Se Gesù avesse incontrato i musulmani

L’islam e il rapporto tra cristiani e musulmani in Italia e nel mondo sono temi rilevanti di Missioni Consolata. Nel 1989 uscì il numero monografico «Allah il più grande». Seguirono vari dossiers e articoli.
Nel 1999 pubblicammo testimonianze di cattolici italiani convertiti all’islam. Lo facemmo con spirito critico, per mettere sul «chi va là» i superficiali, pronti a mettersi sotto la «sharia» del corano. Scrivemmo allora: «Quanti presunti cristiani, che abbandonano la loro religione, hanno veramente sperimentato che Gesù Cristo, figlio di Dio, è la via, la verità, la vita? È lui “il” salvatore di tutta l’umanità. Lo affermiamo con fede e coraggio».
L’articolo di Michel Barin «La moschea nel convento» (Missioni Consolata, giugno 2000) presenta un’altra esperienza: in alcuni locali affittati, presso un istituto di suore della Valle d’Aosta, si tengono lezioni di arabo e si celebrano festività islamiche. Le lettere seguenti commentano il fatto. Qualcuno contesta duramente Michel Barin.

Non scherziamo,
per favore!

Rabbia, tristezza e delusione sono stati i nostri sentimenti dopo aver letto l’articolo «La moschea nel convento», pubblicato su Missioni Consolata di giugno 2000. Poco è servito a consolarci la provocazione finale di Michel Barin, che risponde riportando le verità che sembrano non essere prese in considerazione da un sedicente ecumenismo.
Ecumenismo, parola ambigua per molti. Si pensa che il cristiano d’oggi debba non solo accettare le varie religioni, ma anche approvarle, a scapito della propria fede. Ma l’ecumenismo non deve danneggiare il proprio credo.
Noi pensiamo che il rispetto per chi aderisce ad una religione non cristiana significhi aiutare chi è nel bisogno: se ha fame, dargli da mangiare; se ha sete, dargli da bere, ecc. E, se un musulmano si prostra a terra per pregare Allah, è rispetto non impedirglielo. Il suo è un diritto, che però non deve calpestare il nostro. Perché non possiamo dichiarare che Maria è madre di Dio? Perché dobbiamo dire che è solo madre dell’uomo-Gesù? Solo per non far arrabbiare i musulmani, che ritengono Gesù-Dio una bestemmia? Ma scherziamo! Si insegni pure l’arabo, la cultura e religione islamica… purché ciò faciliti il dialogo vero, che permetta di accettare l’altro per quello che è, ma non violi le verità trasmesseci da Gesù e dalla chiesa.
Come cattolici ci sforzeremo sempre di aiutare chi è nel bisogno, senza alcuna distinzione: Gesù ce l’ha dimostrato. Ma quanto avviene ora non è ecumenismo. Noi, ad esempio, non vogliamo collaborare con fondi affinché si ergano qua e là moschee (è già avvenuto), perché solo così saremmo cristiani. Altro che evangelizzazione! Questa è islamizzazione!
Se le crociate di ieri sono oggi condannate, non commettiamo il peccato inverso. Sì, riteniamo peccato permettere che la nostra fede venga deformata… per non dispiacere a qualcuno e non apparire anti-ecumenici. È una presa in giro dei missionari, che rischiano la vita proprio nei paesi islamici. Soprattutto è un’offesa a Colui che ha dichiarato di essere il compimento delle scritture, che Lui solo è la via, la verità, la vita. E nessun altro.
Non vogliamo mettere in bocca a Dio i nostri pensieri. Ma dubitiamo molto che Gesù, se avesse incontrato i musulmani, li avrebbe lasciati nei loro errori o addirittura esortati a continuare, solo perché rispettoso dell’uomo. Gesù è morto per essersi dichiarato figlio di Dio e per amore della verità. E noi dovremmo trovare un compromesso falsificando la verità fatta uomo! Stiamo forse perdendo la nostra identità cristiana?
Davide e Anna – Maranello (MO)

Fate bene, amici, a non mettere in bocca a Dio i vostri pensieri, specialmente in campo teologico. Egli infatti potrebbe rispondere: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55, 8).

Siamo figli, non schiavi

È curioso che un nemico dei vecchi «imprimatur» cattolici, quale io sono, si trovi ad essere sugli spalti dell’ortodossia insieme a Michel Barin. Condivido in pieno il suo articolo: si parla del «buonismo cattolico davanti all’integralismo del corano». La cultura occidentale si è liberata dall’integralismo. Siamo lontani anni luce dal taglio della mano, dalla fustigazione, dalla lapidazione e da altre sconcezze. Sulla lapidazione dell’adultera Gesù è stato molto chiaro. Altrettanto sul ripudio della moglie…
Il dialogo presuppone apertura mentale e approfondimento delle posizioni della controparte. Quale approfondimento del cristianesimo mostrano le persone che pensano che Gesù non sia morto in croce e che la Trinità sia formata da Padre, Figlio e Madonna?
Ricordo pure che nel vangelo ci viene detto che non siamo schiavi di Dio, ma figli: un concetto lontano dai musulmani, i quali, nonostante la loro religione sia più giovane della nostra, sono rimasti fermi a qualche millennio fa (al Dio di Abramo e Isacco).
Carlo May – Milano

Vi sono pure musulmani aggioati, con i quali il dialogo è fruttuoso.

Non lasciarsi abbagliare

Concordo con Michel Barin. È indubitabile che il movimento migratorio (e, in particolare, l’invasione islamica) sia un fenomeno irreversibile che non possiamo né frenare né demonizzare. Bisogna però saperlo gestire. Il pericolo maggiore non proviene solo dall’invasione di tanti musulmani, quanto piuttosto dall’ignoranza religiosa di troppi cristiani. Questi sono «solo» battezzati, ma non conoscono quasi nulla della loro religione; perciò non l’amano e sono pronti a passare anche all’islam!
A tale preoccupante situazione non si può rimediare solo con corsi di cultura islamica, come sembra illudersi il giornale diocesano di Aosta. Uno pseudo irenismo reca pessimi frutti. Non è questo il dialogo di cui parla il papa. Che teologi e specialisti approfondiscano la conoscenza dell’islam va bene. Più ci si conosce e più si potrà sperare di convivere in pace. Ma i nostri cristiani comuni hanno bisogno, prima di tutto, di istruirsi nella loro religione. Altro che istruirsi sull’islam!
Come possono i cristiani vedere i punti di divergenza fra Gesù e Maometto, se non conoscono la loro religione? Si lasceranno facilmente attrarre dai lati positivi dell’islam, che li abbaglieranno, e finiranno di pensare (per lo meno) che una religione vale l’altra. Alla presenza massiccia dell’islam, il migliore antidoto è intensificare lo studio della nostra religione.
Margherita Massaia
Vicoforte (CN)

Gli immigrati musulmani in Italia, all’inizio del 1999, erano 436.000, su un totale di 1.250.000 stranieri legali. I termini «invasione» e «presenza massiccia» non sono appropriati.
Le crociate «alla Barin»

Gentile direttore, le comunico il mio disappunto e quello della congregazione delle suore di San Giuseppe in riferimento a «La moschea nel convento». Dall’articolo emergono punti contraddittori sul reale contenuto dell’intervista che ho rilasciato. Nei locali occupati dalla cornoperativa «La Sorgente» non viene insegnato il corano, ma l’arabo, così come vengono insegnate altre lingue utili per l’inserimento in Italia di stranieri.
È decisamente errata l’affermazione (attribuitami) che le suore di San Giuseppe non sono missionarie. Per non parlare dell’accostamento grottesco di alcune affermazioni, con il chiaro intento di non stimolare una riflessione ecumenica, ma di dar luogo, probabilmente, ad uno sfogo personale.
Sono certa che lei saprà chiarire ai suoi lettori che, nella nostra comunità, non vi è alcun nesso tra «moschea» e «convento».
sr. Consolata Tonetti – Aosta

Sono il direttore del Corriere della Valle d’Aosta e scrivo in merito all’articolo di Michel Barin. È una clamorosa montatura. Le accuse, lanciate alla nostra collaboratrice Carla Jacquemod e al settimanale da me diretto, sono totalmente infondate, sfiorano il ridicolo.
Signor direttore, sarei ancora al mio posto se il nostro giornale facesse propaganda per l’islam? Aprire un dialogo con le religioni monoteistiche non mi autorizza a propagandare la religione musulmana attraverso lezioni di corano o a proporre un islam bonario…
Non era più prudente telefonare al vescovo della nostra diocesi per capire come fosse possibile una simile follia?… A volte si pensa che più la cosa è incredibile più è vera.
Il modus operandi del vostro collaboratore è molto discutibile e, per questo, vi invio il nostro articolo incriminato. Barin potrebbe rendere più giustizia alla sua causa se vi raccontasse i suoi contatti con l’islam e tutte le problematiche che ne sono nate, piuttosto che esprimere certe idee sul mondo islamico mettendo in mezzo un giornale che ha 50 anni di storia e ci tiene alla propria reputazione. Le crociate alla Barin contro «infedeli» e «ipotetici collaborazionisti» appaiono poco utili ad affrontare il serio problema dell’islam.
Chiedo la pubblicazione della mia lettera e penso che siano d’obbligo le scuse verso le persone diffamate dal vostro giornale.
Fabrizio Favre – Aosta

Lettera che ne raccoglie altre due, ossia la protesta di Carla e Riccardo Jacquemod, citati da Michel Barin.
Missioni Consolata non indaga sulla vita privata dei suoi articolisti. Ma non sposa le idee di tutti. Però tutti possono dire la loro (anche sbagliando), e tutti possono replicare.
Se uno scritto ci pare unilaterale, lo facciamo notare: o affiancandogli un altro con una tesi diversa o affermandolo. Così è stato anche per Barin. Il suo articolo, da noi definito «molto critico» verso l’apertura all’islam, copre 3 pagine in un dossier di 20. «Una» voce accanto ad «altre». La verità non è mai tutta da una parte.

aa.vv.

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