

Nato. L’insostenibile 5%
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I 32 Paesi Nato hanno deciso l’aumento della spesa militare al 5% del Pil. Mentre per la sanità l’Italia spenderà nel 2025 circa 143 miliardi e per l’istruzione 57, ben 45 miliardi di Euro andranno per difesa e sicurezza. Per la Nato, nel 2035 la spesa annua italiana dovrà essere di 145: 100 miliardi in più ogni anno. Una cifra insostenibile a meno di non aumentare tasse e debito, e di non ridurre cure mediche e scuola.
Dunque, la decisione è presa: i Paesi della Nato, «si impegnano a investire il 5% del Pil all’anno in requisiti di difesa fondamentali, nonché in spese relative alla difesa e alla sicurezza, entro il 2035», si legge nella dichiarazione finale del vertice dei trentadue Paesi membri dell’Alleanza tenutosi tra il 24 e 25 giugno all’Aja.
Le minacce che giustificherebbero questa decisione sono chiaramente indicate: la Russia e il terrorismo.
Si tratta di un documento sottoscritto all’unanimità, ma molto vago e senza vincoli determinati, in modo da permettere sin da subito interpretazioni diverse: infatti Spagna e Slovacchia hanno già dichiarato che non aumenteranno le loro spese militari, altri Paesi come il Belgio hanno espresso forti dubbi, altri come l’Italia hanno già messo le mani avanti su di una interpretazione molto larga del concetto di difesa e sicurezza.
Nel testo (una paginetta) le spese che ciascun Paese membro dovrebbe sostenere, sono suddivise in due categorie: quelle per la difesa vera e propria a cui si dedicherebbe il 3,5% del Pil; quelle per infrastrutture di sicurezza, di cui nel documento si dà un generico elenco, alle quali verrebbe destinato l’1,5%. Il tutto deve essere raggiunto in 10 anni: quindi entro il 2035.
Sulla prima categoria c’è un impegno dei Paesi a produrre piani annuali «credibili e progressivi», ma senza alcuna verifica, se non nel 2029.
Le conseguenze per l’Italia
Il Pil italiano del 2024 è stato pari a 2.192 miliardi di euro, le previsioni parlano di una crescita di spesa per la difesa stimata del 2,6% annuo.
Nel 2025, la spesa militare farà un balzo di 9,7 miliardi rispetto al 2024, ma con un artificio contabile che permetterà di raggiungere il 2% del Pil.
L’obiettivo di aumentare la spesa al 5% in dieci anni significa passare dai 45 miliardi di oggi (35 in difesa e quasi 10 in sicurezza) a ben 145 nel 2035 (oltre 100 in difesa e quasi 44 in sicurezza), con un salto di 100 miliardi.
Tutto questo porterà l’Italia a spendere in totale, nei prossimi dieci anni, quasi mille miliardi di euro in difesa e sicurezza (quasi 700 miliardi in difesa e quasi 300 in sicurezza).
Tanto per fare un raffronto, la spesa sanitaria prevista per il 2025 è di 143 miliardi, quella per l’istruzione di 57 miliardi.
Dove verranno trovati questi soldi? Il bilancio dello Stato del 2024 è stato di 1.200 miliardi circa, si tratta di aumentare le spese del 9%!
Sono due sono le principali fonti di entrata per uno Stato: i tributi, il debito.
Dato che nessuna delle due fonti si potrà allargare più di tanto, per raggiungere la spesa prevista dall’accordo Nato per difesa e sicurezza, bisognerà gioco forza ridurre la spesa in altri settori del bilancio dello stato: aspettiamoci, quindi, considerevoli tagli al già disastrato welfare, un salasso per le tasche dei cittadini, un debito già fuori controllo ulteriormente ingigantito.
A questo, sul profilo politico, si aggiunga il rafforzamento di un blocco militare-industriale che condizionerà le scelte pubbliche per i prossimi decenni.
Le attuali spese per gli armamenti sono insufficienti?
Come scritto più volte sulle pagine di MC (vedi ad esempio: «Spese militari nel mondo. Mai così alte», le spese militari sono in costante aumento da più di un decennio.
Diamo uno sguardo alla situazione complessiva: secondo l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, nel 2024 sono stati spesi 2.718 miliardi di dollari in armi a livello globale, con un aumento del 9,4% rispetto all’anno precedente, più 20% in 3 anni.
La spesa militare nell’Europa geografica, Russia inclusa, è aumentata del 17 per cento, raggiungendo i 693 miliardi di dollari, e ha contribuito in modo significativo all’aumento globale.
La spesa militare della Russia ha raggiunto una cifra stimata di 149 miliardi di dollari nel 2024, con un aumento del 38 per cento rispetto al 2023.
La spesa militare aggregata degli Stati membri dell’UE ha raggiunto i 370 miliardi nel 2024, il secondo più alto dopo gli Stati Uniti. Tra i Paesi Ue, la Germania ha visto un aumento del 28 per cento, raggiungendo gli 88,5 miliardi di dollari all’anno. In tal mondo, la Germania è diventata il Paese che ha allocato più denaro per le spese militari in termini assoluti dell’Europa centrale e occidentale, il quarto al mondo. Anche Francia e Gran Bretagna hanno toccato cifre importanti.
I trentadue paesi della Nato rappresentano il 55% della spesa militare globale totale, pari a 1,5 trilioni di dollari.
Anche la Cina ha aumentato il suo budget militare per il trentatreesimo anno consecutivo, con 314 miliardi di dollari nel 2024.
Imparare dalla storia
Siamo in presenza di una folle corsa agli armamenti in tutto il pianeta, e l’Europa è già ai primi posti.
Tutto ciò non dà maggiore sicurezza, al contrario, stanno saltando tutti gli organismi internazionali preposti alla prevenzione dei conflitti, vengono stracciati i Trattati internazionali, mentre la guerra viene vista come unico metodo per risolvere i conflitti.
Non c’è nulla di più falso del motto «si vis pacem para bellum», un motto attribuito all’impero romano, una macchina da guerra che seguendo quel principio ha esteso il suo dominio in tutto il mondo allora conosciuto. Da allora tutte le volte che gli stati si sono armati, ne sono conseguite guerre.
Basterebbe rileggere la storia dei primi anni del secolo scorso, quando la corsa agli armamenti è sfociata nella Grande guerra, un conflitto che tutti volevano evitare ma che ha sconquassato il mondo con conseguenze fino ai nostri giorni.
Ma allora che fare per la pace?
Proponiamo qui un elenco non esaustivo di azioni che pensiamo siano da inserire in un progetto per la pace che l’UE dovrebbe fare proprio.
Siccome, però, questa Uè non lo farà, lo faccia proprio il movimento per la pace, e lo proponga a forze politiche vecchie e nuove per riuscire a ribaltare questa deriva pericolosa verso una nuova Grande Guerra, che questa volta sarà nucleare.
• Ripristinare quel sistema di equilibrio diplomatico che ha permesso di conservare la pace anche ai tempi della guerra fredda: rafforzare l’Onu e la Csce (Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa). Anzi, lavorare per una nuova conferenza di Helsinki.
• Riprendere negoziati sulla limitazione e il controllo degli armamenti, misure di rafforzamento della fiducia, diplomazia e disarmo in Europa.
• Rinnovare il trattato Start sulla riduzione degli armamenti strategici, che scade nel 2026.
• Creare zone libere da armi nucleari, nel Mediterraneo e in Europa.
• Sostenere e aderire al trattato Onu che mette al bando le armi nucleari (Tpan).
• Rafforzare la cooperazione tra Stati e tra associazioni della società civile.
• Promuovere l’educazione alla pace nelle scuole e nelle comunità, insegnando i valori del rispetto, della tolleranza e della nonviolenza.
• Promuovere la difesa civile non armata e nonviolenta, come alternativa alla difesa militare tradizionale.
• Sostenere la ricerca e lo sviluppo di modelli di difesa basati sulla prevenzione dei conflitti, la gestione nonviolenta delle crisi e la protezione dei civili.
Siamo ancora in tempo!
Paolo Candelari
Links utili
Sintesi dei dati da SIPRI sulle spese militari