Se lui è la vita, cosa significa per noi?

I l Convegno missionario internazionale di Roma del 18-22 ottobre 2000 avrà come tema: «Gesù Cristo sorgente di vita per tutti». Il tema può sembrare ovvio nei 2 mila anni della nascita di un uomo chiamato Gesù. Però rivela una paura: che la missione stia perdendo il suo punto focale.
Alcune vie della missione (liberazione degli oppressi, inculturazione e dialogo interreligioso) rischierebbero di attenuare, se non di escludere, l’annuncio di Colui senza il quale non c’è salvezza né vita (cfr. Atti 4, 12). È come se si costruissero autostrade là dove ci sono solo impervi sentirneri, con il rischio però che sulle autostrade, larghe e comode, non si incontri nessuno, mentre sul sentirnero si incontra Gesù in persona (cfr. Lc 24, 15).
La paura non ci pare giustificata. La missione ha ancora al centro Gesù: liberazione, inculturazione e dialogo sono perfettamente coerenti con l’annuncio di Cristo salvatore. Il problema vero è un altro:
Gesù-vita si trasmette solo con la vita.
Le religioni offrono dottrine, regole morali, riti di purificazione e vie per entrare in contatto con la divinità. Il confronto è aperto e nulla esclude che il cristianesimo, nelle sue realizzazioni storiche, riceva forme religiose autentiche da altre tradizioni. Ma la fede cristiana offre la vita eterna, cioè vita senza limiti e piena che risponde, oggi, alle urgenze dell’umanità: l’umanità che muore in quelli a cui la vita è rubata con violenza, e muore «dentro» negli altri ancora di più. La vita eterna è nel figlio di Dio.
È la vita per tutti e la sua novità deve essere manifestata al mondo. Ecco la missione. Ecco il motivo per cui non bastano i mass media, pur potenti, a diffondere il vangelo. Esso passa da persona a persona, da famiglia a famiglia, da gruppo a gruppo, in una testimonianza concreta di vita nuova. I missionari (meglio, le piccole comunità missionarie) partono e tornano da una chiesa all’altra per uno scambio di doni, che non sono teorie o in vaghe visioni umanitarie, ma esperienze di vita.
Vivere in Cristo e camminare con lui: sono espressioni ricorrenti in Paolo e Giovanni. È solo così che egli può essere manifestato. Dovrebbero esserci ovunque comunità in cui, grazie all’amore per gli altri e alla capacità di perdono, i popoli possano vedere che Cristo è vivo, che è la vita.
All’inizio del XXI secolo, alla missione si impone la scelta di comunità (non di «altoparlanti») in cui la vita evangelica sia evidente. Nel «villaggio globale» la chiesa, più che una grande organizzazione, deve essere una comunione universale di comunità, diverse per lingua, cultura, condizioni storiche e magari anche per espressioni religiose, ma unite nella lode del Padre e aperte ad accogliere ogni sete di vita. Nell’unica vita del Crocifisso-Risorto.
Fesmi
(Federazione stampa
missionaria italiana)

FESMI

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