Raccontare in Asia la storia di Gesù

Primo Congresso missionario asiatico

Il primo Congresso missionario asiatico, già suggerito dall’esortazione apostolica Ecclesia in Asia, è stato un evento importante per la chiesa del continente. «Raccontare la storia di Gesù in Asia: una celebrazione di vita e di fede» è stato il tema generale, suddiviso in temi specifici per  ognuno dei quattro giorni (19-22 ottobre): la storia di Gesù nei popoli, religioni, culture, vita della chiesa.
Erano presenti anche due missionari della Consolata: i padri Giorgio Marengo dalla Mongolia e Alvaro Pacheco dalla Corea del Sud.

Sì, ho partecipato al primo Congresso missionario dell’Asia, svoltosi dal 18 al 22 ottobre 2006 a Chiang Mai, una città nel nord della Thailandia, che è anche sede della diocesi.  Ero integrato nel gruppo della delegazione coreana. Ho ritrovato anche padre Giorgio Marengo, con i delegati della Mongolia.
Vorrei condividere con voi ciò che ho vissuto. Ho deciso di parlarne in forma di diario.

18 ottobre 2006
Sono arrivato nella città di Chiang Mai poco prima delle 6 di sera, insieme al gruppo dei delegati coreani in cui sono inserito. Altri arriveranno domani mattina. Purtroppo, all’appello manca l’unico vescovo coreano che doveva partecipare al Congresso: a pochi giorni dalla partenza ha cancellato la sua partecipazione. Ne rimango un po’ deluso: tale assenza è un segno evidente che lo zelo della chiesa sud-coreana verso la missione ad gentes è ancora debole. 
Per prima cosa mi metto alla ricerca del nostro padre Giorgio Marengo; ma in mezzo a tanta gente, non ci riesco. Sono stanco e affamato, per cui tramando a più tardi la ricerca.
Dopo la cena, il card. Crescenzio Sepe, vescovo di Napoli, designato dal papa Benedetto xvi come suo delegato, apre ufficialmente l’esposizione missionaria nella quale ogni paese è presentato con i propri elementi caratteristici.
Sono 1.047 i delegati al Congresso, inviati da 25 paesi dell’Asia, oltre a intellettuali chiamati a intervenire, ai giornalisti e osservatori di altri continenti, dal Libano al Canada, alle isole del Pacifico, passando per il Brasile e l’Italia, tra gli altri.
Finalmente nel padiglione della Mongolia incontro padre Giorgio e il gruppo di delegati della chiesa mongola. C’è anche tempo per fare le prime conoscenze tra i tanti partecipanti. Alla fine,  condivido la stanza con padre Jaime Palma, un prete messicano dei missionari di Guadalupe, che lavora in una parrocchia nella parte meridionale della Corea e approfitto dell’occasione per scambiarci le nostre esperienze  in terra coreana.

19 Ottobre
Il tema di questa giornata è: «La storia di Gesù nei popoli dell’Asia». Incominciamo i lavori con la celebrazione della messa, presieduta dal cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.
Dopo i soliti discorsi di benvenuto e presentazione delle delegazioni, mons. Luis Antonio Tagle, giovane vescovo della diocesi di Imus, nelle Filippine,  presenta un’eccellente serie di punti fermi in base ai quali raccontare la storia di Gesù. Chiaro, conciso e incisivo, ci offre alcune linee guida molto pratiche, che faranno del suo discorso uno dei più belli e significativi di tutto il Congresso. Egli sottolinea quanto sia «importante, nella cultura asiatica, il racconto per trasmettere la conoscenza e la fede cristiana, ed esorta i missionari a essere concreti e narrare ai fedeli l’esempio personale del proprio incontro con Gesù».
Nel pomeriggio ascoltiamo le testimonianze di varie persone sul tema del giorno. Questa «condivisione della fede» sono parte integrante del programma. Quindi veniamo divisi in gruppi di 10 persone, di vari paesi e differenti esperienze. Dobbiamo rispondere alla domanda: «Come ho incontrato Dio nella mia vita?».
Purtroppo, dovuto al programma intenso del Congresso, il tempo per tale condivisione rimane molto limitato. Avrei preferito più spazio per gli incontri interpersonali, scambi di idee e di esperienze, e meno per le presentazioni e relazioni tematiche, in cui si parla dell’Asia come se fosse una realtà uniforme. Una rappresentazione che non condivido affatto:  la missione svolta in Corea è molto diversa da quella in Thailandia e in altri paesi. Nei lavori in gruppo questa diversità emerge con molta chiarezza.
Arrivata la sera, ci godiamo un bello spettacolo, presentato da studenti giovanissimi di vari collegi cattolici, praticamente tutti non-cristiani. In una scenografia stupenda viene presentata la storia della chiesa cristiana in Thailandia dagli inizi ai nostri giorni. La presentazione viene goduta immensamente da tutti gli spettatori:  in essa sfila la bellezza e diversità della cultura thailandese, espressa soprattutto in una miriade di fogge e colori dei costumi delle diverse regioni ed etnie del paese.

20 Ottobre
Il tema del giorno è: «La storia di Gesù nelle religioni dell’Asia». Si parla naturalmente di dialogo interreligioso. Il tono generale dei vari interventi riflette quello di ieri: una visione di uniformità per tutta l’Asia, mentre in tanti paesi tale dialogo è ancora al palo di partenza o quasi. La Corea ne è un esempio concreto.
Le testimonianze provengono da persone passate dal buddismo e induismo alla fede cattolica. Ha parlato anche un musulmano del Bangladesh sulla sua positiva esperienza con i cattolici.
Nel pomeriggio riprendono i lavori di gruppo; dobbiamo rispondere alla domana: «Che cosa apprezzo nei seguaci delle altre religioni?».  Al termine, prima di cena, viene presentata una sintesi teologica sul tema del giorno, in cui viene ribadito quanto è stato detto nel mattino.
Dopo cena, concludiamo la giornata con un momento di preghiera: recita del rosario missionario e adorazione.
Finalmente andiamo a riposare, dopo una giornata caratterizzata da un orario stringatissimo e un programma molto impegnativo, che non ha lasciato tempo per riposare o scambiare qualche chiacchiera. E cerchiamo di addormentarci in fretta, perché anche domani sarà una levataccia, dura anche per me: si ricomincerà alle 6 del mattino con la celebrazione della messa.

21 Ottobre
Il tema della giornata è: «La storia di Gesù nelle culture dell’Asia». Il mattino segue lo schema dei giorni precedenti: relazioni tematiche e testimonianze. Gli argomenti sono vari e numerosi:  società dei consumi, mass media, migranti, gioventù, rapporti tra le religioni… La domanda proposta per i lavori in gruppo del pomeriggio è: «Quali pratiche o tradizioni nella mia cultura esprimono meglio il vangelo di Gesù?».
Dopo cena ci godiamo un altro dei momenti più significativi del Congresso: è tempo di socializzazione, con la presentazione di canti, balli e  proiezioni power-points da parte di alcune delegazioni presenti. La Mongolia strappa l’applauso più entusiasta e fragoroso: il nostro padre Giorgio si è cimentato nel suonare il violino mongolo, accompagnato dal flauto di un giovane della stessa nazione; perfino il vescovo di Ulaanbaatar, mons. Wenceslaus Padilla, si è esibito, cantando una canzone in lingua mongola. Un vero successo!
Ad accrescere l’interesse e il godimento delle varie rappresentazioni contribuisce pure lo sfoggio di vestimenti e costumi tradizionali indossati per l’occasione, espressioni della varietà e ricchezza culturale dei paesi da cui provengono i partecipanti al Congresso.
A proposito di canti e balli, un gruppo di indiani, specializzato in danze tradizionali, formato da cattolici e un ballerino hindu, durante i giorni del Congresso ha eseguito alcune rappresentazioni del vangelo e altri temi religiosi. Tale gruppo è stato creato da un prete con lo scopo di evangelizzare mediante la danza, la musica e il canto: una forma suggestiva di trasmissione e inculturazione della fede. L’originale iniziativa è stata citata a più riprese durante  gli interventi ufficiali del Congresso, per sottolineare come le varie forme di proclamazione del vangelo devono essere creative e adatte al contesto in cui i missionari sono chiamati ad operare.
Prima di andare a dormire, mi fermo per quasi due ore a parlare con un vescovo indiano: egli mi parlava con entusiasmo della sua esperienza missionaria nel suo paese; da parte mia gli racconto ciò che sto facendo in Corea. La prolungata condivisione delle nostre esperienze mi convince sempre più sulla necessità, in congressi come questo, di dare più spazio e tempo perché la gente abbia l’opportunità di incontrarsi, scambiare idee ed esperienze, che rimarranno nella memoria più delle teorie presentate nelle relazioni ufficiali.

22 Ottobre
È l’ultimo giorno del Congresso. È pure la domenica in cui si celebra la Giornata missionaria mondiale. Abbiamo ancora una relazione: questa volta sulla chiesa in Thailandia. Ascoltiamo la testimonianza di un cristiano locale, da poco convertito e appartenente a una minoranza etnica.
Seguono la lettura del documento finale e i vari ringraziamenti. Culmine della conclusione è la celebrazione dell’eucaristia, presieduta dal card. Sepe. Per esprimere la comunione con la chiesa della Thailandia in generale e con la diocesi di Chiang Mai che ci ha ospitati, vi prendono parte molti cattolici locali, appartenenti soprattutto ai vari gruppi tribali, dando così un colore tutto speciale alla celebrazione.
Nonostante ciò, rimango un po’ deluso: il livello liturgico di questa messa, come pure nelle celebrazioni dei giorni passati, mi sembra alquanto freddo: accentuato ritualismo, mancanza di musica viva, di gioia…  mancanza di «Asia». Mi sembra di essere… in piazza San Pietro, più che in Thailandia.
Tuttavia siamo tutti soddisfatti delle esperienze vissute in questo primo Congresso missionario in Asia. Proprio perché è il primo, c’è spazio per ulteriori miglioramenti. Il Congresso è stato e rimane un evento importante per la storia della chiesa in Asia: tanta gente ha potuto prendere maggiore coscienza dell’urgenza della missione in questo continente; soprattutto ha avuto un’occasione irrepetibile, per almeno altri sette anni, di conoscerci e incoraggiarci a vicenda. 

Alvaro Pacheco

Alvaro Pacheco

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