Il missionario viaggiatore

Anno paolino

Paolo di Tarso è il grande missionario viaggiatore. Si calcola che abbia percorso più di 15.000 km per le strade dell’impero romano, che aveva reso più sicuri i viaggi per mare e sviluppato una fitta rete stradale che collegava Roma alle regioni più lontane dell’impero: i missionari cristiani poterono così portare il nome di Gesù nelle varie regioni dell’impero.
La seconda parte degli Atti degli Apostoli si concentra soprattutto sull’attività missionaria di Paolo, rappresentata sotto forma di tre viaggi missionari, più un quarto come prigioniero da Cesarea a Roma. Ognuno di tali viaggi è caratterizzato da un discorso chiave di Paolo riguardante vari aspetti della missione: predicazione ai giudei nella sinagoga di Antiochia di Pisidia (Atti 13,16-41); predicazione ai pagani nell’Areopago di Atene (17,22-31) e addio ai presbiteri di Efeso a Mileto, vero testamento pastorale dell’apostolo (20,17-38).

Il primo viaggio (Atti 13,1-14,28) inizia ad Antiochia di Siria, ove era nata una vivace comunità cristiana tra i pagani greci: questa comunità invia in missione il cipriota Baaba e Paolo (13,1-3). Salpati da Seleucia sulla costa siriana, attraversano l’isola di Cipro e giungono alle coste meridionali dell’Anatolia, oggi Turchia; toccarono le città di Attalìa, Perge, Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra e Derbe e ritornarono al punto di partenza.
All’inizio del viaggio il nome di Baaba viene sempre prima di Saulo; poi sembra sia questi a prendere il comando della spedizione: da 13,9 il nome Saulo viene sostituito con quello di Paolo, quasi che, all’incontro col mondo pagano, egli preferisca usare il nome romano, Paulus, invece di quello ebraico, Saulo.
La strategia è sempre quella di rivolgersi prima agli ebrei, mostrando come Gesù adempie le profezie messianiche: il discorso nella sinagoga di Pisidia è il modello di tale evangelizzazione. Poi, anche a causa della scarsa risposta degli ebrei, Paolo e Baaba si rivolgono sempre più ai pagani e sono stupiti dalla loro risposta positiva al loro annuncio. Rientrati ad Antiochia essi condividono con la comunità la loro esperienza (Atti 14,27).

Il secondo viaggio missionario (Atti 15,36-18,22) inizia con la separazione tra Paolo e Baaba. Baaba e Marco ripartono per Cipro; Paolo, con il nuovo compagno Sila, attraversa Siria e Cilicia e raggiunge Listra, dove accoglie con sé Timoteo, che avrà un ruolo molto importante nelle missioni di Paolo. Percorsa l’Anatolia centrale, essi raggiungono la città di Troade, sulla costa settentrionale del Mar Egeo. «E qui si ebbe di nuovo un avvenimento importante: in sogno vide un macedone dall’altra parte del mare, cioè in Europa, che diceva, “Vieni e aiutaci!”. Era l’Europa futura che chiedeva l’aiuto e la luce del vangelo» (Benedetto xvi). Sulla spinta di questa visione entra in Europa: sbarcato a Neapoli, arriva a Filippi, ove fonda una bella comunità, la prima in Europa, seguita poi da quella fondata a Tessalonica.
Il centro del viaggio è il discorso all’Areopago di Atene (Atti 17,22-34). «In questa capitale dell’antica cultura greca predicò, prima nell’Agorà e poi nell’Areopago, ai pagani e ai greci. E il discorso dell’Areopago, riferito negli Atti degli Apostoli, è modello di come tradurre il vangelo in cultura greca, di come far capire ai greci che questo Dio dei cristiani, degli ebrei, non era un Dio straniero alla loro cultura, ma il Dio sconosciuto aspettato da loro, la vera risposta alle più profonde domande della loro cultura» (Benedetto xvi).
Poi da Atene arriva a Corinto; i coniugi Priscilla e Aquila lo accolgono in casa loro e condividono con lui il loro lavoro di fabbricatori di tende: con questa coppia Paolo dà vita alla comunità cristiana di Corinto. Dopo 18 mesi, Paolo lascia Corinto, insieme a Aquila e Priscilla, e arriva a Efeso, dove lascia la coppia, mentre egli raggiunge Cesarea Marittima e sale a Gerusalemme, per tornare poi ad Antiochia sull’Oronte (Atti 18,18-22).

Il terzo viaggio missionario (Attti 18,23-21,16) inizia come sempre da Antiochia. Paolo punta dritto su Efeso, capitale della provincia d’Asia; vi soggioa per due anni, fondando comunità cristiane nella regione circostante, finché deve fuggire, per una sommossa popolare provocata dagli argentieri locali, che vedevano diminuire le loro entrate per la riduzione del culto di Artemide (il tempio a lei dedicato a Efeso, l’Artemysion, era una delle sette meraviglie del mondo antico). Attraversata Grecia e Macedonia, Paolo giunge a Mileto, convoca gli anziani della chiesa di Efeso e rivolge loro un discorso, chiamato «testamento pastorale di Paolo» (Atti 20,17-38), perché presenta una ricca sintesi della sua vita missionaria, modello per ogni pastore.  
Ripartito da Mileto, Paolo fa vela verso Tiro, raggiunse Cesarea Marittima e sale ancora una volta a Gerusalemme. Qui è arrestato per un malinteso: alcuni giudei di origine greca, introdotti da Paolo nell’area del tempio riservata agli Israeliti, erano stati presi per pagani: la prevista condanna a morte gli è risparmiata per l’intervento del tribuno romano di guardia all’area del tempio (cfr At 21,27-36). Paolo viene incarcerato e, come cittadino romano, si appella a Cesare per non essere giudicato dai giudei.
Nel viaggio verso Roma (Atti 27-28), sotto custodia militare, Paolo approda a Malta, dopo un drammatico naufragio (27,1-44); quindi raggiunge Siracusa, Reggio Calabria e Pozzuoli. I cristiani romani gli vanno incontro fino al Foro di Appio (ca. 70 km a sud di Roma) e altri fino alle Tre Tavee (ca. 40 km). A Roma incontra i delegati della comunità ebraica, a cui confida che è per «la speranza d’Israele» che portava le sue catene (cfr At 28,20).
Con l’arrivo di Paolo nella capitale dell’impero, l’autore di Atti vede compiersi la profezia di Gesù «mi sarete testimoni fino all’estremità della terra» (1,8) e non soddisfa la nostra legittima curiosità di conoscere il seguito della vita e martirio di Paolo.
Negli Atti ci è presentato il ritratto di un viaggiatore instancabile, che percorre terra e mare sempre con la stessa finalità: portare a tutti l’annuncio di Colui che ha sconvolto la sua vita. Per amore di Gesù affronta difficoltà inimmaginabili, come dirà in un testo memorabile: «Cinque volte dai giudei ho ricevuto i 39 colpi, tre volte sono stato battuto con verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, di briganti, dai miei connazionali, dai pagani, nelle città, nel deserto, sul mare, da parte di falsi fratelli, fatiche e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, freddo e nudità» (2 Cor 11,24-27).

di Mario Barbero

Mario Barbero

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