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Qui in Mongolia i ramoscelli di ulivo non sono disponibili. Tanto meno le palme. Usiamo quei pochi arbusti che la steppa concede, ma lo spirito è quello della Gerusalemme di allora: acclamazioni, poi stupore e infine scandalo. Si ripete nei secoli e a diverse latitudini il mistero di un popolo che segue il suo Signore, stringendosi intorno a lui nei riti sacri di questi giorni. Qui è proprio un piccolo gregge. Una nuova occasione per ciascuno di noi, dovunque ci troviamo, di rinnovare la nostra fede.
Maria è madre per sempre. Ella custodisce il mistero della fede, che ha accolto in sé e offre al mondo. Alla fede si genera, non la si può semplicemente trasmettere come se si trattasse di un contenuto da passare. Questa generazione alla fede richiede la presenza di Maria. Ecco perché il Beato Giuseppe Allamano fondò nel suo nome una famiglia di missionari e missionarie. Lei dona consolazione, quella vera, incarnata: suo figlio Gesù. Maria tocca i cuori, apre vie inattese, conduce alla verità.
"Vogliamo vedere Gesù". È l'anelito di ogni persona. Noi missionari però vorremmo talvolta mostrarne un volto piacevole, più "accettabile", più comodo: non c'è manipolazione peggiore. Dopo un certo numero di anni di missione ad gentes, possiamo dire che è davvero il Crocifisso che misteriosamente attira a sé. Lui ha scelto d'incontrarci laddove sapeva ci avrebbe sempre trovati: nelle nostre croci quotidiane. Allora anche il missionario impara a cadere nel solco e morire, dove lo Spirito l'ha spinto.