Iscriviti alla newsletter
Inserisci la tua email e iscriviti alla nostra newsletter
Inserisci la tua email e iscriviti alla nostra newsletter

Il sisma afgano del 31 agosto scorso ha colpito le regioni orientali di Kunar e Nangarhar, a Nordest di Jalalabad, facendo oltre 900 morti e tremila feriti. Ha aggravato una situazione già critica in tutto il Paese, dove oltre 9 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare e sono presenti livelli record di malnutrizione acuta dei bambini.
Nella regione colpita vi è, inoltre, l’afflusso di famiglie afgane espulse con la forza dal Pakistan, i cosiddetti «rifugiati di ritorno» che rientrano nell’Afghanistan orientale e trovano le loro case distrutte e terreni agricoli abbandonati, cadendo in condizioni di estrema indigenza.
In una situazione apparsa subito drammatica, il Governo ha inviato una richiesta di aiuto alla comunità internazionale. E gli aiuti non sono mancati.
Il Wfp (World food programme) è stato la prima agenzia internazionale a raggiungere le zone colpite, consegnando aiuti alimentari a oltre 58mila persone entro poche ore dal sisma e supportando la logistica di una più ampia risposta umanitaria finanziata dalla Banca asiatica di sviluppo, dal Cerf (Central emergency response fund), il fondo Onu di risposta alle emergenze, e da diversi Paesi, sia vicini che lontani.
Tra essi Cina, Russia, Kazakhstan e altri che hanno rapporti diplomatici con l’emirato governato dai Talebani. Ma anche altri, il cui aiuto non era scontato, come Canada, Giappone, Svizzera, Unione Europea. Quest’ultima ha stanziato 161 milioni di euro per soccorrere i più vulnerabili nell’assistenza alimentare, nei servizi sanitari, in cure per la malnutrizione, in attività educative.
Con il disimpegno americano e la presa di potere da parte dei Talebani nel 2021, numerose nazioni del blocco euro-atlantico (inclusa l’Italia) avevano chiuso le loro sedi diplomatiche nel Paese, contestando al regime discriminazioni di genere e violazioni dei diritti umani. Secondo gli analisti, i rapporti informali riallacciati in occasione dell’emergenza potrebbero ora portare a nuovi sviluppi. Come ha riferito l’agenzia Bloomberg, nelle cancellerie occidentali, infatti, si parla della possibilità di riaprire le sedi diplomatiche in Afghanistan, con il conseguente riconoscimento ufficiale delle attuali autorità del Paese.
Accanto all’impegno umanitario la comunità internazionale si fa presente nel Paese dell’Asia centrale con pressioni per il riconoscimento della dignità e dei diritti umani dei suoi cittadini: in quest’ottica dall’8 al 10 ottobre si tiene a Madrid l’udienza del Tribunale permanente dei popoli (Tpp) per esaminare il ricorso presentato da una coalizione di organizzazioni della società civile afgana, che rilevano e documentano le violazioni dei diritti e le discriminazioni che il Governo dei Talebani sta perpetrando sulle donne.
Il ricorso mira ad accertare le responsabilità dell’attuale Goversno per l’apartheid di genere e l’oppressione delle donne.
La coalizione è composta da quattro organizzazioni: Rawadari; Afghanistan human rights and democracy organization; Organization for policy research and development studies; Human rights defenders plus. Esse, dal dicembre 2024, hanno tenuto discussioni e consultazioni con vittime, sopravvissuti, studiosi islamici, organizzazioni della società civile, esperti internazionali di diritti umani e giustizia penale, sia all’interno che all’esterno dell’Afghanistan, per appurare e documentare le violazioni.
Dal ritorno dei Talebani al potere, avvenuto nell’agosto 2021 – affermano le Ong -, le donne afgane hanno subito un grave arretramento dei loro diritti fondamentali: sono escluse dall’istruzione secondaria e universitaria, dal lavoro in quasi tutte le professioni, e dalla vita pubblica, affrontando una delle forme più estreme al mondo di discriminazioni di genere.
Il Tpp è un tribunale d’opinione internazionale che si occupa di casi di gravi violazioni dei diritti umani, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio. Ha sede a Roma e ha tenuto più di 50 sessioni in tutto il mondo. In precedenza ne ha tenute già due sull’Afghanistan, in relazione all’invasione sovietica del 1979.
Istituito a Bologna nel 1979, nel contesto della Dichiarazione universale dei diritti dei popoli (1976), grazie all’intuizione del giurista e politico italiano Lelio Basso, il Tpp è un’istituzione costantemente in ascolto di popoli costretti a misurarsi con l’assenza del diritto e con l’impunità. Le sue sentenze non hanno un valore giuridico, ma simbolico e politico.
Paolo Affatato