

Siria. Attacco agli «infedeli»
Condividi:
Damasco, 22 giugno 2025. Nella chiesa greco-ortodossa di Sant’Elia, nel quartiere di Dweila, sono più di 300 le persone che si sono radunate in occasione della messa domenicale.
Durante la preghiera, i fedeli vengono investiti da una violenta deflagrazione. Un attentatore suicida si è fatto esplodere all’ingresso della chiesa. Sono 25 i morti e più di 60 i feriti. Si tratta dell’attacco terroristico più grave dell’era post-Assad.
Il kamikaze viene identificato con il nome di Mohammed Zain al-Abidin, un uomo meglio conosciuto con il suo soprannome: Abu Othman. Nelle prime ore, le agenzie di stampa riportano la tragedia come un attacco perpetrato dall’Isis, ma, poche ore dopo l’attentato, sui canali social ne viene rivendicata la paternità. L’attacco non è stato compiuto da Daesh ma da un nuovo gruppo terroristico, un’organizzazione che fa già molta paura alle minoranze religiose siriane. Si fanno chiamare Sas, acronimo di Saraya Ansar al-Sunna (Brigate a sostegno/fedeli del sunnismo).
Da chi è formato questo nuovo gruppo? Quali sono le sue origini? Particolarmente attivo sui social, in particolare su Telegram, Sas è formato da miliziani sunniti. Sotto il regime di Assad, ha combattuto a fianco dell’Hts, soprattutto durante la riconquista della Siria. Sas, quindi, faceva parte a tutti gli effetti di quelli che l’Occidente ha soprannominato i «ribelli anti-Assad». Oggi, questi miliziani accusano il nuovo governo di essersi avvicinato troppo all’Occidente e, per questo, «infedele».

Anche l’attuale presidente della Siria, Ahmed al-Sharaa (vero nome di al-Jawlani), è stato bersaglio della campagna d’odio e di minacce portate avanti dal nuovo gruppo estremista. I membri del Sas si sono schierati, in particolare, contro le minoranze cristiane, druse, e sciite.
Sono proprio gli sciiti, oggi in Siria, a correre il pericolo maggiore, in particolare quelli della corrente alawita. Sono più di 1.500, infatti, gli alawiti uccisi in 40 diverse località siriane, tra il 7 e 9 marzo scorso. Molti degli attentati sono stati rivendicati dal Sas e da altre milizie loro simpatizzanti.
Le autorità siriane, e le organizzazioni per il monitoraggio del terrorismo in Medioriente, hanno dichiarato che è ancora presto per dare una precisa identità al Sas. Difficile rintracciarne una base fisica o luogo di provenienza, anche se, nelle ultime indagini, si è identificata la città di Homs come una delle sue possibili roccaforti.
Nelle ultime ore, cercando di ricostruire i movimenti dell’attentatore alla chiesa di Sant’Elia, Mohammed Zain al-Abidin, si è scoperto che questi sarebbe cresciuto nel campo di semidetenzione di Al-Hol, nel Nord-Est della Siria.
Nel 2023, con un nostro reportage su MC, raccontavamo proprio del potenziale pericolo che poteva nascere da questo campo. Al-Hol raccoglie, al suo interno, oltre 55mila persone. Sono mogli, figli e figlie dei terroristi dell’Isis detenuti nei penitenziari. L’interno di questi campi è quasi totalmente autogestito. Le autorità si limitano solo a sorvegliarne i perimetri.
I timori che luoghi come questo possano essere una fucina per nuove organizzazioni terroristiche, come Daesh, sta purtroppo trovando riscontri con gli ultimi attentati in Siria.
L’attacco del 22 giugno riporta la comunità cristiana a temere per la propria incolumità. Il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del dicastero per le Chiese orientali, ha espresso grande preoccupazione per il futuro dei cristiani in Siria. Il cardinale ha, inoltre, sottolineato la necessità di un aiuto, e di un intervento umanitario, in un Paese che è ancora sotto le sanzioni dell’Unione europea, anche se di recente meno rigide.

Abbiamo raggiunto telefonicamente alcuni negozianti del quartiere cristiano di Bab Tuma, a Damasco, persone che avevamo già incontrato nello scorso dicembre 2024, subito dopo la caduta del regime di Assad.
In particolare, Youssef ci dice: «Come comunità perseguitata, siamo sempre stati molto cauti nel gioire pienamente della nostra libertà. Certo, dopo la caduta di Assad, avevamo tutti una grande speranza di cambiamento. Non sappiamo come verrà gestita questa nuova emergenza. Posso dirvi, però, che molti stanno nuovamente pensando di fuggire all’estero. Siamo stati un bersaglio per Al-Qaida, poi Daesh, poi Al-Nusra, tutto questo sotto il regime di Assad, e ora Sas. I più anziani, come me, hanno ormai accettato questa situazione. Ma i giovani che pensano ad un futuro, lo sognano lontano da qui. Purtroppo».
Angelo Calianno