Non servono i muri…

Il papa ha criticato il muro di Sharon. L’Unione europea pure. Addirittura Bush pare non gradirlo. Eppure, a contestare pubblicamente Israele si rischia di…

Mentre scrivo queste note per "Missioni Consolata" il luogo comune più in vista è costituito dall’equiparazione, ormai divenuta quasi automatica, tra una qualsiasi espressione di critica verso lo stato d’Israele e la sua politica, da un lato e l’antisemitismo dall’altro. Dunque è quasi obbligatorio ragionarci sopra, anche se è un tema straordinariamente difficile e – lo confesso – lo affronto con un certo disagio, ben sapendo che ogni virgola fuori posto sarà usata immediatamente per affibbiare anche a me l’epiteto di «antisemita». Ma ci provo, facendomi scudo del… papa.
Giovanni Paolo II ha detto a Sharon che «non servono muri, servono ponti» (1). Sharon sta costruendo un muro che, letteralmente, ruba territori ai palestinesi e, come ha detto anche il cardinale Sodano, trasforma lo stato palestinese in una gruviera. Antisemita anche lui? Anche quando dice che bisogna collocare una forza d’interposizione tra israeliani e palestinesi, che tenga a freno gli uni e gli altri?
Ma il presidente Bush e Ariel Sharon non ne vogliono sapere. Eppure prova a dire o a scrivere una cosa del genere e immediatamente sarai tacciato di voler attentare alla sicurezza degli ebrei. E perfino le parole del papa, che ha già chiesto perdono per il passato, che è andato laggiù a pregare sul muro del pianto, sono messe in un angolo, quando non ignorate dai giornali e dai telegiornali.

Lo scorso novembre quattro ex capi del servizio segreto israeliano, lo Shinbeth, hanno pubblicato un documento congiunto in cui criticano severamente Ariel Sharon per aver puntato esclusivamente sulla guerra, sulla violenza contro i palestinesi, per il suo rifiuto ostinato di abbandonare gl’insediamenti dei coloni nei territori che il processo di pace aveva già assegnato ai palestinesi. Il New York Times mette la notizia in prima pagina, ma i giornali italiani o ne tacciono, o la relegano in luoghi invisibili. I telegiornali italiani, tutti, senza eccezione alcuna, la ignorano.
Qualche giorno prima l’Unione europea aveva pubblicato un sondaggio (su 7.500 cittadini europei, distribuiti uniformemente) (2) in base al quale – scrissero tutti i giornali tra grida di scandalo e accuse di antisemitismo – la politica dello stato d’Israele rappresenta, per il 59% degli europei, la maggiore minaccia alla pace mondiale. Quasi tutti i capi partito italiani si mostrarono indignati. Il presidente della Camera, Casini, definì il sondaggio «inopportuno» (non gli era piaciuto il risultato o il sondaggio?). Quasi tutti ignorarono che il sondaggio era composto di 10 domande, solo l’ultima delle quali riguardava Israele (lo stato, non gli ebrei). Le altre 9 erano tutte sulla guerra americana in Iraq e tendevano a scoprire quale fosse l’orientamento dei cittadini d’Europa. Ebbene, dal sondaggio emergeva che la stragrande maggioranza degli europei riteneva la guerra sbagliata, ingiusta, e si attendeva dall’Europa una politica di forte distinzione rispetto a quella degli Stati Uniti.
Si trattava di un’informazione preziosa, per chi avesse voluto mettere mano a una politica estera dell’Europa più rispettosa della volontà dei suoi cittadini. Invece il coro scandalizzato dei commentatori fu rumoroso e scomposto: l’Europa – si chiesero – sta diventando antisemita? Ma che c’entra?
Dovremmo giungere alla conclusione che il 59% degli europei è diventato antisemita? E in Italia anche? C’è qualcuno disposto ad affermare pubblicamente che la maggior parte degl’italiani, che si è pronunciata contro la guerra, è diventata antisemita? Begli amici di Israele per davvero quelli che sostengono questa tesi! Dice il proverbio: dai nemici mi guardi Iddio che dagli amici mi guardo io. È chiaro che non è vero, ma la pressione mediatica guerriera e bugiarda è riuscita a far diventare senso comune un’equazione falsa.
Difendono gli ebrei? Niente affatto. Sono preoccupati di difendere l’imperatore e le sue guerre. E poiché Sharon le sostiene e ne fa parte integrante, ecco invocare a sua difesa il ricordo dell’olocausto, che non c’entra assolutamente niente. Eppure non si può più discutere di queste cose in termini civili. I dibattiti (si fa per dire) televisivi si trasformano in risse non appena si tocca l’argomento Israele. È diventato un tabù. E, ogni volta che qualcuno osa alzare il dito per proporre un distinguo, ecco l’altra accusa, che diventa anch’essa un luogo comune invalicabile: se non sei con Israele non solo sei antisemita, ma sei anche a favore del terrorismo, dei terroristi, di Osama bin Laden e di Saddam Hussein. Tutto in un fascio, per creare la massima confusione nelle menti.

Anche in Iraq, dove sono morti pure 19 italiani (si veda l’ampio servizio su questo stesso numero di MC), vogliono che si veda soltanto il terrorismo islamico. E invece c’è una guerra che non è affatto finita e non è affatto vinta. Dove c’è sicuramente il terrorismo (prima non c’era e ce lo ha portato la guerra americana), ma c’è anche una enorme resistenza popolare all’occupazione. Così i luoghi comuni uccidono, perché, sbagliando e ingannando la gente, si manderanno altri soldati italiani a morire inutilmente e per una causa sbagliata.

Giulietto Chiesa

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