Guatemala: Non è arrivata, la fine del mondo


Cosa
porterà la fine del 13mo b’aqtun.
Pace, armonia, giustizia, equilibrio
interiore. Tutto questo, dicono le guide spirituali, dovrebbe portare con sé
la fine dell’era prevista dal calendario Maya. Dipenderà però dalla nostra
coscienza.Perché il cambiamento deve essere dentro di
noi
.
(foto Simona Rovelli)

Mentre
gran parte del mondo attendeva con curiosità, trepidazione, speranza o terrore
(a seconda delle differenti visioni), il
21 dicembre 2012, in Guatemala – cuore pulsante dell’universo Maya, dove ancora
una maggioranza della popolazione, in particolare gli Ajq’ijab (le guide
spirituali, in lingua Maya K’iché) mantengono viva la millenaria
tradizione spirituale originaria – in realtà tutto taceva.

Ha
fatto eccezione l’industria del turismo che, in un paese splendido ma
zoppicante sotto moltissimi aspetti, ha cercato di sfruttare al meglio, in
termini di immagine e di business, il bonus piovuto dal cielo,
organizzando eventi in tema e sfoando i più disparati pacchetti turistici,
essenzialmente per stranieri e spesso escludendo dall’organizzazione e
partecipazione la stessa popolazione di etnia maya.

Si
è scritto e detto ormai di tutto circa questa fatidica data, citata come la
fine del «tredicesimo b’aqtun» del calendario Maya, a partire dalla
distruzione del mondo con o senza giorno del giudizio, passando per il
profetico arrivo di un fantomatico «Pianeta X», la caduta di una cometa o
asteroide che sia, il ritorno degli alieni, l’inversione dei poli magnetici e
svariati – nefasti o benefici a seconda delle interpretazioni – allineamenti
tra centro della galassia, Sole, Terra e alcuni pianeti. Ognuna di queste
teorie si basa, nella migliore delle ipotesi, su libere interpretazioni e
connessioni un po’ fantasiose e forzose tra gli elementi più disparati e, nella
peggiore, su un intenzionale desiderio di creare confusione e panico, per
trae svariati benefici.

La profezia

Ma cos’è un b’aqtun ed esiste davvero una profezia maya a
riguardo del tredicesimo?

I Maya nei secoli hanno sviluppato grandi doti di astronomi e,
studiando il movimento di diversi corpi celesti tra cui ad esempio Marte e
Venere, idearono almeno venti calendari che regolavano ciascuno diversi aspetti
della vita, dalla semina alla nascita di un essere umano. Il parallelismo tra «Cielo»
e «Terra» deriva dalla loro peculiare «cosmovisione» (ovvero come concepiscono,
percepiscono e vivono il senso dell’esistenza dell’intero universo, ne spiegano
la creazione e il funzionamento), per cui le energie che governano i corpi
stellari devono trovare il loro riscontro negli eventi terrestri.

Il b’aqtun è un periodo di tempo riferito a uno di questi
calendari, nella fattispecie quello denominato della Cuenta Larga,
ovvero il calendario che stabilisce il computo di tempi estremamente lunghi e
che sarebbe vigente, senza interruzioni, dai tempi della Creazione
(originatasi, come indicato nella stele 1 di Cobá, Messico, milioni di anni
fa). Per l’esattezza il b’aqtun è un multiplo di 20 (numero sacro per i
Maya, corrispondente al ciclo minimo del calendario Cholq’ij, che regge
il susseguirsi delle energie umane) secondo questo semplice schema:

-1 giorno è detto kin,
– 20 kines fanno un winaq (20 giorni),

– 18 winales sono un tun (che significa «pietra»:
360 giorni),

– 20 tunes corrispondono a un k’atun (7.200 giorni),

– 20 k’atunes un b’aqtun (144.000 giorni),

– 20 b’aqtunes un piktun (2.880.000 giorni). E così
via…

La prima osservazione è che il calendario maya, così come alcuni
erroneamente affermano, non termina affatto con il tredicesimo b’aqtun,
(periodo di 1.872.000 giorni), ma prosegue, ipoteticamente fino all’infinito.
Esiste per esempio una data scolpita nel tempio delle Iscrizioni di Palenque,
Messico, che daterebbe il 13 Ottobre 4.772 d.C., così come esistono date
antecedenti al b’aqtun 1 di questa era, come per esempio indicato in
Quiriguá, Guatemala, dove tra le tante date si può individuare l’8.238 a.C.

Termina un’era

Perché dunque tanto clamore rispetto al tredicesimo b’aqtun
e alla data del 21 dicembre 2012?

La data (4 Ajpu / 3 Kank’in, secondo il calendario
della Cuenta Larga) viene indicata in differenti steli di
svariati siti archeologici del Guatemala e del Messico, semplicemente come fine
di un’era, venendo maliziosamente strumentalizzata come data della fine del
mondo. Infatti, seppur considerando che i b’aqtunes arrivano fino a 20
formando un piktun, è doveroso ricordare che secondo i Maya ogni 13 di
essi si concluderebbe un ciclo completo, corrispondente a un’era del mondo, e
questo passaggio sarebbe segnato normalmente da un sostanziale cambiamento,
preceduto da eventi più o meno significativi. In questo caso si tratterebbe
propriamente della chiusura del terzo ciclo dall’inizio della creazione che,
stabilendo un parallelismo con il calendario Gregoriano, andrebbe dal 6
Settembre 3.114 a.C. (inizio del nuovo ciclo, con il primo giorno del primo b’aqtun),
al 21 dicembre 2012 d.C., ultimo giorno dell’attuale b’aqtun, appunto il
tredicesimo, iniziato nel 1.618. 
Inoltre, secondo vari studi compiuti in Guatemala da antropologi e Ajq’ijab,
la data indicherebbe sia la fine dell’era precedente che l’inizio della nuova,
indicando infatti il giorno 0 (zero) – concetto non contemplato nel calendario
gregoriano – del nuovo ciclo.

Evidenziamo che in nessun caso si parla di fine del mondo, ma di
alcuni eventuali cambiamenti importanti.

Altri citano erroneamente il Chilam Balam (uno dei
pochi testi profetici maya salvatisi dalla furia colonizzatrice), il quale però
descriverebbe alcune catastrofi durante il 13 k’atun Ajaw (e non
13 b’aqtun!). Per approfondimento, secondo la nomenclatura della tavola
degli Ajpú, definita dal missionario Diego de Landa nel libro «Relaciones
de las cosas de Yucatán» agli inizi dell’epoca coloniale, il 13 k’atun Ajaw
si sarebbe concluso il 2 novembre 1.539. Quale catastrofe peggiore, per i Maya,
della conquista spagnola? Attualmente, secondo la suddetta tavola staremmo tra
l’altro vivendo il b’aqtun 6, in numero cardinale, che sarebbe il
tredicesimo in numero ordinale. Il «nome» del b’aqtun (in questo caso
sei) viene infatti definito dall’energia iniziale (che accompagna sempre un Ajpú),
la quale di ciclo in ciclo non segue un ordine crescente. Per capire questo
concetto è necessario addentrarsi profondamente nella cosmovisione Maya e in
calcoli complicati, uscendo inoltre dalla logica calendarica occidentale.

La spiritualità viva

Ma una volta stabilito cosa indicano le steli
e i testi sacri Maya, è estremamente importante analizzare la spiritualità viva
e pulsante attraverso le parole delle guide spirituali (Ajq’ijab),
coloro che hanno la responsabilità di tramandarsi, per lo più oralmente, le
antichissime tradizioni.

Non esiste un consenso generalizzato a riguardo, se non nel deciso
rifiuto delle infondate posizioni catastrofiste. Molte «abuelas y abuelos»
Maya (nonne e nonni letteralmente, così come poeticamente vengono definite le
persone che hanno acquisito una certa saggezza) ritengono che energeticamente
si entrerà in una nuova era che favorirà pace, armonia, unione, giustizia,
equilibrio tra gli esseri umani e tra questi e Madre Natura (così come
profetizza anche il Chilam Balam, per il 4 k’atun che
inizierà questo dicembre). Il tutto si raggiungerà attraverso il ritrovamento
di un vero equilibrio interiore, che nella cosmovisione maya è fondamentale per
poter concretizzare i passi successivi. Alcuni si spingono a dichiarare che
tanta sarà l’armonia da permettere la comunicazione attraverso la trasmissione
del pensiero. Altri invece pensano che, nonostante l’energia propizia, il
cambiamento sarà molto più lento e graduale e dipenderà molto dal grado di
risveglio delle nostre coscienze. Per altri ancora, tutto risiede nel nostro
libero arbitrio e il destino del pianeta Terra, con i suoi equilibri e i suoi
abitanti, non è prestabilito.

Il cambiamento sta dentro di
noi

Cosa ne è della speranza nell’arrivo di alieni che spazzino via la
feccia dell’umanità, facendo piazza pulita delle negatività? Una visione troppo
comoda, che affida a un «miracolo» esterno e senza impegno il cambiamento che
ciascuno di noi, con coscienza e sforzo, dovrebbe intraprendere nel suo piccolo
per mutare radicalmente il corso della storia umana, piagata da tante
ingiustizie e prossima a subire e far subire, in particolare ai più deboli e
alle generazioni future, le conseguenze del cambio climatico. Tra quelli che
seguono la spiritualità maya, non vi è attenzione, né tantomeno preoccupazione
rispetto a una eventuale venuta, e piuttosto ci si concentra sulla propria
crescita personale e comunitaria.

E la paura di catastrofi naturali e dell’eventualità che la
popolazione umana possa essere decimata da eventi disastrosi (o dagli alieni
stessi)? Solo chi ha paura di vivere tutte le sfumature dell’esistenza, chi
sente di non aver tentato in ogni istante tutto il possibile per offrire il
meglio di sé, chi non accetta che vita e morte sono parte di una necessaria e
utile ciclicità, chi si attacca al proprio ego senza ricordare il senso del
passaggio sulla Terra, ha una profonda paura di morire, che sia in una
catastrofe o per mano degli alieni.

Nelle terre maya, dove si vive in ogni istante la precarietà della
vita, ci si concentra sul presente con umiltà, semplicità, intensità e
determinazione, consci di essere una goccia di Infinito nell’Universo.

Simona Rovelli

Simona Rovelli

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