Padre Pio e mondo militare…

Quando la vita ecclesiale scade a certi livelli (denunciati dai preziosi articoli di Missioni Consolata «Quelle pesantissime stellette» e «Comandi, don Mariano»), la colpa è anche della scarsa vigilanza dei cristiani comuni, non solo della gerarchia.
Sono convinto che, se negli Usa, in Italia, Argentina, Brasile, El Salvador… i cappellani militari han combinato ciò che han combinato, è anche perché molti cristiani NON sapevano neppure che esistessero; o, se lo sapevano, NON controllavano la compatibilità delle loro teologie (l’Ordinariato militare è una diocesi a sé con seminari propri) con il vangelo di Cristo e la tradizione della chiesa.
Come devoto di Padre Pio, sono rimasto disgustato quando, leggendo Il Cursore (periodico religioso dei militari italiani), mi sono imbattuto nell’articolo «Soldato Forgione». Qui il santo di Pietrelcina è proposto come grande amico del mondo militare, legato a un concetto di patria che, sostanzialmente, coincide con quello dei Mani, Bagnasco, Ruini, Baget Bozzo…
Il vero Padre Pio, invece, servì l’Italia non quando indossò l’uniforme, ma quando la depose e quando, dopo 16 mesi di massacrante andirivieni tra caserma, convento e ospedale militare (le autorità militari volevano che diventasse soldato), poté finalmente annunciare: «Sono superlativamente lieto della grazia divina che Gesù mi ha accordato col liberarmi della milizia completamente. Fra giorni mi si firmerà il foglio di via, e così potrò lasciare, con animo soddisfatissimo, Napoli, facendo voto di non ritornarci mai più».
A chi dubitasse su quanto ho detto, suggerisco di leggere Padre Pio, Un Santo in mezzo a noi (supplemento di Famiglia Cristiana, 37/1999); in particolare le pagine 38-48.
Francesco Rondina
Fano (PS)
P. S. «Qualche ora dopo il suo arrivo – scrive Gennaro Preziuso, riferendosi al traumatico impatto avuto dal Santo con l’ambiente della caserma Sales – con le lacrime agli occhi, fece la triste esperienza di sostituire il saio tanto amato con una goffa divisa militare. Nel deporre “l’abito di San Francesco”, lo baciò con trasporto…
Si guardò ed ebbe la sensazione di essere capitato in un “manicomio”. Tutti avevano fretta. Gli ordini dei superiori erano preceduti e seguiti da parolacce, che ferivano la sua sensibilità e il suo pudore.
I rimproveri determinavano ilarità e degradavano la dignità degli uomini che li ricevevano. Il turpiloquio, i discorsi spesso licenziosi erano intercalati da orribili bestemmie.
La carità pareva che nessuno sapesse cosa fosse. Imperava solo l’egoismo. La riservatezza aveva ceduto il posto alla volgarità e alle oscenità.
Padre Pio provò nausea e disgusto…».

Francesco Rondina

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