Cari missionari

Inesattezze

Caro Direttore,
ho letto il suo editoriale «Golia 2010» sul numero di luglio-agosto di Missioni. Non mi hanno colpito tanto le inesattezze (volute? dovute a disinformazione? Entrambe ipotesi disdicevoli ad un giornalismo irreprensibile come il vostro). [La lettera contiene poi puntualizzazioni su tre punti: l’attacco alla Freedom Flottilla, il giudizio sul ruolo della Turchia e la liberazione di A. Lano].
Questo, ed altro; ma – come dicevo all’inizio – non sono state tanto le inesattezze ad addolorarmi quanto il clima che si sprigiona dall’editoriale che per me ha evocato (spero a torto) una parola inquietante: antisemitismo. Con tutto ciò rinnovo l’espressione della mia immutata ammirazione per i tanti, ottimi servizi della rivista, che da decenni mi porta il mondo in casa. Cordialmente.
F. Aschieri e Vassia Carla
sostenitori da mezzo
secolo delle Missioni della Consolata – Cumiana (TO)

Intervengo con poche righe di risposta alla lettera «Inesattezze», scritta in reazione all’editoriale «Golia 2010», da me firmato in quanto allora direttore editoriale di Missioni Consolata. Vi sono infatti due sottili insinuazioni che non accetto e che mi permetto di segnalare, senza voler fare eccessiva polemica. La prima riguarda la mia presunta malafede. Se avete riscontrato inesattezze, queste non sono state «volute». Anzi, a ben vedere, le inesattezze da voi segnalate altro non sono che interpretazioni diverse dalle mie di fatti che restano documentati negli archivi dei maggiori mezzi di informazione del nostro paese e inteazionali (e su cui si continuerà a discutere all’infinito). Non credo di avere scritto nulla di falso, al massimo, sicuramente, di non condivisibile. Sono dell’idea che il bianco e il nero non sono i colori più adatti a rappresentare una realtà complessa come quella Medio Orientale che è invece fatta di molti grigi. Potremmo restare a discutere per delle ore su Gaza, sul ruolo della Turchia e alla fine continuare a non essere d’accordo. A consolazione di quanto da me scritto va il fatto che, il 29 settembre scorso (quattro mesi dopo i fatti in questione), il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione che condanna le forze israeliane per aver violato le leggi inteazionali nel blitz condotto contro la Freedom Flotilla diretta a Gaza (anche se Israele, com’è logico, non accetta questa sentenza).
La seconda insinuazione, più grave, riguarda il mio presunto antisemitismo. Perdonatemi, il Dizionario Garzanti della lingua italiana, definisce l’antisemitismo come «ostilità, intolleranza nei riguardi degli ebrei». Esprimere dissenso e protesta nei confronti della politica del Goveo di Tel Aviv non significa assolutamente voler disprezzare gli ebrei e la loro fede. Ci sono ebrei che dissentono dal modo in cui il governo di Israele tratta la questione palestinese, lo sapete meglio di me. L’equazione «critica a
Israele = antisemitismo» può far comodo ad alcuni, ma non è applicabile a Missioni Consolata.
Ugo Pozzoli

Non Solo
Vacanza

Non ho mai baciato, abbracciato e stretto mani così tanto come in quella vacanza in Colombia durante lo scorso agosto. Se potessi darle un titolo sarebbe: «La vacanza dell’accoglienza», un valore che invece troppo spesso dimentichiamo di coltivare (ed insegnare) nei gesti quotidiani. Quanti volti, quante persone ho incontrato e conosciuto! Quello che mi ha colpito di più è stato il continuo contatto con la gente delle parrocchie di Bocachica e Marialabaja, sempre pronta ad accoglierci: una porta aperta, una sedia offerta e tanti racconti di vita quotidiana. Niente ferma questa gente; né le difficoltà, né la povertà. Sono pronti a donare un sorriso, un aiuto a quelli che hanno meno di loro. Si accontentano semplicemente di un tetto sulla testa. Poi, non importa se dal tetto entra acqua, anzi può essere un segno di grazia, si raccoglie e non si butta. Tutto è un dono. Non chiedono molto, solo di essere ascoltati e di parlare, di stare con loro e trascorrere del tempo nelle loro case. Questi momenti sono, per questo popolo, molto importanti: in qualche modo ci hanno chiesto di condividere la loro vita. Essi, danno molta importanza alle persone: le «cose» da fare possono aspettare. Non c’è premura nei loro incontri, non importa se si fa tardi, c’è sempre tempo per le cose; sono le persone che hanno la priorità. Così, ogni incontro diventa un momento di gioia e una festa.
Ho avuto la fortuna di fare questa vacanza speciale perché ho incontrato la comunità dei Padri della Consolata di Bevera, dove Padre Gianfranco Zintu ha organizzato un viaggio – incontro in Colombia per un piccolo gruppo di giovani (vedi foto sotto). Questa vacanza mi ha fatto apprezzare quello che abbiamo e mi ha fatto riflettere sull’enorme ricchezza che possediamo: «l’umanità», che non fa differenze di religione o di razza. Riscopriamo l’amore che batte dentro il cuore e che tendiamo invece a far tacere a vantaggio della ricchezza materiale!
Wilma
Marialabaja – Colombia
 Agosto 2010

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