«Albese» prete e missionario

A tre anni dalla morte pubblicata biograifa di padre Paolo Tablino

È uscito lo scorso marzo 2012 presso le Edizioni S. Paolo il libro intitolato Paolo Tablino – un missionario immerso nel Vangelo, ne è autore don Giovanni Ciravegna, già rettore del Seminario Diocesano di Alba.

È opportuna una premessa: esattamente tre anni or sono, padre Paolo Tablino moriva a Nairobi, in Kenya, all’età di 81 anni, dei quali circa cinquanta vissuti nelle aride terre del Nord del Kenya, ai confini con l’Etiopia, e, per sua volontà, veniva sepolto a Marsabit. In questa regione, d’intatta se pur selvaggia bellezza, caratterizzata da clima ostico e comunicazioni malagevoli, insieme ad altri sacerdoti, religiosi e laici, inizialmente italiani e albesi, aveva annunciato il Vangelo, realizzato scuole, chiese e strutture per la promozione umana, stabilendo contatti con popolazioni di cui, fino agli anni ‘60, poco si conosceva quanto a modo di vivere, lingua e struttura sociale.
Ben noto, pur così lontano, in Alba città e diocesi, aveva sempre mantenuto contatti epistolari e personali con un vasto numero di amici, che, nei tre anni trascorsi dalla morte, hanno mantenuto per lui quanto mai vivo il ricordo, l’affetto e, direi, la venerazione: questo libro soddisfa l’attesa di molti, sia degli amici di lungo corso e quelli più recenti. La prova più evidente della costanza dei legami che tutti costoro mantengono con lui è il gruppo di uomini e donne di ogni età che il giorno quattro di ogni mese – anniversario del suo passaggio al cielo -, si riunisce nel duomo di Alba alla messa delle ore diciotto, preceduta da un’ora di adorazione eucaristica.
Il libro è strutturato linearmente in forma biografica: dopo un flash iniziale sulle impressioni e reazioni seguite alla notizia del decesso, l’autore segue le vicende della vita di Paolo Tablino, dalla giovinezza alla formazione, all’ordinazione sacerdotale, all’impegno missionario, che assume rispondendo all’invito dell’amico don Bartolomeo Venturino, anch’egli albese, primo sacerdote fidei donum in Italia nel 1958, e di mons. Carlo Cavallera, vescovo di Nyeri fino al 1964, poi di Marsabit (vedi MC 2011/03, pag. 16). La narrazione abbina le circostanze individuali ai luoghi in cui ha operato: Alba, Kenya, Roma, rammentando le persone da lui conosciute, ricordando momenti, fatiche, scritti, decisioni importanti di un’esistenza spesa senza risparmio al servizio del Vangelo e degli uomini e delle donne che la vita gli aveva fatto incontrare.
Questa è la struttura di un testo in cui, intercalate nella trama della sua vita s’inseriscono testimonianze, concise talvolta, altre volte approfondite, di persone che l’hanno frequentato, ne hanno condiviso tempi di vita e momenti decisivi, hanno dialogato con lui di argomenti e di scelte di grande rilevanza.
Assai spesso l’autore fa parlare padre Paolo stesso, riportandone scritti da lui inviati e gelosamente conservati dai destinatari: la costanza e la cura nello scrivere a tantissime persone sono state certamente una delle caratteristiche più note e importanti della sua personalità. Queste lettere, che colpiscono per la spontaneità e la capacità di rapportarsi con l’interlocutore, toccano tutti i casi della vita: avvenimenti lieti e tristi, scelte impegnative, drammi e miracoli che solo il cuore conosce. Un complesso di migliaia di fogli, scritti a mano con calligrafia precisa, i più su carta leggera per posta aerea dove i francobolli e le diciture portano immagini esotiche di animali africani o di paesaggi di bellezza primordiale. Sovente si tratta di lettere dense di contenuti dottrinali, pastorali, teologici: queste sono per lo più dirette ai maestri e agli amici del seminario di Alba, del gruppo missionario, dell’Azione Cattolica.
Il libro di don Giovanni Ciravegna attinge in modo esauriente a questa raccolta di documenti, che spazia dai primi appunti giovanili, già rigorosi nella loro semplicità, alle lettere serene della maturità, scritte con il pensiero ormai oltre la morte.
Nel testo parlano anche, con voci riportate in diretta, molti amici, nei quali la richiesta fatta loro dall’autore di fornire una testimonianza personale ha dato avvio a un flusso inarrestabile di ricordi e di memorie comuni, in cui emergono momenti di comunione o di percorsi umani condivisi.
Questa è, in sintesi, la sostanza del libro che vede ora la luce. Il ritratto umano e sacerdotale di padre Paolo Tablino mi pare più che riuscito. Poiché questa è la prima biografia che si presenta al pubblico, senza dubbio è auspicabile un prossimo accurato studio che approfondisca tutti gli aspetti della ricchissima personalità del missionario.
Quello che si può affermare, senza che possa suonare come giudizio riduttivo, è che il protagonista del volume è considerato da un punto di vista quasi esclusivamente «albese»: è albese l’autore, albesi per lo più sono gli amici che ne hanno parlato e Alba è stata ben presente nella vita di p. Tablino, costantemente ricordata nelle savane desertiche del Nord Kenya (la Gazzetta d’Alba vi è sempre arrivata, ben attesa, per anni, coi tempi permessi dalle poste).
Don Giovanni Ciravegna ne esamina accuratamente il periodo giovanile di formazione scolastica e sacerdotale: è questo il momento fondamentale per la comprensione del futuro missionario. Sullo sfondo della Alba degli anni ‘40 e ‘50, l’autore cita i maestri che lo hanno formato, sia sacerdoti che laici, analizza i primi anni di apostolato come prete accanto a uomini di grande livello, impegnati insieme in una molteplice varietà di iniziative. È un periodo di fecondità straordinaria nella fede e nelle opere che segnerà la vita di tanti, di p. Paolo per primo e di tanti amici.
Ma l’uomo e il missionario sono stati molto di più: l’Africa e insieme la missione, a un certo punto della sua vita, sono state le sole cose importanti. I cinquant’anni dedicati alla gente del Nord Kenya dovranno essere oggetto di studio approfondito, magari da parte di uno dei giovani, ora uomini, da lui formati ed avviati a culture e studi per loro del tutto nuovi e neppure immaginati fino a prima di incontrarlo. Gli argomenti su cui lavorare sono ancora molti e tutti di grande interesse: possediamo documenti, in parte pubblicati, in italiano ed in inglese. Mi riferisco agli studi linguistici, etnografici e religiosi sui popoli dell’area Nord Kenya/Etiopia, condivisi con don Bartolomeo Venturino, che gli hanno valso la conoscenza e l’amicizia di studiosi di tutto il mondo. Accenno ancora agli scritti sulla storia dell’evangelizzazione di quella che in epoca coloniale era l’inaccessibile Northe Frontier (frontiera settentrionale). In questo campo, la sua testimonianza, vissuta direttamente e condivisa con persone ormai quasi tutte scomparse, è preziosa e insostituibile. I due volumi, pubblicati in inglese dalle Paulines Publications Africa delle Figlie di S. Paolo di Nairobi, costituiscono una miniera fondamentale per la storiografia dell’evoluzione umana e cristiana del Nord del Kenya, presentata nel contesto dello sviluppo della Chiesa nell’Est Africa ed in Etiopia, a cui sono dedicati alcuni accurati capitoli.
Esiste poi una larga quantità di studi biografici di persone da lui conosciute, intrapresi per fae memoria e per manifestare gratitudine: i suoi maestri e amici Alberto Abrate, Giuseppe Pieroni, Sandro Toppino, don Mario Mignone, mons. Pietro Rossano, don Natale Bussi, don Agostino Vigolungo ed altri ancora.
Mi piacerebbe che questa ulteriore ricerca biografica potesse illuminare altri aspetti – appena accennati nel libro di don Ciravegna – di una personalità di grande rilievo. Sarà una volta di più confermata la statura di un uomo che, fino all’ultimo, ha tenuto fede all’intuizione ricevuta a sedici anni: quella di un mandato che, nel termine latino che lo definisce, missio, suona come sinonimo di quella che è stata la sua ragione di vita: la missione.
Cito per conclusione le parole dello stesso p. Tablino in chiusura del libro I Gabbra del Kenya:
«Se Gesù Cristo ci ha detto di andare a tutte le genti, egli sapeva che tra queste c’erano anche i Gabbra. Tutte le nostre incertezze e le nostre opinioni non possono cancellare il valore di quel mandato».

Silvio Veglio
(architetto, discepolo-amico di don Tablino e volontario per alcuni anni nella diocesi di Marsabit)

Silvio Veglio

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