Nel
numero di dicembre
abbiamo raccontato il Forum Cooperazione che si è svolto lo scorso ottobre
a Milano, rilevando
fra l’altro l’assenza di una rappresentanza organizzata
e coesa delle Ong d’ispirazione cattolica e degli istituti missionari
all’evento. Eppure
il mondo cattolico s’interroga sulla mondialità e
fa cooperazione, eccome. Il «Forum Mondialità e pedagogia dei fatti in tempo di
crisi», organizzato
dalla Caritas Italiana a Roma il 14 e 15 novembre
2012, è stato anche un’occasione
per fare il punto della situazione.
«Operare
nella solidarietà internazionale per educare alla cittadinanza globale». Il
sottotitolo del forum sulla mondialità promosso dalla Caritas non lascia spazio
a dubbi: anche il modo di esprimersi testimonia l’interesse della Chiesa
cattolica per i temi affrontati dal Forum Cooperazione di Milano. La specificità
della Chiesa, dunque, sta nel trattare i medesimi problemi utilizzando
strumenti e linguaggio propri, perché quegli strumenti e quel linguaggio sono
il concretizzarsi di qualcosa di molto profondo che viene dall’umanità
realizzata nello «stare al mondo» di Gesù di Nazareth.
Che
i temi al centro del dibattito siano gli stessi rispetto al mondo «laico» lo si
è visto fin dalle prime battute del Forum Caritas, che si è aperto con la
presentazione del quarto rapporto di ricerca su finanza e povertà, ambiente e
conflitti dimenticati dal titolo «Mercati di guerra», realizzato da Caritas
Italiana, Il Regno e Famiglia Cristiana e edito da Il
Mulino. È un rapporto dettagliato e puntuale sui legami fra finanza,
mercati e guerra e va dritto al cuore del problema, a cominciare dal capitolo
sul cibo come elemento scatenante dei conflitti.
Che
Caritas sia una risorsa imprescindibile nell’analisi delle dinamiche odiee
non è un dato nuovo: come ha ricordato al forum don Antonio Sciortino,
direttore di Famiglia Cristiana, negli anni i rapporti Caritas sui
migranti sono stati fondamentali nel fare piazza pulita delle false
informazioni e privare di fondamento tanti pregiudizi sul fenomeno
dell’immigrazione in Italia. Semmai, aggiunge Sciortino, rivolgendosi a chi fa
informazione, è tempo di fare un passo oltre e di essere non più cronisti
distaccati ed equidistanti, ma coinvolti ed «equivicini».
Tanto
più che il cristiano, ha argomentato un altro dei relatori, Carmelo Dotolo
della Pontificia Università Urbaniana, è in una posizione privilegiata per
avvicinarsi a una realtà di crisi come quella di oggi: «Il cristianesimo»,
infatti, «è una religione della crisi»; vivere e produrre cambiamenti fa parte
del suo Dna, e far teologia è anche lo sforzo, la fatica di mettere in
relazione l’essere credenti con la realtà storico-culturale in cui si vive,
anche quando questo significa essere contro-culturali.
Nel
forum della Caritas, come in quello di Milano, non ci sono state grosse novità
per quanto riguarda l’analisi della globalità e del fenomeno della
globalizzazione: dai tempi di Dueling Globalizations, il celebre botta e
risposta fra il direttore di Le Monde Diplomatique, Ignacio Ramonet, e
l’editorialista del New York Times, Thomas Friedman – era il 1999 -,
l’acqua passata sotto i ponti del pensiero politico non ha portato con sé
intuizioni decisive, fatta eccezione per qualche elaborazione che ci ha messo a
disposizione aggettivi (come il «liquido» e il «glocale» di Zygmunt Bauman) con
cui definire in modo più immediato, quotidiano e fruibile i fenomeni
contemporanei. Mentre l’analisi annaspa nella difficoltà di immaginare il
domani, l’oggi ha visto realizzarsi le profezie nefaste dei primi anni Duemila:
gli effetti devastanti della tracotanza della finanza internazionale sono
evidenti a tutti. Questo rende ancora più urgente proporre soluzioni concrete
che implicano una traduzione in linee d’azione di quella innata vocazione del
cristianesimo al cambiamento che Dotolo sottolinea.
Ma
tradurre in pratica le conclusioni teoriche è questione molto complicata; al
forum Caritas è toccato ad Antonio Nanni (Centro di educazione alla mondialità
– CEM) misurarsi con l’ingrato compito di definire il che fare. In un lungo
intervento dal titolo «Educare alla cittadinanza globale oggi, in tempo di
crisi. Obiettivi, strumenti, linguaggio», Nanni ha descritto le difficoltà
dell’azione educativa a partire dall’analisi della crisi in cui versa
l’educazione stessa. Particolarmente interessante la riflessione sui valori:
appellarsi a essi, ha detto Nanni, è paradossalmente controproducente in un
contesto come quello contemporaneo, perché aumenta la frammentazione invece di
diminuirla. Come se l’appello ai valori, un tempo potente magnete in grado di
attrarre o respingere (e quindi riordinare) fenomeni, eventi e gruppi umani,
avesse perso il suo potere su una realtà che non reagisce più, o reagisce solo
in parte. Quell’appello non più un agente ordinatore ma un’ulteriore spinta
alla separazione.
Nanni
ha poi indicato una serie di obiettivi – formulazione di un nuovo pensiero,
solidarietà e giustizia sociale, integrazione, partecipazione, global
governance – e proposto una vera e propria «cassetta degli attrezzi» per
raggiungerli. Fra gli strumenti, la Tobin Tax, la promozione del
servizio civile volontario, la partecipazione ai Gruppi di acquisto solidale
(Gas), la definizione e la difesa dei beni comuni, la diffusione dei contenuti
di diversi documenti di riferimento (raccomandazioni del Parlamento europeo,
documentari sull’integrazione, testi del Pontificio Consiglio della Giustizia e
della Pace, eccetera), la predisposizione di eventi e spazi di condivisione
come le feste dei popoli e i centri interculturali, e molto altro.
Rispetto
al Forum Cooperazione di Milano, dove le indicazioni sull’agire sono mancate
quasi del tutto, il Forum Mondialità registra certamente un passo in avanti
nella direzione di una maggior concretezza. L’intervento di Nanni, pur non
proponendo strumenti nuovi, rappresenta un’ottima – e necessaria – raccolta e
sistematizzazione di quelli esistenti, che vanno quindi potenziati e sostenuti.
Attento
all’esigenza delle comunità cristiane di declinare in modo praticabile
l’educazione alla cittadinanza globale, il forum Caritas ha poi proposto gruppi
di lavoro tematici organizzati nei quali all’esposizione di un tema da parte di
un esperto (tecnico) seguiva l’intervento di un esponente di un organismo ecclesiale
che lo declinava in termini pastorali.
Il
gruppo di lavoro «Educare alla cittadinanza globale e agli obiettivi di
sviluppo del millennio» (Campagna Beyond 2015) ha visto dunque la
partecipazione di Andrea Stocchiero (Federazione Organismi Cristiani Servizio
Internazionale Volontario – Focsiv) in veste di esperto e di don Gianni Cesena
(direttore dell’Ufficio Nazionale Cei per la cooperazione missionaria tra le
Chiese) come referente pastorale. La relazione di Stocchiero ha evidenziato
come nei paesi che hanno ottenuto maggior successo nell’avvicinarsi agli
obiettivi del millennio l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) ha avuto un ruolo
marginale. Quei paesi non stanno meglio grazie agli aiuti, ma grazie alla loro
capacità di attirare investimenti stranieri e alle rimesse dei loro cittadini
che lavorano all’estero (le rimesse sono pari a tre volte il totale dell’Aps).
Un dato, questo, che ha un peso evidentemente cruciale nel valutare l’efficacia
dell’aiuto.
L’intervento di don Gianni Cesena, infine ha proposto
riflessioni e dati sulla cooperazione missionaria e ha indicato una serie di
esempi concreti da applicare a livello di consigli pastorali parrocchiali per
valutare se e quanto i messaggi relativi all’educazione alla cittadinanza
globale sono effettivamente inseriti nelle attività delle comunità cristiane.
A proposito degli obiettivi del millennio, don Cesena ha
precisato che non sono stati formulati all’interno della Chiesa o con un suo
coinvolgimento e che pertanto traslarli nella pastorale sarebbe una forzatura.
Tuttavia, ha concluso, anche in essi è possibile riconoscere la «quota di
Spirito» che può giustificare l’impegno e la volontà di recepie alcuni
aspetti. Il suo intervento si è poi concluso con l’indicazione di due stili
missionari oggi superati: nella cooperazione missionaria, ha detto don Cesena,
non c’è più posto per «eroi e navigatori solitari» e il dono non può più essere
un gesto unilaterale ma uno scambio.
Forse,
proprio a partire dall’espressione «quota di Spirito» si possono trarre lumi
per spiegare, almeno in parte, la partecipazione in sordina del mondo
missionario e delle Ong cattoliche al Forum Cooperazione di Milano. Le Ong
cattoliche sono molto spesso il braccio operativo della realtà missionaria che
le ha fondate, si tratti di un istituto, di un centro missionario diocesano o
di un gruppo di persone legate a un particolare sacerdote. Queste realtà vivono
la cooperazione allo sviluppo come uno dei tanti strumenti
dell’evangelizzazione e, in particolare, uno strumento per l’evangelizzazione
attraverso le opere sociali, che non sono le sole opere contemplate dall’agire
missionario. Per questo, l’ordine nella scala delle priorità che i religiosi
(e, di conseguenza, le loro Ong) attribuiscono a un evento come il Forum di
Milano dipende – per usare il linguaggio di don Cesena – dalla «quota di
Spirito» che i religiosi stessi scorgono nella cooperazione allo sviluppo. Se
questo è vero, rimane da chiedersi perché il mondo missionario ha giudicato la
quota di Spirito a Milano troppo ridotta per mobilitarsi e fare sentire la
propria voce.
Chiara Giovetti