Comprendere l’Islam

Perché non ci capiamo niente?

testo di Chiara Brivio


Nato 14 secoli fa, l’islam presenta oggi forme diverse. Di solito facciamo l’errore di non darci il tempo per capire la sua complessità e di pensare di poterlo ridurre a pochi concetti. Ma l’islam non è una realtà monolitica, al suo interno ci sono correnti, dottrine, modi di vivere la religione diversissimi tra loro. Entrare in dialogo con i suoi fedeli è la strada maestra. Ne parliamo con il domenicano Adrien Candiard, studioso di islam residente in Egitto.

Adrien Candiard, domenicano francese, classe 1982, è una delle giovani voci più interessanti della Chiesa di oggi. Oltre a essere un apprezzato autore di spiritualità (in Francia i suoi libri hanno ottenuto numerosi riconoscimenti), è anche un esperto di teologia islamica impegnato «sul campo» nel dialogo interreligioso.

Dopo gli studi in scienze politiche alla prestigiosa Sciences Po di Parigi, entrato nello staff di Dominque Strauss-Khann per le primarie socialiste in vista delle presidenziali francesi del 2006, lo lascia in corsa a causa di posizioni divergenti sui temi etici.

In quello stesso anno entra nell’Ordine domenicano e oggi vive al Cairo dove insegna all’Ideo, l’Istituto domenicano di studi orientali.

L’abbiamo intervistato a partire da due sue recenti volumi usciti in Italia per l’Editrice missionaria italiana: Pierre e Mohamed. Algeria, due martiri dell’amicizia, titolo anche di uno spettacolo teatrale in scena in questi giorni in diverse località italiane, e Comprendere l’islam. O meglio, perché non ci capiamo niente, un breve e interessante saggio sui pregiudizi, le fake news e le nostre incomprensioni rispetto alla religione musulmana.

Il suo libro Comprendere l’islam parte da un paradosso. Lei scrive: «Più lo si spiega, meno lo si capisce». Perché è così difficile comprenderlo? È vero che non esiste un «unico islam»?

«Non lo possiamo comprendere perché l’islam è una realtà molto complessa. È una realtà sociale, intellettuale, religiosa nata 14 secoli fa in un territorio amplissimo, e che nel tempo ha preso forme diverse. Noi molto spesso non vogliamo prenderci il tempo di capire questa complessità, vorremmo poterla spiegare con pochi concetti. Infatti l’errore che di solito facciamo è quello di considerare l’islam una realtà unica, monolitica, quando invece al suo interno ci sono correnti, dottrine, modi di vivere la religione diversissimi tra loro e che vediamo manifestarsi molto bene oggi nella crisi che l’islam sta attraversando. Parte di queste difficoltà sono causate dalle divergenze tra gli stessi musulmani».

Di recente ha affermato che «prendersi il tempo di ascoltare i nostri vicini musulmani sulla loro fede è un modo per fare esperienza dell’islam». Lei pensa che nell’Europa di oggi, dove soffiano pericolosi venti nazionalisti e sovranisti, si possa superare la reticenza nell’ascoltare, comprendere e accettare chi ha una cultura, una lingua o una religione diversa?

«Nella Bibbia l’espressione “non abbiate paura” è ripetuta oltre 365 volte, forse perché per l’essere umano è normale avere paura. La paura dell’islam, dell’immigrazione, dei cambiamenti che stiamo vivendo in tutta Europa, sono normali, ma non dobbiamo disprezzare chi prova questi sentimenti, al contrario, dobbiamo prenderli sul serio. Queste paure vanno comprese, non devono però dominarci né dettare ciò che pensiamo, per questo è importantissimo incontrare persone diverse, fuori, per vedere che non sono soltanto dei musulmani, ma che hanno tante altre caratteristiche, e che alla fine sono degli esseri umani come noi. Quando si ha la possibilità di fare amicizia, e questo si può fare, non si vede solo un musulmano, si vede un’altra persona. Poi magari si scopre che le nostre paure erano un po’ troppo generiche».

Perché nel suo libro e spettacolo teatrale Pierre e Mohamed ha scelto di raccontare l’amicizia tra il vescovo di Orano in Algeria e il suo autista Mohamed, uccisi insieme nel 1996 da una bomba dei fondamentalisti islamici?

«La loro mi sembrava una bella storia che ci parla di amicizia. Secondo me l’amicizia è una virtù anche cristiana – non solo, ma anche cristiana – ed è ciò che rende possibile l’incontro tra le religioni. A questo proposito: spesso mi viene chiesto se è possibile un dialogo tra le religioni. Io rispondo di no, che il dialogo si stabilisce tra le persone, non tra le religioni. Questa storia di amicizia mi sembrava un bel simbolo da proporre in questi tempi. Ce n’è più che mai bisogno».

Riguardo alla presunta incompatibilità tra islam e democrazia, in Comprendere l’islam lei afferma che «come per ogni trasformazione di grande entità, essa ha bisogno di discussione, le cui conclusioni non possono essere scritte in anticipo». Ce lo può spiegare meglio?

«Mi viene in mente spesso una teoria che è stata popolare in Francia fino al 1945 e che riguardava i tedeschi. Si diceva che era impossibile per loro, a causa della loro germanicità, vivere in uno stato democratico. Poi si è visto che questa germanicità non impediva il processo democratico, anzi. Secondo me non esistono delle impossibilità strutturali essenziali. È ovvio che nelle culture islamiche, che tra l’altro sono diverse tra di loro, ci sono degli ostacoli nei confronti della democrazia, tuttavia questi sono ostacoli umani. Le evoluzioni sono possibili, le abbiamo viste in quasi tutti i paesi musulmani nel ‘900, quando sono nate legislazioni civili, parlamenti, anche se forse in poca democrazia. Guardiamo per esempio alla Tunisia di oggi, che si sta inventando un modello di democrazia in un paese arabo islamico, pur con tutte le difficoltà del caso. Vedremo come questo modello si evolverà».

Da dove viene il terrorismo islamista?

«Il fenomeno del terrorismo non può essere spiegato del tutto solo dalla teologia, perché non è solo un fenomeno religioso, ma anche dalla psicologia, dalla geopolitica e da altre discipline. Però dal punto di vista religioso l’islam di oggi sta attraversando una grave crisi di legittimità. Nell’islam sunnita le autorità tradizionali vengono messe in discussione da un movimento di riforma chiamato salafismo, che è nato nell’800 ma che ha trovato slancio nel secondo ‘900 e che sta creando una fortissima destabilizzazione. Il terrorismo è anche conseguenza di questo».

Il documento sulla fratellanza umana firmato da papa Francesco e da Ahmad Al-Tayyib, grande imam di Al-Azhar, durante il viaggio del santo padre negli Emirati Arabi Uniti, è considerato da molti un documento epocale in termini di apertura e dialogo tra cristiani e musulmani. Che valore ha questo documento e come è stato ricevuto in Egitto, dove lei risiede?

«È un documento molto importante non tanto per il suo contenuto, ma per il fatto di essere stato scritto a quattro mani da due autorità, una cristiana e una musulmana. È una cosa nuova e molto bella che ci dimostra che questo dialogo è possibile. In Egitto è stato preso molto sul serio, e il grande imam l’ha fatto leggere e studiare a tutti i suoi allievi, che rappresentano milioni di persone. Penso comunque che ci vorrà del tempo per comprendere a fondo le conseguenze e le implicazioni del documento».

Chiara Brivio


Comprendere l’islam

Dall’11 settembre l’islam è stato analizzato in centinaia di testi. I talk show ci bombardano di pareri e opinioni. Spesso la discussione pubblica viaggia sulla strada della semplificazione. E semplificare una religione che coinvolge oltre un miliardo di persone non le rende giustizia.

Adrien Candiard, che l’islam lo studia da anni abitando in terra islamica, ci consegna in queste pagine una fotografia più realistica di cosa sono e di cosa significano gli islam: quello sciita, quello sunnita e quello di altre minoranze.

Candiard smaschera tanti pregiudizi e ci apre a un dialogo intelligente insegnandoci il rispetto per la pluralità.

Il libro: Adrien Candiard, Comprendere l’islam. O meglio, perché non ci capiamo niente, Emi, Verona 2019, pp. 128, 13 Euro.

da emi.it


Pierre e Mohamed

Due amici: Pierre Claverie, un vescovo cattolico, Mohamed Bouchikhi, un giovane musulmano. Il primo ha scelto di restare in Algeria per testimoniare Cristo dentro la violenza del terrorismo. Il secondo ha deciso di diventare il suo autista. Intorno a questi due personaggi, reali come la vita e la morte, infuria la guerra civile: siamo nell’Algeria degli anni Novanta, 150mila morti ammazzati nello scontro fratricida fra integralisti islamici e militari.

Le due voci sono quelle del vescovo Pierre che resta a fianco del suo popolo come chi rimane «al capezzale di un fratello ammalato, in silenzio, stringendogli la mano». Per questo motivo oggi la chiesa lo riconosce martire. E dell’autista Mohamed, ben consapevole del rischio, che resta accanto all’amico cristiano in pericolo di vita. Fino alla fine, fino a quel drammatico 1° agosto 1996.

Il libro: Adrien Candiard, Pierre e Mohamed. Algeria, due martiri dell’amicizia, Emi, Verona 2018, pp. 88, 9,50 Euro.

Da questo libro è stata tratta una pièce teatrale replicata 1.400 volte in 7 diversi paesi del mondo. Da settembre 2019 lo spettacolo è anche in Italia.

da emi.it

 

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