Casa mia, casa mia …

Dietro portoni anonimi, si nascondono piccoli angoli di paradiso, con cortili, saloni per ricevere gli ospiti, stanze private, terrazzi, giardini… Sono le abitazioni della città storica di Damasco: esse rispecchiano le antiche tradizioni della famiglia patriarcale estesa. Ma il progresso sta introducendo nuovi stili di vita, a scapito dell’unità familiare sia nelle comunità arabe che in quelle musulmane.

Nel passato la struttura della casa araba corrispondeva generalmente alla struttura della famiglia patriarcale estesa. La casa non solo come luogo in cui una famiglia viveva ma anche come spazio di incontro e scambio con l’altro. Spazio in cui vivere tutti i momenti e le circostanze importanti della storia di una famiglia. Infatti veniva utilizzata soprattutto nell’organizzazione di matrimoni, battesimi, circoncisioni e anche momenti meno felici come i funerali. Nella società attuale la casa ha mantenuto in parte questa sua funzione sociale, anche se il progresso, il cambiare dei costumi e il distaccamento dalle tradizioni ha, in certe classi sociali, introdotto nuovi stili di vita.
L’abitazione araba tradizionale si sviluppa tutta verso l’interno. Una corte sulla quale si affacciano la cucina, il salone per gli ospiti, la sala da pranzo e le camere da letto. Generalmente nelle campagne è a un solo piano mentre nelle città possono esserci uno o più piani. La sua struttura, le cui origini risalgono all’antica Mesopotamia, ai greci e ai romani, la possiamo ritrovare in molti paesi mediterranei, come il Marocco, Tunisia, Egitto oltre naturalmente ai paesi della penisola araba.

Più volte, durante i miei soggiorni a Damasco, ho avuto l’occasione di entrare in una delle abitazioni tradizionali nella parte storica della città. La cosa che mi colpì molto è che nel groviglio di vie della medina (così chiamato in arabo il centro storico) si possono vedere solo le porte delle case. Porte semplici, tutte uguali, molto piccole. Ma dietro queste porte possiamo scoprire dei piccoli paradisi.
Nelle case di Damasco, prima di entrare nella loro intimità, un ospite deve attraversare un corridoio, chiamato dihliz, che rappresenta con la porta il passaggio dalla vita pubblica a quella privata, un modo per preservare, in un certo senso, la privacy della famiglia. Esso conduce alla corte, la diyyara.
In alcune case sulla corte si apre il liwan, un ambiente a volta, al riparo dai raggi del sole, spesso più alto rispetto al cortile, dove, durante i mesi estivi si accolgono gli ospiti. Il suo arco ricorda quello dell’entrata alla moschea. Durante i mesi invernali, invece, gli ospiti vengono accolti nella murabb’a, un salone di forma quadrata, (in arabo arb’a significa quattro), che si affaccia sulla corte.
Questo salone rappresenta per la famiglia damascena l’ambiente di rappresentanza per eccellenza. In ogni casa, anche tra quelle più modeste, c’è sempre una stanza dedicata agli ospiti. Una stanza aperta solo per occasioni speciali. Una stanza in cui mettere le foto della famiglia, in cui custodire regali e oggetti importanti. Nelle abitazioni più antiche questo luogo è rifinito con decorazioni e stucchi. La luce filtra da alcune piccole finestre colorate con mosaici di vetro. Esse permettono l’entrata dei raggi del sole e della luna. Per questo sono chiamate shamsiat o qamariat (shams in arabo vuole dire sole e qamar luna).
La mashrabiyya è l’unica finestra della murabb’a che si affaccia sulla strada, interamente di legno, permette alle donne di vedere la strada senza essere viste. La mashrabiyya prende il nome dallo schermo che la compone, uno schermo fatto con minuscoli fori di legno tenuti insieme da dei tasselli. Il nome mashrabiyya, infatti, significa tessitura o legno intrecciato.
Le famiglie damascene custodiscono gelosamente questo salone. Spesso infatti la sua porta è chiusa, il padrone di casa è restio a mostrarlo a semplici avventori. Viene aperto per occasioni importanti, come matrimoni o fidanzamenti, oppure per ricevere ospiti di un certo riguardo.
Le altre stanze che si affacciano sulla corte damascena normalmente non sono comunicanti; per andare da una all’altra bisogna attraversare la corte stessa. Ogni stanza, durante i mesi invernali, viene riscaldata con il kanun, la stufa a carbone che durante il periodo estivo viene tolta.
Nel piano superiore si trovano le stanze da letto. Un corridoio, che percorre tutto intorno la corte, fa da anticamera. Esso è generalmente chiuso sul lato esterno da vetrate per proteggere dalla pioggia le stanze. Nelle pareti delle stanze da letto vengono ricavati degli armadi per contenere coperte e tappeti da utilizzare durante la notte e da riporre durante il giorno. Infatti queste stanze durante le ore diue vengono adibite ad altri usi, in base alle necessità di una famiglia.
Sopra la casa c’è la tayara, la terrazza coperta in parte da un pergolato di viti. La terrazza non è solo un luogo di incontro ma è un luogo di lavoro, il luogo dove le donne svolgono parte dei lavori domestici, soprattutto nei mesi estivi. Madri, figlie, nonne, cugine amiche e vicine di casa si ritrovano nella terrazza a sbattere tappeti e materassi, stendere la biancheria, fare essiccare erbe, preparare marmellate, verdure, sciroppi, da conservare per le stagioni fredde.

La bellezza delle case damascene sta nella giunaina, il giardinetto. All’interno di ogni abitazione, grande o piccola che sia, è consuetudine coltivare sia piante oamentali, sia piante aromatiche, da utilizzarsi nella preparazione di cibi e tisane. Non mancano mai l’albero di arance amare, il cedro, il limone, piante di gelsomino e di rose.
Al centro, generalmente, si trova una vasca di marmo bicromo, al-bahirat, di forma rotonda o geometrica, dal cui interno spillano zampilli d’acqua.
Il giardino per i musulmani è molto importante, rappresenta il paradiso, il paradiso che ci attenderà dopo la morte. Dall’oasi del deserto ai giardini sontuosi dei palazzi reali, a quelli più semplici delle case, l’arte del giardino in islam conobbe un’epopea rimarcabile. Il giardino è uno dei luoghi privilegiati dall’uomo arabo. Gli arabi definiscono il giardino una sorta di paradiso terrestre, che simbolizza l’unione del celeste e del terrestre.
Le corti damascene non presentano la stessa ricchezza decorativa e la stessa lussureggiante vegetazione, ma qualunque sia la loro grandezza, la loro bellezza o la loro esuberanza oamentale, esse costituiscono il luogo d’ incontro e di passaggio. È nella corte che le donne e gli uomini della casa, insieme o in orari diversi, si ritrovano a conversare, a svolgere attività inerenti la casa o la famiglia, ma soprattutto accolgono parenti, amici e vicini di casa.
Nella società siriana la famiglia è molto numerosa. Notevole importanza infatti viene data al matrimonio e alla procreazione. Il matrimonio è raccomandato dall’islam. Il suo fine principale è il creare una «cellula» famigliare e preservare i buoni costumi tra gli uomini e le donne, ma anche, e soprattutto, garantire la conservazione della specie e la continuità della razza umana. In poche parole per i musulmani la famiglia è la struttura essenziale sulla quale si basa l’avvenire dell’umanità.
Purtroppo la crisi economica e l’inflazione hanno investito anche il Medio Oriente, con la conseguente diminuzione dei matrimoni ma soprattutto il conseguente controllo delle nascite. Questo è riscontrabile specialmente nelle città, dove la vita è più costosa e le necessità più elevate rispetto alla campagna.
In alcune classi della società siriana si tende a mantenere la famiglia unita. I figli maschi quando si sposano rimangono a vivere nella casa dei genitori, dove spesso ci sono anche i nonni e gli zii. Una ragazza, invece, con il matrimonio si trasferisce nell’abitazione del futuro sposo.
Nel focolare famigliare non solo trova accoglienza un figlio appena sposato, ma anche membri della famiglia rimasti soli, o che per lavoro o studio devono trasferirsi dalla campagna in città. Difficile che una ragazza viva da sola. Generalmente una ragazza, che per studio o per lavoro deve lasciare la famiglia di origine, affitta una stanza presso una famiglia di sua conoscenza o va a vivere con dei parenti. Raramente una ragazza sola divide un appartamento con delle amiche.
Oltre a tutto questo non dobbiamo dimenticare che nei paesi arabi, in questo caso la Siria, esiste la poligamia. Anche per questo fattore molte famiglie sono numerose.
La struttura della casa araba tradizionale è adatta in questo senso ad accogliere famiglie allargate. All’interno della casa ci sono degli spazi dedicati agli uomini e altri alle donne. A Damasco non di rado mi è capitato di vedere che in certe famiglie la madre dorme in una stanza grande con le figlie e il padre in un’altra stanza con i figli maschi. Questo sia presso famiglie cristiane che famiglie musulmane.

Elisabetta Bondavalli

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