TRA I SEGUACI DI MORMON

Ufficialmente si chiama «Chiesa di Gesù Cristo dei Santi
dell’Ultimo giorno», ma in tutto il mondo è conosciuta come la «chiesa dei mormoni». Nata nel 1830 negli Stati
Uniti, questa sètta oggi conta circa 11 milioni di fedeli, che debbono attenersi a severe regole di comportamento.
Il loro centro è lo stato dello Utah, negli Stati Uniti. La capitale, Salt Lake City, è salita all’onore delle cronache
per aver ospitato, lo scorso febbraio, le Olimpiadi invernali.

Luglio 1847: la prima carovana
di 1.700 pionieri arriva nella
valle del Grande Lago Salato,
presso una immensa pianura, tra
montagne e specchi d’acqua, e fonda
Salt Lake City, dando inizio all’epopea
mormone nello Utah.
Nasce e si consolida la «Chiesa di
Gesù Cristo dei Santi dell’Ultimo
giorno» (Church of Jesus Christ of
Latter-day Saints), la «chiesa dei
mormoni», considerata, a seconda
della prospettiva, una sètta religiosa
o una confessione cristiana. In
realtà, la maggior parte dei teologi
ritiene che i mormoni non siano una
chiesa cristiana, perché inseriscono
la loro interpretazione della
bibbia entro un quadro deformante
di speculazioni extrabibliche.

CHI SONO I MORMONI?
Il movimento nacque negli Stati
Uniti per opera del metodista Joseph
Smith (1805-1844). Questi, in
seguito a una serie di «visioni», nel
1830 pubblicò il Book of Mormon,
una sorta di trattato profetico-apocalittico
nel quale si narra la storia
del popolo di Dio in America, fondamento
della nuova confessione.
La «chiesa di Mormon», che mirava
a un ritorno alla purezza originaria
del vangelo, si sviluppò dapprima
nell’Illinois, dove i mormoni
fondarono la fiorente città di Nauvoo.
Dopo la morte di Smith (ucciso in
prigione dal popolo avverso alla
nuova confessione religiosa), i mormoni,
scacciati da Illinois, Ohio e
Missouri, costituirono nell’Utah una
comunità teocratica, sotto la guida
di Brigham Young (1801-1877),
successore di Smith e considerato
oggi, dai capi della chiesa di Mormon,
il secondo profeta. Qui, presso
il Grande Lago Salato, fondarono
la città di Salt Lake City, centro
del loro stato, dando alla sètta un’organizzazione
comunistica e dedicandosi
alla pratica della poligamia.
Osteggiati dal governo statunitense,
solo nel 1865 i mormoni entrarono
a far parte della federazione
nordamericana, accettandone dal
1890 anche la legge matrimoniale ed
eliminando la poligamia dai propri
statuti.
Negli ultimi quarant’anni un largo
proselitismo ha portato la chiesa
di Mormon ad una diffusione mondiale,
con forti basi in Europa, Asia
e America Latina, oltre che negli
Stati Uniti.
L’importanza dei mormoni nella
storia americana è notevole: a loro si
deve, tra l’altro, il primo esperimento
di economia pianificata realizzato
negli Stati Uniti, un tentativo riuscito
di legare modeità e tradizione;
l’utilizzo di mezzi e strumenti
della comunicazione sociale.
Dal Far West ai grattacieli, dalla
pratica della poligamia (ormai patrimonio
solo di alcune sètte minoritarie
della chiesa di Mormon), alla
difesa intransigente della famiglia e
della morale (con prescrizioni ferree,
tipiche di movimenti fondamentalisti
e radicali), la storia della
Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’Ultimo
giorno ha in sé elementi di
grande complessità interreligiosa, in
un angolo dell’America più profonda.

I GIOCHI DI SALT LAKE CITY
E QUELLI DI ROMA
I mormoni e lo Utah sono ritornati
all’onore della cronaca grazie ai
giochi olimpici invernali, svoltisi a
Salt Lake City lo scorso febbraio, una vetrina unica per fare conoscere
al mondo la propria storia, cultura,
tradizione.
Lasciate parlare il silenzio, o quasi.
Questa è stata la saggia consegna
che hanno ricevuto i mormoni dello
Utah, per non impaurire il mondo
durante l’Olimpiade invernale.
Toglietevi le giacche scure da missionari,
mollate a casa il Book of
Mormon, e non infilate opuscoli nelle
tasche degli ospiti: se decideranno
di convertirsi da soli, meglio così.
Altrimenti ci accontenteremo che
vadano via dallo Utah senza considerarci
una sètta di pazzi pericolosi…
Grosso modo sono stati questi
gli ordini impartiti dal presidente
della Church of Jesus Christ of Latter-
day Saints, Gordon B. Hinckley.
Un invito ai fedeli affinché scordino
il proselitismo, almeno per tre settimane.
Sette anni fa, quando Salt Lake
City ottenne le Olimpiadi, alcuni
mormoni presero la decisione del
Cio come il compimento della profezia
di Brigham Young, uno dei
fondatori della chiesa: «In questo
posto costruiremo una città e un
tempio al Dio più alto. Re, imperatori,
nobili e saggi della Terra ci visiteranno,
mentre i deboli e gli infedeli
invidieranno le nostre case
confortevoli e le nostre proprietà».
Era un’occasione enorme per fare
pubblicità mondiale alla Church of
Jesus Christ of Latter-day Saints, di
cui fanno parte 11 milioni di persone,
tra cui il 70% degli abitanti dello
Utah. I capi si erano messi subito
al lavoro. Avevano contattato la televisione
Nbc, che ha trasmesso i
Giochi in esclusiva, per inondarla di
spot positivi sui mormoni, e poi avevano
offerto il Tabeacle Choir per
cantare alla cerimonia inaugurale; avevano
concesso lo spazio a Salt
Lake City per le premiazioni, sullo
sfondo del loro Tempio; avevano inviato
dossier ai giornalisti per suggerire
storie favorevoli alla propria
religione; e avevano finanziato lo
spettacolo «Light of the World»,
con 1.500 attori e musicisti, che è andato
in scena decine di volte durante
le Olimpiadi.
Nel frattempo, però, hanno scoperto
anche che i Giochi non erano
andati allo Utah per intercessione
divina, ma per le mazzette distribuite
dai due capi del Comitato organizzatore,
i mormoni Tom Welch e
Dave Johnson, incriminati, poi assolti
e ora di nuovo sotto la mannaia
del ricorso presentato dal ministero
della Giustizia. Questo infortunio
deve aver instillato il genio della
prudenza nella mente dei leader della
chiesa, che alla fine hanno optato
per un profilo più basso.
Secondo il portavoce Michael Otterson,
«abbiamo scelto una maniera
di fare pubblicità alla nostra religione
con tatto, senza sembrare una
corporation commerciale. La chiesa
è stata attenta, fin dal principio, a
camminare in equilibrio tra il sostegno
dei Giochi e del Comitato organizzatore,
e la necessità di agire in
una maniera che non arrecasse danno
agli sforzi compiuti dall’intera
comunità dello Utah, e non solo dai
mormoni».
Una posizione apprezzata da
mons. George Niederauer, vescovo
cattolico di Salt Lake City, che ha
fatto il paragone col 1960, quando
le Olimpiadi si svolsero nella città
del Papa: «È una sfida stare con grazia
nella maggioranza, così come
nella minoranza».
Per dimostrare che non erano solo
parole, i mormoni hanno accettato
di partecipare all’Interfaith
Round table, un forum che voleva
sottolineare il contributo di tutte le
religioni ai Giochi, anche se loro erano
il gruppo dominante. E il presidente
del Comitato organizzatore,
il mormone Mitt Romney, ha garantito
che nell’America multietnica e
multiculturale ci fosse lo stesso trattamento
per tutte le fedi. Stare nella
maggioranza con grazia, del resto,
sarebbe una sfida per chiunque.
«Noi – disse il presidente Hinckley
durante la Conferenza generale
dei suoi fedeli nell’aprile del 2000 –
siamo profondamente incompresi,
e temo che una larga parte di questo
problema dipenda da noi stessi.
Possiamo essere più tolleranti, più
aperti ai vicini, più amichevoli, più
di esempio di quanto non siamo stati
nel passato. È necessario insegnare
ai nostri figli a trattare gli altri con
amicizia, rispetto, amore e ammirazione.
Ciò produrrà risultati molto
migliori di un atteggiamento basato
sull’egoismo e l’arroganza».
Non male come autocritica per una
sètta che, almeno in casa propria,
rappresenta la stragrande maggioranza.
La Church of Jesus Christ of
Latter-day Saints, infatti, fondò lo Utah
nel 1847, scappando verso l’Ovest
per sfuggire alle persecuzioni a
Est. I seguaci credono in Cristo, a
modo loro, ma lo mettono sullo
stesso piano dei loro profeti, che tra
le altre cose adottavano la poligamia.

AL BANDO ALCOOL E CAFFÈ
È difficile, per un gruppo del genere,
non far sentire il proprio peso
a chi sta vicino.
Per esempio, se la mattina andando
al lavoro ti fermi a bere un caffè
al bar, o a pranzo prendi un bicchiere
di vino, hai già dimostrato di
essere nella minoranza. Le leggi dei
mormoni, infatti, vietano tanto l’alcornol
quanto la caffeina calda, e queste
regole ricadono su tutti gli abitanti
e i visitatori dello Utah. Per andare
a bere in un pub, infatti,
bisogna essere membri presentati da
un membro, e non si può ordinare
più di un drink a sera. Invece i ristoranti,
se hanno la licenza per gli alcolici,
devono tenerli nascosti dall’area
dove mangiano anche gli astemi.
Fare proselitismo con queste
regole, durante una festa come le Olimpiadi,
era difficile in partenza. E
infatti il Cio aveva chiesto ai leader
locali, in grande maggioranza repubblicani,
di rilassare le leggi almeno
nella zona dove si sarebbero
svolti i giochi.
Poi la maggior parte delle gare ha
avuto come epicentro Park City, che
è la gioia e il dolore dei mormoni. È
la gioia, perché come centro turistico
attira tanti visitatori e parecchi
quattrini. Ma è pure il dolore, perché
racchiude un’isola di peccato
dai tempi della sua fondazione.
Park City, infatti, nacque nel 1872,
quando tre soldati scoprirono una
miniera d’argento nella zona. In pochi
anni, la corsa ai minerali preziosi
la trasformò nella meta preferita
di banditi, avventurieri e cacciatori
di ricchezza, che portarono con loro
i propri vizi. Così, mentre i mormoni
dei villaggi vicini si chiudevano
nei loro harem di poligamia benedetta
dalla chiesa, i forestieri
aprivano in città i bordelli, tollerati
dalla complicità degli sceriffi.
Non a caso Robert Redford ha deciso
di riunire ogni anno, proprio a
Park City, il circo variopinto del
mondo dello spettacolo, per il festival
del cinema indipendente che ha
chiamato Sundance, ad onore e gloria
del bandito Sundance Kid, che
veniva dal vicino Wyoming.
A Salt Lake, nel febbraio 2002,
tutto si è svolto nella massima tranquillità.
I mormoni hanno sfoderato
il loro orgoglio nazionale e locale,
fatto riferimenti molto velati alla
religione e accolto con grande pazienza
e buon umore le migliaia di
sportivi e addetti ai lavori che si sono
trasferiti per un mese nella loro
capitale.

INTANTO
IL VESCOVO CATTOLICO…
In realtà, la curiosità del cronista
ha permesso di scoprire un mondo
cristiano molto più vivo e attivo di
quello che all’apparenza potrebbe
sembrare. Vi sono numerose minoranze
cristiane: luterani, episcopali,
metodisti, evangelici, battisti e cattolici
ma anche ebrei e moltissimi
musulmani.
L’esempio più importante è quello
della presenza cattolica a Salt
Lake e nello Utah. Il vescovo della
comunità cattolica è George Niederauer,
pastore di chiare radici tedesche,
cordiale e molto attento nel
conservare ottimi rapporti di vicinato
con i potentissimi mormoni.
Mons. Niederauer è primate della
chiesa cattolica di Salt Lake City dal
1995. Vive nei pressi della chiesa
della Maddalena, a tre isolati dal
Tempio dei mormoni, dove un accogliente
centro missionario offre la
possibilità di ristoro e colloquio per
i pellegrini (cattolici e non) che passano
da Salt Lake City.
I cattolici raggiunsero il lontano
Utah alla fine del Seicento, grazie all’opera
missionaria dei frati francescani;
ma solo nel 1861 nacque la
diocesi. Il vescovo snocciola dati interessanti:
i cattolici negli ultimi cinque-
sei anni sono passati dal 3% al
6-7% della popolazione dello Utah,
grazie ad una fortissima immigrazione
di ispanici provenienti da paesi
dell’America Centrale, in particolare
Messico e Portorico.
I rapporti con i mormoni sono
buoni soprattutto tra la leadership
della Chiesa dell’Ultimo giorno e il
vescovo. Durante l’anno si incontrano
per capire come promuovere
prassi di dialogo e collaborazione.
Più complessa è la situazione a livello
di base; spesso ci sono incomprensioni
soprattutto nelle aree rurali
e tra coloro che hanno una scolarizzazione
elementare.
Niederauer cerca, con insistenza e
abnegazione, di far progredire il dialogo,
soprattutto dopo che il proselitismo
dei mormoni dei primi decenni
sta molto cambiando. Ora è
più rispettoso delle fedi altrui e cerca
di capire ragioni e sentimenti delle
minoranze, anche quelle che vivono
nella «mecca» dei mormoni. I
cattolici dello Utah sono comunque
molto organizzati, ricorda il loro pastore.
Vi sono tre grandi scuole superiori,
10 scuole elementari. L’azione
di evangelizzazione e promozione
della carità si concentra molto
nelle realtà parrocchiali, che spesso
vivono a fianco delle comunità dei
mormoni, in pubblicazioni, movimenti
di riflessione e di volontariato,
in un organizzato e vivace foyer
nei pressi della cattedrale della Maddalena.
Mons. Niederauer ci ricorda che,
sebbene il 90% della popolazione aderisca
alla chiesa dei mormoni, così
come per il resto delle religioni, il
processo di secolarizzazione e modeizzazione
coinvolge anche questa
popolazione. Le rigide prescrizioni
della Chiesa dei Santi dell’Ultimo
giorno sono rispettate, e in se è
un fatto positivo, ricorda il vescovo;
«ma spesso quello che manca è un
discernimento tra realtà temporale
e realtà trascendente, incarnazione
della fede nella storia e separazione
tra fede e politica».
In questo, i pochi ma convinti cattolici,
secondo Niederauer, cercano
di dare un contributo a tutta la popolazione
dello Utah. Ancora di più
dopo la tragedia dell’11 settembre,
che ha consolidato lo spirito nazionale
e la solidarietà, soprattutto
in questa America
profonda.

(*) Luca Rolandi, giornalista, è autore
di alcuni saggi di storia religiosa
e di lavori documentaristici per la
Nova-T produzioni televisive.

Sulla tematica delle chiese nordamericane
si vedano i libri: MASSIMO
INTROVIGNE, I mormoni. Dal Far
West alle Olimpiadi, Elledici,
Torino 2002;
PAOLO NASO, God
Bless America. Le religioni degli
Americani, Editori Riuniti, Roma
2002.

LE OLIMPIADI E LA DIMENSIONE RELIGIOSA
Nel periodo dei giochi olimpici a Salt Lake City erano presenti molti assistenti
spirituali di varie confessioni religiose tra i quali mons. Mazza, cappellano
della nazionale italiana. Il prelato ha notato con soddisfazione l’assoluta
libertà e rispetto dimostrata dai mormoni nei confronti di credenti di altre
religioni o confessioni.
A Lake City si sono, inoltre, svolti incontri e briefing sul tema religioso. Due
pastori evangelici valdesi sono stati invitati a partecipare ad un brief da David
Willson, il quale dirige un’organizzazione che si chiama «Global Events
Group» e che viene finanziata da alcune fondazioni per portare la testimonianza
cristiana nell’ambito dei grandi eventi sportivi mondiali. Per l’Italia erano presenti:
Simone Baccella, Giuseppe Platone (pastore di Torino) e Renato Ribet
(pastore di Pinerolo). Oltre agli italiani erano presenti: un greco in vista delle
prossime olimpiadi estive, un sudafricano (per i campionati mondiali di cricket),
due inglesi di Manchester per i giochi del Commonwealth, un rappresentante
delle Società bibliche, un missionario in Cina per le olimpiadi di Pechino.
Nel corso dei cinque giorni d’incontro è stato illustrato il lavoro organizzato
dalle chiese per queste olimpiadi. Lo scopo è quello di «promuovere» anche
per i prossimi Major Events una presenza simile, col supporto della «Global
Events Group». Il movimento si muove sotto la sigla «More than Gold» (più dell’oro,
Pietro 1,7), che è attiva dalle olimpiadi di Atlanta (1996).

MORMONI D’ITALIA
Liliana Vercellotti e Sabrina Gironda, native di Vercelli, ma residenti nello Utah,
raccontano la loro storia.
La testimonianza di due ragazze piemontesi

Liliana Vercellotti, 30 anni, conosce i mormoni in
Italia. «Incontrai – ci racconta a Salt Lake City,
dove oggi vive – la chiesa di Mormon a Vercelli attraverso
le sorelle missionarie. Chiesi loro di poter
seguire alcune lezioni che spiegano i principi fondamentali
della “Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’Ultimo
giorno”. Ero attiva e credevo in certi principi
di fede; andavo in chiesa piuttosto regolarmente
la domenica e pensavo di conoscere abbastanza
(anche se ora riconosco che la mia conoscenza era,
invece, piuttosto limitata) la bibbia. Quando iniziai
i colloqui con le sorelle missionarie, nello stesso tempo
mi impegnai a leggere di più la bibbia, in particolare
il vangelo. Iniziai anche la lettura del “Libro
di Mormon”, ovvero il resoconto di profeti antichi e
di come il Signore parlò, dopo la sua resurrezione,
alle persone in America. Le mie prime impressioni
riguardo a ciò che stavo imparando erano di pace e
di interesse. La cosa più bella è che tutto ciò che stavo
imparando non confutava o distruggeva quelle
che erano le mie convinzioni precedenti, ma le integravano
e arricchivano; anzi, a volte le rafforzavano
e mi davano più comprensione su Gesù Cristo.
Cominciai a leggere anche l’Antico Testamento e la
mia comprensione ed amore per Gesù e Dio Padre
è cresciuta. Ho imparato a vivere la mia vita pregando
e cercando ogni giorno di migliorare, di portare
pace e gioia alle persone che mi circondano;
non che prima fossi molto diversa o all’opposto di
questo; solo avevo una fede meno convinta. I membri
di questa chiesa non sono perfetti, ma ogni giorno
cercano di migliorarsi».
Sabrina Gironda, anche lei trentenne, ci lascia
questa testimonianza. «È sempre difficile spiegare
il perché una persona vuole cambiare religione
e vita così drasticamente. Se tu mi avessi conosciuto
a 22 anni, mai avresti pensato che sarei diventata
una persona che va in chiesa ogni domenica,
ma è successo. Conobbi i missionari mormoni tramite
mia sorella. Lei lavorava in una libreria a Vercelli
e i missionari la invitarono a seguire un corso
di inglese gratuito. Così, nel luglio del 1993, io e
mia sorella iniziammo a frequentare quelle lezioni.
Nel gennaio 1994, dopo essere diventate amiche
con i missionari, cominciammo a seguire le 6 lezioni
che tutti i missionari mormoni del mondo impartiscono
agli interessati. Ad aprile, mia sorella decise
di farsi battezzare. Io non avevo mai pensato seriamente
a farmi battezzare. Andavo in chiesa, ma
cambiare la mia vita non era proprio la mia idea. Dopo
il battesimo di mia sorella, mi resi conto che la
mia vita non poteva più essere la stessa. Dovevo sapere
se quello che i missionari mi avevano insegnato
era vero. Così incominciai a leggere seriamente
il libro di Mormon e a pregare per sapere chi aveva
ragione e se avrei davvero dovuto battezzarmi. Passai
alcuni mesi di vera crisi spirituale. Avevo tanti amici
nella chiesa e mi piaceva andare ogni domenica
ad imparare di più riguardo alle scritture; ma non
bastava; dovevo avere una risposta da Dio e così fu.
Capii che quella era la strada giusta per me: il 28 agosto
1994, all’età di 22 anni, mi battezzai. Lasciai
il mio ragazzo che non voleva accettare la legge di
castità; smisi di bere e di fumare.
Nel maggio del 1997 mi trasferii
a Salt Lake City e, tramite un amico
comune, conobbi mio marito.
Ci sposammo in Italia in una
chiesa dei mormoni, ma poi decidemmo
di suggellare la nostra unione
con una cerimonia nel Tempio
di Salt Lake City, che significa
unione per l’eternità. Delle mie
scelte non mi sono pentita nemmeno
per un giorno. Insomma, rifarei
tutto».

Luca Rolandi

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