… E ALCUNE PRECISAZIONI

La lettura dell’articolo di padre Bellesi «Se Allah lo vuole…» mi ha provocato un senso di smarrimento, perché esso non si è limitato alla denuncia della schiavitù ancora praticata da alcuni paesi musulmani, ma ha fatto una lettura complessiva dei rapporti schiavitù-islam.
Non tocca a me difendere i musulmani. Lo sanno fare benissimo da soli! Tocca a tutti, e quindi anche a me, tenere aperte le porte del dialogo, condotto con sincerità e umiltà, per evitare toni da «scontro di civiltà».
Per questo mi sono messo pacatamente a riflettere.
1) P. Bellesi fatte alcune citazioni del Corano, conclude: «Il Corano sancisce la schiavitù permanente come fatto normale e ne detta le regole per la stessa pratica».
Per quanto riguarda i testi fondatori si corre il rischio di dimenticare che anche nel N.T. viene dettato un codice di comportamento per il buon schiavo e il buon padrone (Col 3,21-4,1).
I migliori commentatori dicono che non si tratta di una «codificazione teologica dell’ordine costituito», ma di una presa d’atto di uno dei capisaldi su cui si fondava l’organizzazione della società antica e cioè sulla distinzione tra schiavi e liberi (vedi Ef. 6,5-8 e Tit 2,9-10). La stessa splendida lettera a Filemone non manifesta nessuna induzione di sovvertire l’ordine fondato su tale distinzione.
Quello che è certo è che l’esperienza della frateità ecclesiale fatta dai discepoli di Gesù (schiavi e liberi; uomini e donne…) li condurrà progressivamente a rifiutare l’iniquità che soggiace a tale divisione.
Mi pare che un analogo discorso potrebbe essere fatto anche per il testo fondatore dell’islam in cui non mancano i semi teologici che sono in grado di condurre al superamento di questa orribile piaga storica.
2) L’articolo di p. Bellesi, non sufficientemente contestualizzato nell’insieme delle altre grandi tradizioni religiose, sembra indicare nell’islam il principale responsabile e attore del fenomeno della schiavitù.
Pino Arlacchi in un suo libro: «Fino alla fondazione della Repubblica popolare cinese nel 1949, la Cina deteneva uno dei più vasti mercati di esseri umani nel Mondo» (P. Arlacchi, Schiavi, Rizzoli p. 40).
Il richiamo alle pratiche in uso nella Roma antica, nelle società tribali pre-islamiche e pre-cristiane in Africa, nella Cina confuciana e buddista, non serve certo a scaricare le responsabilità storiche dei paesi musulmani, ma le contestualizza e, soprattutto, ci aiuta a situare l’origine della schiavitù non propriamente nel terreno religioso, ma in altre circostanze storiche che l’hanno prodotto. La schiavitù non nasce dalla religione, anche se la religione per lungo tempo non è stata accorta a scoprie l’incompatibilità con i suoi principi. Io non possiedo nessuna competenza storica, ma mi pare che queste osservazioni non siano prive di senso.
3) Se poi, si vuole fare un discorso sull’islam, bisognerà, anche qui, fare delle opportune distinzioni. Mauritania, Niger, Sudan, Arabia Saudita e qualche altro paese a maggioranza musulmana, soprattutto arabo, sono paesi certamente indiziati di esercitare più o meno di nascosto, l’orrenda pratica della schiavitù.
Ma i paesi a maggioranza musulmana nel mondo sono 56. Ora se una buona maggioranza di essi trova incompatibile questa pratica, qualche ragione ci sarà!
Il cammino storico della loro civiltà, nato anche dalla loro tradizione religiosa, li ha portati a escludere la schiavitù. Se vogliamo fare un servizio all’opinione pubblica e all’islam parliamo anche di questo!
4) Una riflessione merita la citazione dello sceicco Ibn Taimiya. Riconosco che questo interprete-esegeta è, purtroppo, ritornato in auge e che molti movimenti islamisti più radicali si rifanno alle sue interpretazioni del Corano e della summa.
Ma, grazie a Dio, non c’è solo lui! Denunciae l’improponibilità non farebbe altro che bene all’islam e a noi, ma fae il portavoce più autentico e l’esegeta da citare è fare il gioco degli islamisti.
5) Non sono uno storico, ma ho qualche dubbio sui «soli» 3 secoli di schiavitù per quanto riguarda il cristianesimo e su «tutti» i 14 secoli per quanto riguarda l’islam.
Comunque trovo terribile pensare che 3 secoli di papi, vescovi, santi, pensatori non siano riusciti a costituire un argine a quelle spietate pratiche così incompatibili con l’essenza stessa del cristianesimo e sono chiamato a fare memoria e a chiedere perdono di questo lungo e terribile oscuramento.
Ma, se è così qualche ragione ce l’ho per tentare di perdonare e capire anche

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