’ambiente amazzonico. La campagna include pure il progetto «Una mucca per l’indio», che si concreta in 10 mila capi di bestiame, oggi 42 mila.
– «Nós existimos» è l’ultima campagna. Lanciata nel Forum sociale mondiale di Porto Alegre nel 2003; rispetto alle precedenti, si caratterizza per due novità. La prima: la campagna nasce ed è cornordinata in Brasile, da realtà locali (missionari della Consolata, Consiglio indigeno, ecc.); in Italia si raccolgono solo le «loro» proposte. La seconda novità: «Nós existimos» è globale; riguarda non solo i popoli indigeni, ma anche i piccoli contadini e gli emarginati della città. Insomma, tutti i poveri. E tutti scendono in campo, per la prima volta insieme, in una storica alleanza di oppressi. Queste le rivendicazioni di «Nós existimos»:
– omologazione-riconoscimento della terra indigena di Raposa Serra do Sol in un’area continua, allontanando gli invasori; controllo del territorio e rispetto delle culture ancestrali;
– approvazione del nuovo Statuto degli indios e sospensione del progetto (stralciato dallo Statuto) di estrazione mineraria in area indigena;
– no ad agevolazioni fiscali a latifondisti, coltivatori di riso, acacia mangium e soia; sì a investimenti per una politica agricola familiare e creazione di posti di lavoro in città;
– no alla produzione di «pasta base» per la cellulosa, onde scongiurare l’alto costo ambientale;
– sostegno a indios e non indios, in campagna e città, che vogliono salvaguardare l’ambiente e sviluppo sostenibile;
– lotta alla corruzione a ogni livello; in particolare, punire i responsabili di illegalità politiche;
– regolamentazione della presenza militare in terra indigena.

Q ueste rivendicazioni sono state sottoscritte anche da 44 mila italiani. Grazie alle firme, che padre Feandes e compagni consegnano al presidente del Senato, si è già ottenuto (indirettamente) un risultato positivo: il riconoscimento dell’area indigena «Raposa Serra do Sol» (17 mila kmq), avvenuto il 15 aprile scorso con il decreto del presidente brasiliano, Luis Inacio Lula da Silva. Una vittoria… dentro un cammino ancora irto di ostacoli.
All’incontro con Pera partecipa pure Enrico Pianetta, presidente della Commissione dei diritti umani del Senato, che in agosto consegnerà al presidente Lula le 44 mila firme. «Tante quante sono gli indigeni di Roraima: una firma per ogni indio» commenta con evidente simpatia la senatrice Emanuela Baio, anch’essa in sala.

Con la consegna delle firme, sulla campagna «Nós existimos» in Italia cala il sipario. Ma, «oltre il sipario», sul palco di Roraima, indios, piccoli contadini ed emarginati urbani recitano ancora a soggetto, rivendicando maggiore giustizia e libertà, in un contesto di sfacciata ricchezza e lacerante povertà. Ma sono incoraggiati da un nutrito «movimento» di forze religiose e sociali locali. È un’altra significativa vittoria…
Siamo grati ai 44 mila «attivisti» italiani. Attivisti: termine un po’ desueto, che è opportuno riscoprire nel suo significato migliore. «Non dobbiamo starcene come automi, senza iniziative proprie, per paura di sbagliare. Non lasciamoci rimorchiare. No, avanti! Camminiamo sempre, per farci santi e salvare tante anime!» (Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari della Consolata).

Francesco Beardi

Francesco Beardi

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