Volti, storie e speranze

Italia

Storie brevi, quasi delle istantanee di sofferenza e disperazione di donne in cerca di consolazione.

Mercy, nigeriana, viene portata in Italia a 14 anni e venduta da uno zio a trafficanti di esseri umani; messa sulla strada, viene recuperata dalla polizia ed è accolta in una comunità per minori; perde i contatti con la famiglia che ritrova solo dopo 6 anni, grazie all’interessamento e al lavoro di rete tra le congregazioni religiose. Ritrova la mamma e la famiglia che la credevano morta, sparita nel nulla. Commovente è stato il contatto telefonico tra madre e figlia dove le lacrime hanno dato spazio ad una profonda riconoscenza al Signore che veglia sui suoi figli come una madre.
Joy, 19 anni, primogenita di 8 figli, lascia la famiglia per aiutare i fratellini a frequentare la scuola. Durante il lungo ed estenuante viaggio attraverso il deserto del Sahara è violentata da tante persone dalle quali non può sottrarsi: rimane incinta.
Per sei mesi lavora sulla strada per pagare il grosso debito di 60 mila euro contratto, senza saperlo, con l’organizzazione criminale. Nessuno sa della sua gravidanza, tranne alcune persone di una «unità di strada» che la seguono e la convincono a lasciare la strada. Finalmente, viene accolta in una delle case-famiglia gestite da religiose e accompagnata con amore ad accogliere, se pur faticosamente, il dono della vita, frutto di  violenza e  umiliazione. È stata questa nuova vita che ha dato a questa donna consolazione e gioia. Ricordo il suo commento dopo la nascita della bimba: «Senza il vostro aiuto, non solo ora non ci sarebbe la mia bambina, ma non ci sarei più nemmeno io, perché la vita per me non aveva più senso».
Sonia, 18 anni appena compiuti, viene presa dalla strada, durante un controllo della polizia e portata al Cpt (Centro di Permanenza Temporaneo) di Roma, perché priva di documenti; in 15 mesi aveva fruttato alle sue tre sorellastre che l’avevano portata in Italia la somma di 55 mila Euro. Sulla strada, per la sua giovane età, era molto ricercata.  A Ponte Galeria incontra le suore che ogni sabato visitano il Centro e che, conosciuta la sua storia, cercano di aiutarla ad uscire dal giro. Viene accolta in una casa-famiglia e segue un programma di reintegrazione sociale. Quale consolazione più bella e più grande di quella di dare ad una giovane morta e distrutta dentro, la gioia e la voglia di vivere e di sperare?
Gloria, 22 anni appena compiuti, lavora sulla strada per pagare il grosso debito contratto con i trafficanti e sanzionato con i riti «voodoo», davanti allo stregone, prima di lasciare la Nigeria. Sulla strada uno dei «clienti» la vuole portare in casa, la ragazza rifiuta e l’uomo si vendica gettandola da un ponte: il suo corpo senza vita viene ritrovato il giorno dopo. Nonostante non abbia documenti attraverso i contatti con alcune suore nigeriane e l’interessamento delle medesime riusciamo a contattare la famiglia e a comunicare la triste notizia. Per l’anziano padre insieme alla grande sofferenza è stato di grande conforto e consolazione  sapere che qualcuno si era preso cura della figlia uccisa e l’ha sepolta in un paesino di montagna.
Jennifer, giovane donna di 27 anni e madre di due bambini lasciati in Nigeria, ha toccato profondamente la mia vita e il mio servizio missionario in Italia. Viene in Italia ed è costretta a vendere il suo corpo come oggetto di piacere  diventa una fonte di guadagno per i trafficanti.
Jennifer lavora in diverse città italiane e una notte, durante l’attesa dei clienti, lungo una delle tante strade dove sostava un’arma da fuoco la colpisce; rimane in coma per diverse settimane ed al risveglio si ritrova paralizzata agli arti inferiori perché un proiettile le aveva perforato il midollo spinale. Durante i lunghi mesi di degenza e di riabilitazione la visito sovente e la seguo. Jennifer chiede di ritornare a casa per rivedere i suoi bambini. Ritorna in Nigeria su di una sedia a rotelle.
L’anno seguente ero in Nigeria e andai a trovarla nella sua capanna, dove l’anziana madre l’assisteva. Non dimenticherò, la gioia, la sua sorpresa nel vedermi, ma soprattutto il sorriso carico di riconoscenza per la consolazione che la mia presenza portava in quella casa: non riusciva a credere che fossi proprio io!
Jennifer è mancata due mesi dopo la mia visita, il giorno di Pasqua: ha terminato di soffrire.
I miei racconti potrebbero continuare e disegnare gli anelli che formano la lunga catena della nuova schiavitù del 21º secolo, che imprigiona tante persone, ma che, come Missionaria della Consolata, cerco di spezzare offrendo ad ogni donna il dono della consolazione vera, della gioia di vivere e di amare, di cantare e danzare alla vita.
Termino questa condivisione accennando alle settimanali visite al Cpt di Ponte Galeria fatte insieme ad un gruppo di 15 religiose provenienti da 13 paesi diversi, che offrono un’assistenza pastorale e religiosa alle donne straniere, in attesa di espulsione, perché senza i documenti.
Il Centro ha una capienza di 180 posti letto e le donne che incontriamo ogni sabato vivono questa esperienza con sofferenza e a volte con disperazione; infatti, tutti i loro progetti per aiutare la famiglia vanno in frantumi perché vengono rimandate a casa a mani vuote e con l’umiliazione di essere state vendute, comperate e scambiate come merce.
La nostra presenza settimanale in questo Centro vuole donare a queste donne la possibilità di condividere un momento di preghiera e di riflessione affinché attraverso la ricchezza della parola di Dio, forza e sorgente di ogni consolazione, possano trovare il coraggio di sperare e, nonostante l’umiliazione e il fallimento, aprirsi a nuove opportunità che la vita può loro offrire.
La triste esperienza che hanno vissuto non può e non deve essere la fine, ma al contrario, deve mostrare loro che un avvenire di serenità e prosperità è ancora possibile.
Il nostro impegno e servizio ci chiede di donare la vera consolazione a quanti incontriamo nel nostro cammino quotidiano e toccare, così, il cuore e la vita di tante donne e dire: “La vostra schiavitù” è finita, anche voi siete consolate dall’amore di Dio e dalla nostra solidarietà e vicinanza.

Di suor Eugenia Bonetti



Eugenia Bonetti

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