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Nucleare, civile è possibile? /2

«Sì, al nucleare civile»

di Piergiorgio Pescali

Nel dibattito contemporaneo sull’energia, il nucleare civile occupa una posizione centrale e controversa. Mentre alcuni fisici e scienziati esprimono preoccupazioni legittime sui rischi associati alla tecnologia nucleare, è essenziale analizzare razionalmente i vantaggi che questa fonte può offrire nella transizione verso un futuro sostenibile. La sfida climatica che stiamo affrontando richiede una valutazione pragmatica delle nostre opzioni energetiche, oltre i timori del passato e le confusioni concettuali tra uso civile e militare dell’atomo.

La distinzione

Prima di addentrarci nell’analisi dei benefici dell’energia nucleare civile, è cruciale stabilire una distinzione netta e scientificamente rigorosa tra l’uso pacifico e quello militare della tecnologia nucleare. Questa distinzione, spesso offuscata nel dibattito pubblico, è fondamentale per una valutazione razionale della questione.

Il nucleare civile utilizza uranio arricchito al 3-5% di U-235, una concentrazione sufficiente per sostenere una reazione controllata ma completamente inadeguata per scopi militari. Le armi nucleari richiedono uranio arricchito oltre il 90% o plutonio di qualità militare, materiali che prevedono processi industriali completamente diversi e molto più complessi. Una centrale nucleare civile non può fisicamente produrre un’esplosione nucleare: nel caso peggiore, come dimostrato a Fukushima, si verifica una fusione del nocciolo contenuta all’interno delle barriere di sicurezza.

La rivoluzione necessaria

Il cambiamento climatico rappresenta la sfida più urgente del nostro tempo. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050 richiedono una trasformazione radicale del nostro sistema ener-

getico globale. Mentre le energie rinnovabili come solare ed eolico stanno crescendo rapidamente, la loro natura intermittente presenta limitazioni significative per garantire una fornitura stabile e affidabile 24 ore su 24.

Una centrale nucleare moderna può operare continuamente per 18-24 mesi senza interruzioni, fornendo energia pulita indipendentemente dalle condizioni meteorologiche o dall’ora del giorno con una resa che supera il 90% rispetto al 20-30% del fotovoltaico ed eolico.

La Francia, che produce circa il 70% della sua elettricità dal nucleare, ha una delle impronte di carbonio più basse d’Europa nel settore elettrico con soli 60 grammi di CO2 per kWh contro gli 820 della Polonia (carbone) o i 400 della Germania. Questo risultato dimostra concretamente l’efficacia del nucleare nella decarbonizzazione del sistema energetico.

Una vista della centrale ucraina di Zaporizhzhia, a rischio per gli attacchi della Russia. Foto Wikimedia.

I progressi tecnologici e i timori del passato

Le preoccupazioni sulla sicurezza nucleare, comprensibilmente amplificate da eventi come Chernobyl e Fukushima, devono essere contestualizzate nell’evoluzione tecnologica degli ultimi quarant’anni. I reattori di Generazione III+ oggi in uso, incorporano sistemi di sicurezza passivi che si attivano automaticamente senza intervento umano o energia esterna, utilizzando principi fisici fondamentali come la gravità e la convezione naturale.

L’analisi statistica della sicurezza nucleare rivela dati sorprendenti spesso ignorati nel dibattito pubblico. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), entrambe organizzazioni dell’Onu, l’energia nucleare presenta uno dei tassi di mortalità per unità di energia prodotta più bassi tra tutte le fonti energetiche.

Inoltre, i moderni sistemi di contenimento sono progettati per resistere a eventi estremi come terremoti di magnitudo 9, tsunami, impatti di aerei commerciali e atti terroristici. Il doppio o triplo contenimento in acciaio e cemento armato di spessore superiore al metro garantisce che anche nel caso remoto di un incidente grave, le radiazioni rimangano confinate.

A Fukushima, secondo i dati dell’Unscear (United nations scientific committee on the effects of atomic radiation), l’incidente ha causato direttamente un solo morto per radiazioni, mentre in Ucraina, dove la maggior parte degli impianti eolici e fotovoltaici sono stati distrutti o trasferiti in Russia, Zaporizhzhia, nonostante le continue profezie apocalittiche, non ha mai subito danni strutturali e la stessa popolazione ucraina può avere energia elettrica anche grazie alle sue centrali nucleari.

I costi

L’economia dell’energia nucleare presenta vantaggi strutturali spesso sottovalutati nel dibattito energetico contemporaneo. Mentre l’investimento iniziale per una centrale nucleare è significativo, tipicamente 6-9 miliardi di euro per un reattore da 1.600 MW, i costi operativi sono estremamente bassi e stabili per 60-80 anni di vita operativa.

Il combustibile nucleare rappresenta solo il 5-10% del costo totale di produzione dell’elettricità nucleare, rendendo questa fonte energetica praticamente immune alle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime che affliggono i combustibili fossili.

La Corea del Sud ha dimostrato come un programma nucleare ben gestito possa fornire energia economica e competitiva grazie alla standardizzazione, alla costruzione in serie e all’esperienza accumulata del settore industriale nazionale.

L’industria nucleare genera, inoltre, un ecosistema economico ad alto valore aggiunto. Una centrale nucleare impiega direttamente 400-700 persone altamente qualificate per tutta la sua vita operativa, oltre a creare un indotto di 1.500-2.000 posti di lavoro nell’area circostante. L’industria nucleare francese, oltre a impiegare circa 220mila persone, genera un fatturato annuo di 46 miliardi di euro, rappresentando un pilastro dell’economia nazionale.

Cartelli di pericolo avvertono della presenza di scorie radioattive. Foto Dan Meyers – Unsplash.

Innovazione scientifica: il nucleare del futuro

Il settore nucleare sta vivendo una rinascita tecnologica senza precedenti, con innovazioni che promettono di rivoluzionare completamente il panorama energetico mondiale. I piccoli reattori modulari (Smr) rappresentano la frontiera più promettente, con oltre 70 progetti in sviluppo in tutto il mondo.

Gli Smr, con potenze comprese tra 50 e 300 MW, possono essere prodotti in serie in fabbrica e trasportati sui siti di installazione, riducendo drasticamente i tempi di costruzione da 10-15 anni a 3-5 anni. La standardizzazione industriale permette un controllo qualità superiore e costi significativamente inferiori.

La tecnologia dei reattori veloci rappresenta un’altra frontiera rivoluzionaria. Questi reattori possono utilizzare come combustibile l’uranio-238, che costituisce il 99.3% dell’uranio naturale moltiplicando le riserve di combustibile nucleare di un fattore 100, rendendo l’energia nucleare praticamente inesauribile per millenni.

La gestione delle scorie

La questione delle scorie radioattive, spesso presentata come un problema irrisolvibile, richiede una valutazione scientifica basata su dati concreti piuttosto che su percezioni emotive. La quantità di scorie ad alta attività prodotte dall’energia nucleare è sorprendentemente piccola: tutto il combustibile esausto prodotto dall’industria nucleare mondiale in 80 anni di operazioni è di 10mila m3 (in confronto, ogni anno noi produciamo 410 milioni di tonnellate di rifiuti tossici, non meno pericolosi per la salute di quelli radioattivi).

La pericolosità delle scorie diminuisce esponenzialmente nel tempo seguendo leggi fisiche immutabili e, dopo 300 anni, la radioattività delle scorie vetrificate è ridotta al livello del minerale di uranio originario. Le barriere ingegneristiche e geologiche dei depositi permanenti sono progettate per durare centinaia di migliaia di anni, garantendo un margine di sicurezza enorme.

La Finlandia ha inaugurato Onkalo, il primo deposito geologico permanente al mondo per scorie ad alta attività, dimostrando che esistono soluzioni tecniche sicure e definitive. Il deposito, scavato nella roccia granitica stabile da 2 miliardi di anni, utilizzerà il principio del confinamento multi-barriera: contenitori di rame che durano 100mila anni, circondati da bentonite che si espande a contatto con l’acqua creando una barriera impermeabile.

Le tecnologie di riciclaggio del combustibile, implementate con successo in Francia da oltre 40 anni, possono ridurre il volume delle scorie del 85% e recuperare il 96% dell’energia ancora contenuta nel combustibile «esausto».

I benefici ambientali

I vantaggi ambientali dell’energia nucleare si estendono ben oltre la semplice riduzione delle emissioni di CO2. L’impronta territoriale del nucleare è la più piccola tra tutte le fonti energetiche: una centrale nucleare da 1.000 MW occupa circa 2-3 km², mentre un parco eolico equivalente richiederebbe 200-300 km² e un impianto solare 50-100 km².

Questa efficienza nell’uso del territorio è cruciale non solo per la rapida occupazione di suolo sul territorio, ma anche per la preservazione della biodiversità e degli ecosistemi naturali. L’espansione massiccia delle rinnovabili richiede enormi quantità di terre, spesso sottraendo spazio ad agricoltura e habitat naturali.

L’energia nucleare non produce inquinamento atmosferico locale: nessuna emissione di particolato fine, ossidi di azoto, biossido di zolfo o altri inquinanti che causano problemi respiratori e cardiovascolari.

Il consumo di acqua per il raffreddamento, spesso citato come problema ambientale, è comparabile a quello di altre centrali termiche e può essere completamente eliminato utilizzando sistemi di raffreddamento a secco, già implementati in diverse centrali moderne in aree aride. La stessa Ipcc, in tutti i suoi schemi di riduzione di contenimento dell’aumento di temperatura, prevede l’intervento del nucleare accoppiato a quello delle rinnovabili.

Lezioni dal mondo

L’esperienza internazionale offre esempi concreti dei benefici del nucleare civile ben gestito. La Svezia ha combinato nucleare e idroelettrico per raggiungere uno dei mix elettrici più puliti al mondo, con emissioni di soli 45 grammi di CO2 per kWh. Il Paese ha mantenuto prezzi dell’elettricità stabili e competitivi per decenni.

La già citata Corea del Sud ha trasformato la sua economia energetica attraverso un programma nucleare ambizioso, passando dal 100% di dipendenza energetica estera negli anni Settanta a una situazione di relativa autosufficienza elettrica. I 24 reattori sudcoreani forniscono il 27% dell’elettricità nazionale con standard di sicurezza eccellenti e costi competitivi.

Anche Paesi in via di sviluppo stanno riconoscendo il potenziale del nucleare. Gli Emirati arabi uniti hanno completato la centrale di Barakah, diventando il primo Paese arabo con energia nucleare civile.

È significativo che paesi come Germania e Belgio, che hanno deciso di abbandonare il nucleare per preoccupazioni di sicurezza, stiano ora riconsiderando queste decisioni di fronte alla crisi energetica e climatica.

Nucleare e sicurezza energetica

La crisi energetica del 2022 ha evidenziato l’importanza della diversificazione delle fonti energetiche e dell’indipendenza da fornitori instabili. L’energia nucleare offre un contributo fondamentale alla sicurezza energetica nazionale ed europea. Una centrale nucleare può operare per 18-24 mesi con un singolo caricamento di combustibile, rendendo il sistema elettrico molto meno vulnerabile a interruzioni delle forniture.

Il combustibile nucleare può essere facilmente stoccato per anni senza degradazione permettendo ai paesi di mantenere riserve strategiche di combustibile nucleare equivalenti a diversi anni di operazione, garantendo l’indipendenza energetica anche in scenari geopolitici complessi.

Una roccia contenente uranio grezzo. Foto Pavan – Unsplash.

Superare i pregiudizi

La transizione energetica europea richiede un approccio tecnologicamente neutro che utilizzi tutte le fonti low carbon disponibili. Non dobbiamo vedere il nucleare in contrapposizione alle fonti rinnovabili, ma come un complesso sinergico.

Escludere a priori il nucleare significa limitare artificialmente le nostre opzioni tecnologiche, rendere più difficile e costoso il raggiungimento degli obiettivi climatici, e perdere opportunità economiche e tecnologiche strategiche. L’energia nucleare non è l’unica soluzione alla crisi climatica, ma è certamente una componente indispensabile di una strategia energetica integrata e sostenibile.

Il futuro energetico dell’Europa e del mondo dipenderà dalla nostra capacità di superare i pregiudizi del passato, distinguere chiaramente tra uso civile e militare dell’atomo, e abbracciare un approccio scientifico e pragmatico alle sfide energetiche. L’energia nucleare civile, con le sue tecnologie avanzate, i suoi standard di sicurezza rigorosi e il suo potenziale di innovazione, rappresenta un pilastro fondamentale per un futuro sostenibile, sicuro ed economicamente competitivo.

Piergiorgio Pescali

Piergiorgio Pescali è fisico. Risiede tra Giappone e Corea del Nord lavorando nella ricerca scientifica in campo fisico e nucleare. È una firma storica di MC. I suoi ultimi contributi sono state alcune corrispondenze dall’Iran per il nostro sito in concomitanza con la «guerra dei 12 giorni» del giugno 2025.

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