Destinazione Bucarest

Ion è un ragazzo rumeno che, a vent’anni, decide di raggiungere la sorella a Torino per trovare lavoro e contribuire al mantenimento dei genitori anziani e malati. Ion non delinque, non commette alcun reato. È, come tanti, un irregolare che lavora sodo: 12 ore al giorno con un contratto «part-time».
Accade che Ion presenti domanda di regolarizzazione e che debba attendere un intero anno (dal febbraio 1999 al febbraio 2000) per ricevere una risposta. Intanto, il datore di lavoro si stufa di attendere le lungaggini della burocrazia e non si presenta alla convocazione della «Direzione provinciale del lavoro», che deve effettuare gli accertamenti sulla consistenza patrimoniale della ditta.
Ion non si dà per vinto. Trova un altro datore di lavoro disposto ad assumerlo e si presenta allo sportello adibito alle procedure di regolarizzazione, per la firma del nuovo contratto. Ma la burocrazia non accetta variazioni del contratto di lavoro e, pertanto, la sua richiesta viene respinta. A causa di ciò, contro Ion torna ad essere valido un vecchio decreto di espulsione per irregolarità del soggiorno (dunque, per un illecito solo amministrativo) e il giovane rumeno, dovendo essere espulso, viene rinchiuso nel recinto del «Centro di permanenza temporanea» di Torino.
Il giorno successivo egli racconta al giudice la sua paradossale vicenda. Il magistrato si rende conto che forse Ion potrebbe utilmente ricorrere contro il rifiuto del permesso di soggiorno e, pur convalidando il trattenimento nel Centro, dispone di procrastinare l’esecuzione dell’espulsione in attesa della decisione sul ricorso.
Nonostante il provvedimento di rinvio, incredibilmente, il mattino successivo Ion viene imbarcato alla Malpensa: destinazione Bucarest. A seguito delle rimostranze del suo avvocato, mentre si sta dando esecuzione all’espulsione, arriva la rettifica del giudice. Purtroppo, opposta a quella sperata: sì, Ion può essere espulso!
Cosa abbia indotto il magistrato ad ingranare la retromarcia in meno di 24 ore non è dato sapere. Certo, è curiosa la coincidenza temporale tra la disapplicazione di un ordine del giudice e il repentino mutamento di opinione dello stesso!

Questa piccola storia è solo un esempio, fra tanti, di come la sorte della vita del cittadino straniero in Italia sia posta nelle mani delle forze dell’ordine senza che sia possibile alcun effettivo controllo da parte dell’autorità giudiziaria. La vicenda raccontata dimostra come il confine tra regolarità ed irregolarità sia assai labile: mentre è difficile diventare regolari da clandestini, può essere molto facile il percorso inverso. E l’espulsione potrà sempre essere un’alternativa, non voluta ma possibile, anche per gli extracomunitari «buoni», quelli che lavorano e non mettono a repentaglio la sicurezza dei nostri quartieri.
Per questo, la soglia di attenzione per l’effettività delle garanzie e dei diritti di tutti non deve scendere fino all’accettazione della separatezza, della mancanza di trasparenza, controllo e informazione, ove la discrezionalità può diventare arbitrio senza che nessuno se ne accorga, tranne chi lo subisce.
Guido Savio
Avvocato dell’«Associazione
studi giuridici sull’immigrazione», Torino

Guido Savio

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