Anno santo al rovescio

Giacomo Mazzotti

Abbiamo assistito, con gioia, all’apertura della prima porta santa del Giubileo a Bangui, capitale della Repubblica Centroafricana diventata, per l’occasione, «capitale spirituale del mondo». Un’apertura davvero missionaria. E, il 13 novembre scorso, alla chiusura delle varie porte sante sparse, con non poca fantasia, un po’ dovunque nel mondo. Mi è venuta, allora, in mente una lettera, nella quale don Tonino Bello raccontava: «Quando c’è stata l’inaugurazione dell’anno giubilare, mi sono avvicinato alla porta di ingresso della chiesa, ho battuto tre volte, la porta si è spalancata e io sono entrato nel tempio carico di luci, tutto il popolo dietro di me, la folla esultante. Io vorrei invece poter inaugurare, un giorno, un anno santo al rovescio. Tutti quanti in chiesa, il vescovo vicino alla porta chiusa, con il martello che batte, la porta che si apre e il popolo di Dio che esce sulla piazza per portare Gesù Cristo agli altri. Sì, perché oggi il problema più urgente per le nostre comunità cristiane è quello di aprire le porte che, dall’interno del tempio, diano sulla piazza… I battenti si schiuderanno. E voi, folla di credenti in Gesù Cristo, uscirete sulla piazza per un incontenibile bisogno di comunicare la lieta notizia all’uomo della strada». Questo “anno santo al rovescio”, immaginato dall’indimenticabile vescovo di Molfetta, mi è rimasto nel cuore e si è intrufolato nei sogni che normalmente si fanno all’inizio di un nuovo anno. Un anno da cominciare con la stessa ansia missionaria che viene dritta dal Vangelo e che ci è stata trasmessa dal nostro beato Fondatore, Giuseppe Allamano quando, ad esempio, con un’espressione colorita ma efficace, ci diceva: «Voi dovete essere missionari nella testa, nella bocca e nel cuore». Come dire: la Missione, l’annuncio, la testimonianza, “lo zelo (o passione) per le anime” – come si diceva una volta – sono i fili di una normalissima trama, entro cui dovrebbero scorrere i giorni che il Signore ci concederà in questo nuovo anno di grazia. Uscendo, condividendo, incontrando, facendo vedere, senza timori o paure, che il Signore Gesù è… la cosa più bella che potesse capitarci. E desiderando che gli altri lo sappiano. Per prolungare, così, quell’ondata di misericordia che l’Anno santo appena concluso ci ha spinto ad assumere come Dna della nostra identità cristiana. E per non essere missionari a metà, ma «nella testa, nella bocca e nel cuore». Auguri!

Giacomo Mazzotti

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