Condiscendenti verso la prostituzione?

Cari missionari,
rieccomi per l’ennesima
puntualizzazione. Sicuramente
la vista della mia
grafia non vi entusiasma.
Scusatemi… Ma l’articolo
«Quasi mai ragazze, quasi
sempre vittime» di Missioni
Consolata (aprile
2002) mi ha lasciata perplessa.
D’accordo nel non criminalizzare
la tenutaria
peruviana della casa di
prostituzione, vittima prima
di essere colpevole. Se
ne parla, però, come di una
persona che svolge la
sua attività con professionalità,
rigore, attenzione
ai «diritti» delle «dipendenti
»: sembra quasi che
sia una benemerita.
Poi non è affatto chiaro
nell’articolo che la prostituzione,
per quanto garantita
e protetta, sia
quanto di più degradante
possa fare una donna, oltre
ad essere un grave peccato,
sempre. Pare invece
che l’attività, esercitata
così, sia accettabile. E
non si dice che è un male
evitabile, non ineluttabile;
non si dice che la ragione
e la volontà possono controllare
le pulsioni.
D’accordo: quelle persone
vivono in ambienti moralmente
degradati. Ma
non sarebbe meglio fare opera
di educazione e prevenzione?
O siamo nell’ottica
delle «case di tolleranza
», inevitabili come le
catastrofi naturali? Crediamo
o non crediamo che
l’uomo, redento da Gesù
Cristo, non è una bestia?
Occorre solo educarlo.
Mi sembra, infine, che
nell’articolo pubblicato ci
sia una velata condiscendenza
verso «un’attività
ben regolamentata». Mi
auguro di aver frainteso.
Giulia Guerci
Castellazzo (AL)

Signora Giulia, lei è tra
le poche persone che ancora
scrivono ricorrendo
alla penna. La sua è una
grafia chiara, elegante,
che desta ammirazione.
Il tema «prostituzione»
non ci vede affatto condiscendenti.
Non lo siamo
neppure considerando le
«attenuanti sociali» presenti
nei paesi del sud del
mondo. «La denuncia del
fenomeno – scriviamo nel
sommario dell’articolo citato
– è scontata quanto
necessaria».
È il «mestiere» più vecchio
del mondo, perché
non sono mai mancati i
«clienti». Tutti lo dicono,
ma non tutti ne tirano le
debite conseguenze.

Giulia Guerci

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