La guerra in Aceh e noi

L a guerra civile insanguina la provincia di Aceh, nell’isola di Sumatra, Indonesia, (cfr. Missioni Consolata, 10 2003). C’è, inoltre, un altro motivo di preoccupazione: la sciagurata gestione del patrimonio forestale.
Se «Aceh» non fa rima con «pace», è perché, oltre alla Mobil, vi sono vari colossi del mondo imprenditoriale e finanziario, i quali, approfittando dell’instabilità politica e degrado sociale, privano l’Indonesia e il mondo di un tesoro ecologico ed economico di primissimo ordine.
Rispetto alle guerre tradizionali, i «conflitti a bassa intensità» (come quello nell’Aceh da 28 anni), oltre a provocare tante vittime civili, sono l’ideale per chi vuole rubare alla natura il massimo rischiando il minimo.
Con la guerra propriamente detta, la foresta equatoriale fa paura, perché qui si concentra il nemico. Invece nei conflitti a bassa intensità la foresta è solo una ricca torta da spartire. Qui la linea di demarcazione tra amici e nemici, terroristi e soldati, patrioti e invasori, bracconieri e ministri dell’ambiente è molto labile.

L’esistenza del grande parco nazionale Gunung Leuser non deve trarre in inganno, né deve illudere che la regione dell’«Ecosistema del Leuser» goda dello speciale patrocinio delle Nazioni Unite (l’Unesco l’ha inclusa nel programma «L’uomo e la biosfera»).
In realtà il Leuser è solo «parco di carta». Autorevoli studiosi temono che la copertura naturale possa sparire entro il 2005. Il disboscamento, messo in atto dalle compagnie del legname pregiato, dalle società cartarie e da coloro che hanno interesse a trasformare il territorio in un’immensa piantagione di tabacco e marijuana, provoca un danno incalcolabile alla biodiversità.
Il Leuser conta circa 25 mila specie di piante e animali: molte rischiano l’estinzione, come orangutan, rinoceronte, elefante e tigre (che, finora, ha tratto scarsissimo giovamento dalla riproduzione artificiale). Sconvolti sono l’assetto idrogeologico e il clima.
Contrariamente a ciò che la geografia può farci pensare (l’Aceh è all’Equatore), oggi a Sumatra periodi di siccità prolungata, capaci di asciugare fiumi di grande portata, si alternano ad alluvioni disastrose, come quella del novembre 2003, che costò la vita a più di 170 persone (tra cui diversi turisti).

A nche contro questo tipo di guerra occorre una seria mobilitazione. Si tratta di una guerra che miete vittime pure sulle isole limitrofe: gli indigeni dell’arcipelago Mentawai rischiano la cancellazione dalla faccia della terra, perché le loro foreste fanno gola a multinazionali e grossi calibri del mondo politico e militare.
Il nostro «sì» alla guerra lo diciamo pure quando fumiamo sigarette o lasciamo fumare (per una malintesa tolleranza). Lo diciamo quando sprechiamo quintali di fazzoletti e tovaglioli di carta. Possiamo accontentarci dell’assicurazione, da parte di certe aziende, che il 30% di tale carta non proviene dall’abbattimento di foreste naturali? E il restante 70%?
Inoltre beviamo caffè.

T empo fa il Wildlife Conservation Society dell’Indonesia denunciò il mercato irregolare del caffè come un motivo di fondo del degrado ecologico e della crisi sociale a Sumatra. Infatti, mentre nella maggioranza dei paesi consumatori il prezzo della tazzina aumenta, i lavoratori nelle piantagioni e i piccoli proprietari ricevono salari sempre più bassi. All’economia Usa il mercato del caffè frutta ogni anno 70 miliardi di dollari, ai paesi produttori solo 5,5.
A Sumatra guadagni miseri spingono i coltivatori a espandere le piantagioni per aumentare la produzione di bacche. Risultato: tra il 1996 e il 2001 la superficie coltivata è cresciuta del 28% e la maggior parte di questa espansione è avvenuta a spese delle foreste naturali, anche «protette»; oltre il Leuser, in grave difficoltà sono i parchi di Barisan Selatan, Berbak, Kerinci Seblat, Way Kambas.
Se vogliamo ridare pace e ambienti vivibili agli abitanti di Sumatra, se abbiamo a cuore la natura e gli animali, cerchiamo di eliminare il superfluo dalla nostra vita. Trasformiamo il tempo e il denaro risparmiati in qualcosa di valido: un libro, una rivista, una lettera di sensibilizzazione. Senza dimenticare LA PREGHIERA!
Chiara Barbadoro
Fano (PS)

Chiara Barbadoro

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