

Corea del Sud. Un democratico alla guida del Paese
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Dopo sei mesi di pericolose turbolenze politiche e istituzionali, dallo scorso 4 giugno la Corea del Sud ha un nuovo presidente. È Lee Jae-myung, candidato del Partito democratico.
Lee è stato scelto nelle elezioni del 3 giugno, cui hanno risposto il 79,4% degli aventi diritto, la più alta percentuale di votanti degli ultimi 28 anni. Sono state elezioni anticipate resesi necessarie a causa del terremoto innescato dall’ex presidente conservatore Yoon Suk-yeol. Lo scorso 3 dicembre questi aveva annunciato in televisione l’adozione della legge marziale, respinta dopo poche ore dall’Assemblea nazionale (190 voti su 300). Ne erano seguiti mesi di tensione chiusi il 4 aprile con la rimozione definitiva del presidente decretata all’unanimità dalla Corte costituzionale coreana.
Lee ha sconfitto Han Duck-soo, candidato del conservatore Partito del potere popolare che, nell’aprile 2024, aveva già perso il controllo dell’Assemblea nazionale (organo unicamerale), passata ai democratici.
La vittoria di Lee è stata chiara e non contestata, ma il Paese rimane diviso in due come raccontano anche i numeri: il vincitore ha ottenuto il 49,42 dei suffragi, Han il 41,15, e Lee Jun-seok, un fuoriuscito del partito conservatore, è arrivato terzo con l’8,34%. Dunque, a conti fatti, democratici e conservatori hanno ottenuto gli stessi voti.

Anche dopo la vittoria del Partito democratico, il Paese asiatico rimane diviso in due. Foto Paolo Moiola.
Interpellato subito dopo il risultato elettorale, Ko Young-in, giovane imprenditore di Busan, la seconda città del Paese, ci risponde con ottimismo: «Spero che il nuovo presidente della Repubblica formi un governo che riesca a comunicare con tutti i coreani». Meno vago è Byun Jae-woon, giornalista: «Parlando solo dal mio punto di vista, mentre l’ex presidente messo sotto accusa era un ex procuratore brutale e incompetente, questo presidente, che ha ricoperto la carica di sindaco e governatore, ha una capacità di governo del Paese quantomeno eccellente».
Sistemare le cose non sarà facile. La Corea del Sud deve affrontare svariati problemi con l’economia in rallentamento (una crescita dell’1 per cento, dimezzata rispetto al 2024) e una decrescita demografica che pare inarrestabile (stante il tasso di fertilità più basso al mondo: 0,75 figli per donna nel 2024). E poi ci sono i rapporti con gli Stati Uniti di Trump. Non soltanto per la questione dei dazi (gli Usa sono il secondo importatore di prodotti coreani dopo la Cina), ma anche per quella dei 28.500 soldati statunitensi presenti sul territorio della penisola coreana.
Il Paese asiatico rimane uno dei più militarizzati del mondo a causa della tensione perenne con la Corea del Nord, paese da cui è diviso dal 1945 in corrispondenza del 38.mo parallelo e con il quale non è mai stato firmato un trattato di pace dopo la fine della guerra (1950-’53). Nel suo discorso davanti all’Assemblea nazionale, il neo presidente ha riservato molta attenzione ai rapporti con Pyongyang. «Con un budget per la difesa doppio rispetto a quello della Corea del Nord – ha detto tra l’altro Lee -, con il quinto esercito al mondo, e con l’alleanza Corea-Stati Uniti, scoraggeremo le minacce nucleari e le provocazioni militari, mantenendo aperti i canali di dialogo per stabilire la pace nella penisola coreana».
Paolo Moiola