Montenegro. L’altopiano della discordia

Montenegro
Daniela Del Bene

Una diversità bioculturale da salvare nel cuore dei Balcani

L’altopiano di Sinjajevina ha una biodiversità unica. Si è costituita grazie a secoli di gestione come «bene comune» da parte delle comunità pastorali native. Da alcuni anni è minacciato da un centro militare installato dal governo. Ma attivisti di tutto il mondo vogliono salvarlo.

La catena montuosa Sinjajevina-Durmitor del Montenegro è il secondo alpeggio più grande d’Europa, un altopiano calcareo di quasi mille km2 tra 1.600 e 2mila metri di altitudine, con una biodiversità unica, costruita e conservata attraverso millenni di usi pastorali, e alcuni dei paesaggi alpini più straordinari del continente.

L’area è stata riconosciuta di particolare valore per la sua biodiversità. La creazione di numerose aree naturali e culturali protette ne fanno probabilmente la regione più ricca del suo genere in tutto il Montenegro (paese di 600mila abitanti su una superficie  pari al Trentino Alto Adige, ndr).

Uno stile di vita antico

La diversità bioculturale di Sinjajevina non è solo un prodotto della natura, ma l’eredità di secoli di comunità pastorali locali, una simbiosi di società e ambiente e un’eredità di storia sociale sostenibile. Questi ecosistemi autentici esistono grazie all’uso ponderato e alla gestione concertata del territorio, generazione dopo generazione.

Pertanto, l’ecosistema stesso dipende dalla presenza e dalle attività di queste comunità. Gli insediamenti pastorali dell’altopiano, detti katun, dispersi nel territorio di Sinjajevina, appartengono a otto grandi gruppi etnici, ciascuno con le proprie regole di governo dei beni comuni (o commons) riguardanti i tempi di accesso ai pascoli e le modalità di utilizzo per garantirne la rigenerazione.

Tuttavia, un progetto per costruire un poligono di addestramento militare, che occuperebbe gran parte della sua area, minaccia non solo la biodiversità ma anche le attività di pastorizia, i mezzi di sussistenza di migliaia di persone intorno a essa, e paesaggi unici che sono un patrimonio europeo comune.

Installazioni militari

In diretta contraddizione con la raccomandazione emersa da uno studio del 2018 cofinanziato dall’Unione europea che prevedeva di creare un’area protetta a Sinjajevina entro 18 mesi – e contro ogni apparente logica di sviluppo rurale, turistico, agroalimentare e ambientale -, nel settembre 2019 il governo montenegrino ha inaugurato un’area di addestramento militare e test per gli armamenti proprio nel cuore di questi pascoli abitati, all’interno della Riserva della biosfera riconosciuta dall’Unesco e a metà del processo di dichiarazione di Sinjajevina come parco naturale regionale. Questa decisione è stata presa senza alcuna valutazione di impatto ambientale, nessuna valutazione sanitaria e nessuno studio di impatto economico pubblicamente disponibile, né alcun negoziato coerente con le comunità pastorali colpite. Infatti, né i pastori, né alcuna organizzazione della società civile dei sette comuni interessati hanno tuttora una chiara idea dell’esatto perimetro del poligono militare, del suo scopo, della natura dei suoi rischi per la popolazione. Ciò che è noto pubblicamente è che è previsto un poligono di oltre 10mila ettari (100 km2, poco meno dell’intera città di Torino).

Si tratta di terre che che conservano testimonianze storiche del governo comunitario del territorio e del suo uso pastorale fino al XIX secolo, con un utilizzo dimostrabile continuo e ininterrotto per almeno gli ultimi 140 anni. Tuttavia, storici e archeologi ritengono che questa data dovrebbe essere spostata molto più indietro, probabilmente a diversi millenni. Sono necessarie ulteriori ricerche su date più esatte, ma nulla toglie al fatto che il poligono militare debba essere sottoposto a uno studio di impatto sociale e ambientale approfondito e indipendente, nonché a una revisione legale delle procedure seguite sia a livello nazionale che internazionale in quanto il Montenegro è firmatario di numerosi accordi interstatali.

I problemi legati alla costruzione e all’uso di un sito di artiglieria in questi ecosistemi non riguarda solo i diritti tradizionali delle popolazioni locali alla natura da un punto di vista giuridico. Anche da quello scientifico è comprovato che lo stesso ecosistema pastorale e i servizi ecosistemici che esso fornisce dipendono dalla presenza e dall’attività in sicurezza delle comunità pastorali minacciate dal poligono militare.

Conseguenze ambientali

Il poligono militare è stato solennemente inaugurato il 27 settembre 2019 con operazioni in collaborazione con altre forze militari della Nato (Usa, Austria, Italia, Slovenia, per ricordarne alcune). Ciò è avvenuto prima che i pastori con le loro greggi avessero iniziato la transumanza, la discesa dalle montagne ai loro masi invernali nelle valli più basse, il che ha provocato diverse perdite nel bestiame.

Dal punto di vista ambientale, risulta preoccupante il fatto che l’epicentro del poligono militare sia Savina Vode, la più importante fonte d’acqua della zona. Le attività militari rischiano di contaminare la sorgente e di danneggiare la salute degli esseri umani e degli animali che la bevono. Lo stesso varrebbe per le piante di cui gli esseri umani e gli animali si cibano, mettendo in pericolo anche il mercato della carne e dei latticini. Sinjajevina produce uno dei formaggi e prodotti lattiero caseari più pregiati del paese, come ad esempio i tradizionali formaggi skorup, venduti a 25 euro al chilo, che rappresentano un’autentica fortuna se si pensa che nel paese lo stipendio medio è di 300 euro al mese.

La contaminazione dell’acqua, poi, potrebbe estendersi ben oltre il sito stesso, ed espandersi attraverso i ruscelli sotterranei, specialmente nei villaggi intorno a Lipovo, appena sotto il lago Savina Voda. Qui è in funzione una fabbrica di imbottigliamento di acqua minerale, (finora) reputata pulita e altamente curativa.

Proprio per il suo valore strategico idrologico e pastorale, questo territorio era particolarmente protetto e conservato da importanti norme consuetudinarie. I membri delle diverse etnie di pastori da tempo hanno deciso il divieto di costruzione di infrastrutture o blocchi abitativi nel raggio di diversi chilometri e stabilito il diritto a soli 15 minuti di abbeveraggio per gregge o mandria oltre a spazi limitati molto ristretti per il pascolo di ogni gruppo. Ed è proprio la coscienza dell’unicità di questa area che è riuscita a conservare, generazione dopo generazione, un paesaggio straordinariamente produttivo e ricco dal punto di vista bioculturale e agroeconomico.

Naturalmente, un’altra grande paura tra i locali è il pericolo fisico di essere colpiti dall’artiglieria in azione o da ordigni abbandonati inesplosi.

La campagna internazionale

Di fronte all’azione del governo, che considera questa come una «terra di nessuno» aperta allo sfruttamento, le comunità locali e attivisti in tutto il Montenegro e in altri paesi europei, hanno iniziato a unirsi e pianificare azioni per denunciare il crimine del governo nei confronti del proprio popolo. Centinaia sono le pubblicazioni nella stampa, interviste televisive e radiofoniche in difesa della Sinjajevina. Molte le mobilitazioni, quasi dieci nell’ultimo anno, e alcune hanno visto la partecipazione di oltre trecento persone. Il movimento ha l’appoggio di un grande pubblico, sia a livello nazionale che internazionale.

All’inizio del 2019, questa mobilitazione ha anche portato alla creazione di un’alleanza per la salvaguardia dell’ambiente in tutto il paese. La Coalizione per lo sviluppo sostenibile (Kor, in montenegrino), è stata fondata a partire dall’unione di diverse organizzazioni locali, tra cui il Movimento ecologico Ozon, che da due decenni si battono per l’ecologia in Montenegro e sostengono le comunità locali nella loro lotta. La Coalizione per lo sviluppo sostenibile riunisce le persone che lottano per la protezione di fiumi, foreste, montagne, laghi e tutte le altre risorse naturali che sostengono la vita degli abitanti del Montenegro, oltre a Sinjajevina.

Qualche mese più tardi, l’Iniziativa civica save Sinjajevina il 6 giugno 2019 ha lanciato una petizione online per dichiarare la Sinjajevina area protetta. La firma della petizione è durata fino al 5 agosto 2019 e, durante la raccolta delle firme, ha dovuto affrontare numerose sfide. Quindici persone sono state coinvolte nella sua promozione, ma i cittadini non hanno potuto votare perché il portale pubblico dello stato si rifiutava di accettare molte firme e il sito delle petizioni era molto spesso non disponibile. I promotori però non si sono fermati e hanno iniziato a raccogliere firme, di persona, nei villaggi intorno alla Sinjajevina. Hanno anche organizzato visite nelle città raccogliendo firme per Sinjajevina fino a ottenerne più di tremila, il minimo necessario perché il parlamento montenegrino accetti di discutere la questione.

La risposta del governo

Tuttavia, il 5 settembre 2019, ignorando questa petizione e limitandosi a «prenderne atto», il governo ha deciso unilateralmente la creazione del campo di addestramento militare a Sinjajevina. A seguito delle proteste, il ministro della Difesa ha ordinato la posizione di segnali di confine sull’area e l’interruzione di alcuni percorsi e ha lanciato un’esercitazione militare sul territorio del comune di Kolašin e Sinjajevina denominata «Joint challenge 2019», che ha riunito i soldati della Nato dalla Macedonia del Nord, Austria, Italia, Slovenia, Stati Uniti e Montenegro. Gli abitanti del villaggio si sono lamentati di molestie e danni alla proprietà, ma non è stata concessa loro alcuna attenzione.

Lo stato balcanico è in trattativa di adesione con l’Ue, e il parlamento europeo ha dichiarato, lo scorso 23 giugno, il suo rammarico perché, nonostante i progressi iniziali, la questione di Sinjajevina non è ancora risolta. Dalla campagna Save Sinjajevina si chiedono: «Perché si dimenticano della Costituzione del Montenegro, delle convenzioni internazionali sulla conservazione degli habitat e sull’accesso dei cittadini delle informazioni? Dove sono i principi democratici e la partecipazione dei cittadini nelle decisioni su questioni vitali?».

In tutta risposta, il nuovo ministro della Difesa del Montenegro, dopo il vertice della Nato a Madrid, ha annunciato il 4 luglio scorso che si prepareranno per nuove esercitazioni militari a Sinjajevina. Decisione che sembra non concorde con la posizione del primo ministro Dritan Abazović che si è più volte dichiarato contrario alla militarizzazione del sito, o del ministro dell’Ecologia che apertamente sostiene l’idea che Sinjajevina venga dichiarata area protetta.

Saperi locali e saperi scientifici

Alla società civile internazionale si è unita anche la comunità scientifica, che da allora dedica il giorno 18 giugno a mobilitazioni coordinate in Montenegro e online. Nell’ambito della giornata per Sinjajevina dell’anno scorso, i beni comuni creati e mantenuti dalla pastorizia montana sono stati al centro di una mostra fotografica dal titolo: «Territories of life on the margins. Mediterranean pasture commons in the 21st century», con esperienze da Spagna, Marocco, Turchia e, appunto, Montenegro.

La mostra è stata inizialmente lanciata online nell’aprile 2021 dal museo virtuale di ecologia umana ed è coordinata da Pablo Dominguez (ecoantropologo al Centre national de la recherche scientifique, Cnrs in Francia, laboratorio Geode), con il supporto di oltre venti coautori e collaboratori. Versioni online ampliate sono state poi realizzate con la collaborazione dell’economista Bruno Romagny, e successivamente la mostra e stata presentata in formato fisico al congresso mondiale dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) a Marsiglia, e continua a essere esposta in diversi paesi del Mediterraneo. La mostra vuole ribadire l’importanza dei beni comuni (o commons in inglese) come pratiche e congiunzione di saperi da preservare alla pari della biodiversità. Come ricordano i creatori della mostra, l’economista Gaël Giraud, gesuita autore di Transizione ecologica, ha definito i commons come «risorse, simboliche o materiali, che una comunità sceglie di amministrare fornendo regole a loro volta sottoposte a deliberazione. Ciò che definisce i commons non è quindi la natura della risorsa, ma l’azione politica collettiva che sottopone al giudizio permanente della comunità le proprie modalità di azione nella tutela e nella promozione di ciò che le sta a cuore».

Infine, ricordano come i commons pastorali montani descritti dimostrano l’importanza di tre principi fondamentali correlati tra loro, che ricordano quelli elaborati da Elinor Ostrom, prima donna a ricevere nel 2009 il Premio Nobel per le scienze economiche: una comunità locale che mantiene legami forti e profondi con un territorio; questa comunità è un attore chiave nel processo decisionale relativo alla governance territoriale delle risorse; questa governance contribuisce a una gestione responsabile e sostenibile degli ecosistemi e del patrimonio materiale e immateriale delle comunità.

Opporsi dunque al poligono militare in Sinjajevina non è solo preservare un tipo di ambiente naturale e i suoi usi tradizionali, ma implica anche un’azione di difesa di questi principi, che hanno retto per lunghissimo tempo la convivenza umana all’interno di ecosistemi che ne fornivano le basi di sostentamento. E che ci continuano a ispirare per trasformare le nostre economie ed affrontare i profondi cambiamenti che stiamo vivendo.

Daniela Del Bene


Per approfondire

• Pagina FB del movimento: www.facebook.com/sacuvajmosinjajevinu/.
• Sito della mostra fotografica: cpm.osupytheas.fr/index.php/en/montenegro/
• Sito del consorzio Territori di vita: www.iccaconsortium.org/index.php/2022/08/19/mountains-sinjajevina-face-threats-support-uk

Atlante della Giustizia Ambientale

Questo articolo fa parte di una collaborazione fra Missioni Consolata e l’Ejatlas (Environmental Justice Atlas) nell’ambito della quale portiamo a conoscenza dei nostri lettori storie e analisi riguardanti alcuni dei conflitti ambientali presenti nell’Atlante. Per tutti i casi menzionati nell’articolo sono disponibili nell’Atlas le relative schede informative.
www.ejatlas.org
www.envjustice.org
http://cdca.it (Atlante conflitti ambientali Italia).

 

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