I buoni propositi

Il 4 marzo 1998 Michel Rocard, deputato francese al parlamento dell’Unione Europea (UE) e membro della «Commissione sviluppo e cooperazione», ha presentato delle proposte in materia di cooperazione con i paesi in via di sviluppo (PVS). Il suo rapporto è stato salutato con vivo interesse dai partecipanti all’Assemblea paritaria (parlamento europeo e parlamenti dei paesi ACP: Africa, Caraibi, Pacifico), che si è svolta a Port-Louis (Mauritius) dal 20 al 24 aprile 1998 (*). Prudente – e, per certi versi, disturbata – è risultata la delegazione della Commissione europea (CE) presente al convegno.
È indubbio che l’accelerazione della globalizzazione rappresenta per i partners ACP/UE l’opportunità di realizzare un partenariato equilibrato che essi preparano da 30 anni (Convenzioni di Yaoundé, di Lomé, ecc…).
E, a questo riguardo, il «Rapporto Rocard» fa proposte concrete sui quattro capitoli individuati dalla Commissione europea quali nodi dei futuri negoziati ACP/UE:
1) dare al nuovo partenariato una dimensione politica forte;
2) porre la lotta contro la povertà al centro dell’azione;
3) aprire la cooperazione al partenariato economico;
4) rivedere radicalmente le modalità strategiche di gestione della cooperazione finanziaria e tecnica.

Due visioni-base sono date per acquisite. In primo luogo, il fatto che il gruppo ACP (ad oggi 71, tra cui da poco il Sudafrica) è dall’UE assimilato ad una entità politica, pur prevedendo differenziazioni geografiche (riproducenti diversità regionali) e l’accresciuto ruolo della cooperazione regionale e dell’integrazione in quanto fattori di sviluppo.
In secondo luogo, il fatto che lo sviluppo è anzitutto affare degli interessati (uomini e donne), che debbono deciderlo-organizzarlo-realizzarlo: la popolazione deve appropriarsi della cooperazione e la sua gestione autonoma da parte dei paesi beneficiari favorisce il rafforzamento delle loro stesse capacità.
Dunque, distintamente per ognuno dei citati quattro capisaldi, le proposte concrete del «Rapporto Rocard» sono così sintetizzabili.
1) Una dimensione politica forte del nuovo partenariato ACP/UE deve basarsi sulla promozione dei valori della democrazia e del rispetto dei diritti umani;
– il successo delle politiche di sviluppo e di cooperazione allo sviluppo esige una visione integrata degli aspetti economici, politici, culturali, sociali, ambientali;
– per la prevenzione di conflitti, è richiesta la creazione di osservatori regionali su tensioni etniche, linguistiche, economiche, sociali o religiose. Inoltre, occorre instaurare delle strutture di gestione di risorse comuni, quali l’acqua, le terre arabili, le foreste;
– lo sminamento di paesi africani colpiti da tale calamità umana deve precedere ogni attività di sviluppo, come pure la limitazione e il controllo della vendita di armi. L’UE deve dotarsi di misure legali e amministrative in vista di controlli efficaci sui trasferimenti di armamenti;
– i paesi ACP debbono impegnarsi a limitare i loro bilanci militari, a rispettare i diritti umani (che includono i diritti della donna, della famiglia, dei bambini, degli anziani), a lottare contro l’arricchimento illecito e la corruzione, a consentire la libertà di opinione e di stampa, a gestire bene il governo del paese;
– per rafforzare la democrazia nei paesi ACP, la CE deve finanziare: la formazione di giudici e avvocati; la creazione e la diffusione di media indipendenti e non sovvenzionati dai governi; la formazione ai diritti umani, alla preservazione dello stato di diritto, alle procedure giudiziarie di militari, gendarmi e poliziotti; il sostegno alle forme tradizionali di risoluzione dei conflitti; lo sviluppo delle municipalità e delle organizzazioni indipendenti della società civile.

2) Il ruolo della donna nei PVS dev’essere considerato fondamentale nella lotta per lo sradicamento della povertà e per garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni umani fondamentali, quali: l’acqua pulita, l’instruzione di base, la sanità, la formazione, l’abitazione, l’alimentazione, l’ambiente;
– «l’economia popolare» e artigianale (in quanto: favorisce una crescente partecipazione; dà il senso delle responsabilità; promuove l’appropriazione dell’attività economica) deve essere considerata un fattore-chiave della politica di sviluppo e di cooperazione. Essa pertanto deve avere accesso al credito o micro-credito;
– occorre intervenire nella lotta alla povertà che colpisce i più deboli degli abitanti le periferie urbane (donne, bambini, ecc…);
– rifugiati ed emigrati (particolarmente in Africa) debbono ricevere aiuti non solo in cibo-acqua-tende, ma anche in termini di assistenza sanitaria (preventiva e curativa);
– bisogna diversificare le produzioni agricole di autoconsumo (in luogo delle monocolture da esportazione), valorizzando (anche a scopi farmaceutici) vegetali e alimenti locali.
La stessa CE è sollecitata ad associarsi per la promozione e la certificazione dei prodotti del «commercio equo e solidale» e – nei PVS – a finanziare la pubblicità a prodotti locali e non a prodotti importati.

3) Il «Rapporto Rocard» anzitutto esprime timori che la proposta della Commissione europea di negoziare accordi regionali di libero scambio possa tradursi in una recrudescenza della povertà e in un rafforzamento della tensione sociale negli stati ACP (deterioramento della produzione industriale locale, riduzione delle entrate pubbliche… a danno dei più deboli e vulnerabili). In concreto propone che:
– per un periodo di transizione di 10 anni, dalla scadenza (2000) della 4° Convenzione ACP/UE, sia dall’UE mantenuto l’attuale regime commerciale (preferenze, protocolli prodotti, compensazioni delle perdite di introiti da esportazioni) quale misura di accompagnamento al processo di adattamento e di integrazione dei mercati regionali;
– l’opzione di cooperazione economica deve essere finalizzata allo sradicamento della povertà e allo sviluppo durevole. Pertanto occorre evitare che l’adozione precoce e improvvisa del sistema unilaterale delle preferenze generalizzate costituisca un rafforzamento considerevole del protezionismo UE nei confronti dei PVS;
– considerando che i 71 paesi ACP rappresentano altrettanti voti (su 132) nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Commissione Europea è invitata ad assistere gli ACP nel rafforzamento della loro capacità di far valere i loro interessi in ambito OMC;
– si chiede il lancio di un vasto programma di trasferimento di tecnologie su base non commerciale verso i paesi ACP, accompagnato da programmi di formazione idonei, nonché un incremento degli aiuti alla lotta contro l’AIDS nei PVS;
– occorre sviluppare un quadro giuridico internazionale per assicurare la protezione della proprietà intellettuale della biodiversità nel Sud e dei diritti inalienabili delle popolazioni indigene;
– si incoraggia l’elaborazione di un progetto globale riguardante sia la riduzione del debito, specie dei paesi poveri più indebitati, sia le politiche bancarie e i tassi di interesse praticati;
– poiché la pubblicità diffusa nei paesi ACP riguarda essenzialmente prodotti importati, occorre che la CE sostenga campagne di pubblicità per i prodotti locali.

4) Ogni cooperazione dev’essere: responsabile, trasparente, efficace, visibile, con procedure semplificate, coerente con obiettivi tanto dell’UE quanto degli ACP;
– si chiede alla CE di prevedere procedure specifiche per operatori di sviluppo privati e operatori espressi dalla società civile a scopo non lucrativo (associazionismo, università, collettività locali europee, ecc…), al fine di attuare un reale decentramento della cooperazione finanziaria e tecnica;
– in particolare, le Organizzazioni non governative (ONG) debbono dalla CE essere consultate e informate e la loro attività deve essere integrata nella cooperazione europea allo sviluppo. In questo paragrafo il «Rapporto Rocard» evidenzia con dispiacere come la CE non abbia ancora sancito il principio di uno stanziamento finanziario specifico per gli attori non governativi;
– la «cooperazione decentrata» dev’essere considerata dalla CE come un principio cardine dei futuri accordi ACP-UE: adattabile ai differenti tipi di attori dello sviluppo negli ACP (collettività territoriali pubbliche, associazionismo di base, Ong, associazioni di migranti, imprese private, istituti di formazione, ecc…); essa deve inglobare misure e progetti che abbiano incidenza sulla vita quotidiana della gente e favorire iniziative dei rappresentanti locali delle categorie più povere della popolazione.
Gli stessi migranti siano, in Africa specialmente, considerati non tanto un problema quanto attori di sviluppo e come tali sostenuti dalla «cooperazione decentrata»; nel quadro di una politica generale di «co-sviluppo partenariale», i paesi europei che accolgono temporaneamente lavoratori provenienti dai PVS dovrebbero – in accordo con i paesi d’origine e di ritorno – definire e realizzare progetti di formazione ai mestieri direttamente legati allo sviluppo (agricoltura, artigianato, ecc…) e ciò per facilitare il rientro di questi lavoratori aiutandoli a diventare attori di sviluppo.

Il «Rapporto Rocard» non è uno sterile elenco di buoni propositi: è un importante atto politico della «Commissione sviluppo e cooperazione» del parlamento europeo, che indica alla Commissione europea le cose concrete che possono e debbono essere fatte. Questo perché l’Unione non tradisca le aspettative di solidarietà che, non solo le popolazioni dell’Est europeo, ma le sempre più imponenti legioni di depredati e poveri d’Africa in essa hanno riposto.
Un atto politico che ora ha bisogno del sostegno dei singoli parlamenti nazionali e dell’opinione pubblica europea.
Pier Giorgio Gilli (*)

(*) Pier Giorgio Gilli, presidente di «Sviluppo e Pace», ha partecipato – con diritto di parola – al convegno di Port-Louis (Mauritius), in rappresentanza del «Comité de Liaison» delle 900 associazioni europee di solidarietà che operano in collaborazione con la Commissione europea.

Piergiorgio Gilli

image_pdfimage_print
/

Sei hai gradito questa pagina,

sostienici con una donazione. GRAZIE.