Con calma e perseveranza…


Per sedare il vespaio che la guerra ha prodotto, ora occorre un intervento internazionale. Anche se prima questo è stato disprezzato.



Monsignor Bettazzi, non le sembra che televisioni e giornali abbiano usato la strage di Nassiriya?


«L’emozione nazionale per la strage di Nassiriya è stata molto grande, sia per la gravità del fatto, sia perché è giunta improvvisa dopo tutte le assicurazioni dei nostri governanti sulla assoluta mancanza di pericolo per i nostri soldati, che anzi erano molto ben voluti dalla popolazione.
Certo che c’è stata una strumentalizzazione nel ripetere che si trattava di spedizione di pace, senza mai nemmeno accennare che si andava a sviluppare le conseguenze di una guerra, per di più illegale, voluta con determinazione ma affrontata con superficialità. Senza appunto valutare il… vespaio che si sarebbe sollevato, per il quale ora si chiede quell’aiuto internazionale che si era prima spregiato».

«Onore ai soldati morti per la pace» così recitava un manifesto di un partito di governo… Dunque, pace è guerra?

«Mi rendo conto che bisognava soprattutto cercare di attutire il dolore delle famiglie delle vittime, esaltando la finalità della spedizione. Essa, tra l’altro, per non pochi, era un rimedio alle manchevolezze d’aiuto che la patria non sa dare a tante categorie, coprendo così le responsabilità dei governanti per decisioni prese con spirito di parte. Ora credo che, a emozioni sopite, bisognerà valutare con obiettività la situazione e chiedere che i responsabili sappiano riconoscere i loro errori e le loro leggerezze, chiedendo che la responsabilità della gestione passi davvero alla comunità internazionale, al di sopra degli interessi di parte».

Ancora una volta, sulla guerra e sulle sue conseguenze sembra che ci siano due chiese cattoliche, ben contrapposte. Quella personificata dal cardinale Ruini e quella del papa e di mons. Nogaro. Che ne pensa lei?

«È ovvio che vi sono diverse sensibilità al di dentro della chiesa; così come era un po’ prevedibile che il card. Ruini, in quell’atmosfera, potesse dire, sia pure con diversa sfumatura, quel che ha detto. Fra l’altro non era scontato che insistesse tanto sul “non odiare”! Forse era preoccupato che, in quel momento, un atteggiamento più… profetico potesse venir visto, più che come allineamento al papa, come allineamento ai settori più avanzati dell’opposizione politica. È risultato per altro evidente che mons. Nogaro (a parte le malevole deformazioni che certa stampa ha voluto dare delle sue parole) non era isolato, anche nella Cei. E credo che anche questo, all’interno della chiesa e della stessa gerarchia, non può non essere avvertito».

Che si può dire al variegato popolo delle bandiere della pace?

«Credo si debba continuare ad insistere, con calma e con perseveranza. La maturazione della coscienza della pace, così evidente nel confronto tra la prima guerra del Golfo e l’attuale, continuerà ad avere un suo sviluppo se tutti continueremo a compiere quanto sta in noi».

Lei ha pubblicato parecchi libri ed è da sempre una persona che scrive. Che ci dice del giornalismo italiano dopo Nassiriya?

«Questa vicenda conferma le preoccupazioni su quanto si è voluto e si sta continuando a compiere per subordinare i mezzi di comunicazione al potere di chi governa. Quand’ero ragazzo mi commossi per la conquista dell’Etiopia e per quella pace di Monaco, ottenuta anche da Mussolini nel 1938, che fu in realtà la premessa della seconda guerra mondiale. Ma allora si sapeva solo quanto e come il governo voleva si sapesse! La libertà e l’oggettività dei mezzi di comunicazione è la condizione indispensabile per un’autentica democrazia».

Paolo Moiola

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