CRISTO DE LOS DESTERRADOS
Carissimi, saluti a tutti. Ed ora sentite questa:
proprio come nella storia di Pinocchio: «…come andò che Vicente, pas seggiando lungo la spiag gia di Ladrilleros [Costa delPacifico] trovò un pez zo di legno che piangeva e rideva chiedendo aiuto…» lnciam pai in un pezzo di legno, una radice di man grovia, annerita e abbru stolita da un incendio pro vocato da qualche abitan te d ella foresta per
ripulire con ilfuoco un pezzetto di terra che a lui e alla sua gente serviva per seminare la manioca e ilriso per poter conti nuare a vivere e lavorare. Non so come sia andata,
ma ilfatto è che un bel giorno quelpezzo di legno brucia cchiato, trascinato
dalla corrente di un fiume finì nelm are e sballottato dalriflusso della marea finì sulla spiaggia che mi ospitava abbandonato in mezzo a uno dei tanti gro vigli di porcherie che ab bruttiscono le splendide spiagge delPacifico. Appena lo scoprii, non po tei evitare un salto di ioia e un «oh!» di pietà. Cio
che appariva ai miei oc chi era la perfetta figura di un uomo stilizzato, cui
furono strappati i piedi e le mani: un Cristo senza piedi e senza mani con i monconi delle braccia che imploravano pietà. Era come fossel’icona di questa gente, scacciata violentemente dalle sue
terre, vagante senza meta e senza prospettive. Immediatamente ilmio pensiero volò ad Arie,l un artigiano sognatore che
in Ladrilleros si guadagna la vita lavorando conchi-
glie e cose tipiche per venderle ai turisti ed ave re un pezzo di pane per non morire di fame. Nelle sue mani ilpezzo di legno si trasformò in un Croci fisso senza mani e senza piedi che animò la via crucis della Settimana Santa 2011.
Ora aspetta in un angolo
della capanna che per a desso funge da cappella e potrà essere, un giorno,
la pietra angolare di un futuro santuario in onore del Cristo «de los Dester- rados», patrono di Ladril- leros e di tutta la gente che con fede lo invocherà in cerca di protezione e benedizione. Sognate an- che voi e se sono rose fio- riranno. Saluti,
Vicente (P. Vincenzo Pellegrino) Ladrilleros, Cauca, Colombia 24 /10/2011
Dopo aver cercato Ladril-leros sulle mappe, ho scritto a P. Vicente, «dove
è questo tuo Ladrilleros, che dici essere in riva al mare e invece da Google map risulta sulle monta- gne della cordigliera? E poi, la tua residenza non
è in Cali che col mare non ha proprio niente a che fare?». Ecco la sua pron- ta risposta.
Ladrilleros è una frazione di Buonaventura, distante un’ora di motoscafo dalla città. Il luogo è un paradi- so terrestre con un cielo
«così bello quando è bel- lo» (Manzoni) che ti inna- mora a prima vista. È un po’ meno allettante quan- do piove, e questo capita
in media una volta nelle
24 ore. Siamo nel cuore della selva umida tropica- le.
Cosa faccio a Ladrilleros? Ci sono capitato là tre an- ni fa come turista e spero lasciare le mie ossa nella
bella cavea che il mare ha scavato lungo il litora- le. Risiedo a Cali, però in Ladrilleros, La Barra e Guanchaco – i tre paesetti disseminati a poca di- stanza l’uno dall’altro – è sorta una fondazione sen- za scopo di lucro che si propone di far qualcosa per la gioventù offrendo loro alternative per mi- gliorare la situazione sta- gnante in cui si trovano.
Il mio peccato fu lanciare l’ idea ad alcuni amici quando venni in Italia. La cosa interessò, stanno aiutando e speriamo con
il nuovo anno di iniziare in serio un’attività agro-sil- vo-pastorale con l’idea di riformare il mondo. Intanto il Cristo de los de- sterrados che mi è appar- so mi dice che lì vuol im- piantarsi. Io desidero dir- gli di sì, però intanto mi trovo nei pasticci, come il profeta Geremia; questa è la storia. Tu ricamaci su… e si vedrà. Caminante, no hay camino, se hace ca- mino al andar (Viandante, non c’è il cammino, si
crea camminando). È ov- vio che vivo in Cali, però quando si affaccia il ri- schio di ammuffire, il ri- chiamo della selva mi fa scattare e Ladrilleros mi aiuta a ringiovanire. A presto.
Vicente
Ladrilleros, 26/11/2011
VI ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON ANDREA SANTORO Pubblichiamo ora queste riflessioni di Don Andrea Santoro in preparazione al VI anniversario del suo martirio. Non è stato possibile pubblicarle l’anno scorso, in occasio- ne del V anniversario, perché erano arrivate quando la rivista era già
in stampa. Le proponiamo perché il valore di queste parole, firmate con il sangue, non svani- sce col tempo.
Don Andrea Santoro, sa- cerdote fidei donum della diocesi di Roma è stato ucciso (con due colpi di pistola) il 5 febbraio 2006 mentre pregava nella chiesa di S. Maria a Trab- zon (Turchia).
In questo momento stori- co di dibattito e di crisi sulla identità religiosa, sul dialogo e convivenza tra popoli, richiamiamo brevemente alcuni pen- sieri che don Andrea, nei suoi anni di vita sacerdo- tale a Roma e in Turchia, ha ripetuto spesso ai suoi parrocchiani e ha scritto nei suoi diari e nelle sue lettere per aiutarci a su-
perare certe logiche di di- sgregazione della propria identità e di divisione tra realtà diverse.
Don Andrea aveva parti- colarmente a cuore il rapporto tra l’Oriente e l’Occidente, la relazione fra le tre religioni che hanno avuto origine nel Medio Oriente: l’ebrai- smo, il cristianesimo e l’islamismo.
Don Andrea diceva:
… l’identità cristiana
non è una identità territo- riale e neppure semplice- mente culturale. È un’i- dentità evangelica: è il sale di Cristo in noi, è la nostra trasformazione in Lui…è la visibilità di Cri- sto attraverso noi, è lo scrivere il vangelo nel nostro essere, sentire e vi- vere;
… dialogo e convivenza
non è quando si è d’ac- cordo con le idee e le scelte altrui ma quando gli si lascia posto accanto alle proprie e quando ci si scambia come dono il proprio patrimonio spiri- tuale, quando a ognuno è
dato di poterlo esprimere, testimoniare e immettere nella vita pubblica oltre che privata;
… non bastano inter-
venti di natura politica, di- plomatica o militare, e neanche un generico di- battito culturale… Occor- re una mobilitazione più profonda delle coscienze, ponendosi domande che toccano il cuore della no- stra fede e del nostro rap- porto con Dio, le pratiche abituali del nostro modo
di pensare e di vivere, le relazioni tra persone, po- poli e fedi diverse… Ci so- no mutamenti profondi che Dio chiama tutti noi a compiere;
… imporre o soffocare
non è degno né di Dio né dell’uomo. Spesso l’occi- dente ignora questo dirit- to in cambio di interessi economici o vantaggi po- litici. Si tratta di una pro- blematica scottante. Ma la realtà è che spesso il potere, sotto qualunque forma si presenti, politica o religiosa, serve solo se stesso o il bene di alcuni a danno di altri. La paura di dare all’altro ciò che si reclama per sé… arma le mani e il cuore…
(pochi giorni prima di
essere ucciso aveva scrit- to) … due errori credo sia- no da evitare: pensare che non sia possibile la convi- venza tra uomini di reli- gione diversa oppure cre- dere che sia possibile solo sottovalutando o accanto- nando i reali problemi, la- sciando da parte i punti su cui lo stridore è maggiore, riguardino essi la vita pubblica o privata, le li- bertà individuali o quelle comunitarie, la coscienza singola o l’assetto giuridi- co degli stati. Crediamo che questi pensieri possa- no essere elaborati da tutte le persone di “buona volontà”, che siano cre- denti e non credenti, che
si richiamino alla sola ra- gione o anche alla Rivela- zione, perché ognuno possa aprirsi ad un dialo- go vero (e non ad un mero dibattito), che porti ad una convivenza pacifica nel ri- conoscimento e rispetto reciproco.
Associazione
Don Andrea Santoro
Bibliografia:
Lettere dalla Turchia, Città Nuova, 2006 – Diario di Terra Santa, San Paolo, 2010 – DVD, La fede è partenza, Città Nuo- va 2007 – DVD, Don Andrea Santoro sacerdote e parroco
a Roma, Associazione don
Andrea Santoro 2010.
RICORDANDO P. ALEX MORESCHI
È morto venerdì 9 settem- bre a Malonno (Brescia), all’età di 66 anni, di cui 43 di professione religiosa e
38 di sacerdozio, padre A- lessandro Moreschi, Mis- sionario della Consolata, per anni membro e ani- matore della comunità operante a S. Valentino (Castellarano). Il funerale si è tenuto a Malonno do- menica 11 settembre. Padre Alex, dopo anni di missione in Kenya, era rientrato in Italia per oc- cuparsi dell’animazione missionaria. È così che lo abbiamo conosciuto in Diocesi e in particolare al Centro Missionario, sem- pre estremamente dispo- nibile e collaborativo, sia per l’attività ordinaria co- me per i servizi straordi- nari, quali l’accompagna- mento di giovani nei viaggi missionari in Madagascar e in Rwanda (e anche Tan- zania e Kenya).
Lo ricordiamo con affetto, riconoscenza ed ammira- zione per la generosità, per la franchezza, per la libertà interiore e la pa-
zienza, di cui ha dato prova straordinaria in questi ul- timi due anni, alle prese con la malattia inesorabile che lo ha consumato…
Il Centro Missionario Diocesano di Reggio Emilia
P. Alex Moreschi è stato ospite delle pagine di questa rivista più di unavolta (l’ultima su MC 7-8/2008, pag. 70), sia quando era in missione in Kenya che quando impe- gnato nell’animazione missionaria qui in Italia. Appassionato lettore e critico della rivista, pochi giorni prima del suo ri- too alla casa del Padre ci aveva scritto una lunga lettera. Ve ne offriamo
dei passaggi.
Complimenti,
la rivista ha migliorato tantissimo ultimamente.
I dossier sono interessan- ti, specie l’ultimo sul capi- tolo e il carisma dei mis- sionari della Consolata. Devo dirvi che una coppia che era anche impegnata missionariamente mi ha chiesto di disdire l’abbo- namento. Le motivazioni sono due: è troppo impe- gnativa negli articoli, per- ché troppo approfondita e densa. Il secondo motivo perché è di parte e setta- ria su qualche argomen- to, cioè non scopre il ro- vescio della medaglia su certe questioni (OGM, Madre terra, palestinesi, politica sud americana, etc.).
Si vuole scrivere troppo, senza tenere presente a chi va la rivista e chi la legge (in genere gente che ha da fare e non ha tempo di approfondire e anche anziani).
Ho in mente dei mensili che scrivono di argomenti molto impegnativi e sono più snelli, essenziali, scritti chiari con caratteri più grossi. La nostra rivi- sta sembra che voglia esaurire lo scibile in pagine difficili da affrontare. Recentemente si rispon- deva a dei seminaristi
che non volevano più ricevere la rivista perché ne ricevevano troppe. Nella risposta si argomentava che la nostra rivista è a difesa dei poveri, degli impoveriti del Sud del mondo, che combatte le ingiustizie sociali ed eco- nomiche del pianeta. Sa- crosanta verità, ma se l’accesso a questo stru- mento è difficile come
farà la rivista a raggiungere il suo scopo?
I complimenti sono molti e la rivista ha acquistato un aspetto più missiona- rio, almeno un po’ di più. Certe rubriche sono un po’ tendenziose e non og- gettive […].
Avendo molto tempo a di- sposizione ho letto molto
«Missioni Consolata» spinto anche da qualche padre che neppure la a- pre e anche da altre per- sone che hanno la stessa idea di parzialità.
Una coppia di giovani ai quali ho mandato la rivi- sta la ritiene molto buona però dovrebbe essere più snella e accessibile a vari ceti di persone.
Tanti auguri!
Alex Moreschi
23/8/2011