Noi e Voi, dialogo lettori e missionari


Verità e giustizia

Tutti noi abbiamo grande bisogno di verità, cioè capire ciò che è veramente bene e ciò che è male. Distinguere il falso bene da quello vero. Bisogno di verità in tutti gli ambiti: società, lavoro, famiglia. Quanti tradimenti, cioè inganni, bugie, false verità che portano malessere, sofferenze. La verità è importantissima nella vita di tutti i giorni. A Pilato, nell’interrogatorio prima della crocifissione, Gesù ha detto: «Per questo sono venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità». Gesù è venuto a rendere testimonianza alla verità portando la parola di Dio.

Quando non sappiamo cos’è bene, non sappiamo più cosa dobbiamo fare, la parola del Vangelo ci illumina. Gesù ha testimoniato la verità delle sue parole con la vita fino a versare il sangue. Da soli non possiamo fare nulla. Non possiamo sempre capire qual è la verità, ci facciamo ingannare facilmente dalle false verità. Con la verità autentica nei dissidi tra nazioni si arriva a capire chi ha torto e chi ragione e quindi si giunge alla giustizia, condizione importante per la pace. Cordiali saluti.

E.B., 22/04/2022

Faraja House

Dalla Faraja House

Carissimi amici, capita di dormire male e sognare catastrofi. Oggi, primo aprile, mi sono svegliato con l’amaro in bocca. Prestissimo suona il telefono. Pesce d’aprile? È l’ufficio degli assistenti sociali. «Abbiamo da affidarti una bambina di sette anni». E così parto per la città e incontro Emma: è con due poliziotti, appena arrivata dall’ospedale. È stata violentata poche ore fa nella notte e in casa. Mentre tentava di scappare è stata picchiata in faccia ed è tutta gonfia.

La «risposta» di Dio ai brutti sogni: aiutare gli altri risolve molti dei nostri problemi! Provare per credere.

Capisco perché Guru ha due occhi splendenti e sempre un sorriso pronto: è abituata ad aiutare i fratellini e ora è sempre pronta ad aiutare i più piccoli con una gioiosa gentilezza, ed è una bimba di solo otto anni! È lei che sta vicina a Vau quando «va in crisi»: Vau è una bimba di quasi quattro anni. Abbandonata dalla mamma e allevata dal padre che fa l’oste in un kilabu (specie di bar dove vendono birra locale, il pombe). Per più di un anno ha vissuto sgambettando nell’osteria con gli avventori spesso ubriachi, che le davano pombe da bere quando piangeva.

Qui ogni bambino mi ricorda la cattiveria umana, ma anche le parole di Madre Teresa la prima volta che la vidi a Roma anni fa: «Dio ha bisogno di voi: siete le sue mani!».

Persino Ronaldo, il cane che fa parte della famiglia, ha da insegnarmi qualcosa: ogni mattina accompagna i quattro bambini dell’asilo fino a scuola, li guarda entrare in classe e ritorna a casa. Qui è sempre vigile e ringhioso se arriva qualcuno che non è di casa.

Il 1° maggio la Faraja compirà 25 anni! Su un fazzoletto di terreno è risuscitata, dopo la distruzione. Con la vostra fraterna assistenza abbiamo costruito parecchie casette che danno ospitalità a più di 60 bambini che hanno sperimentato la cattiveria umana. Tanti ne sono passati e hanno potuto ricostruirsi una vita più serena e indipendente. Tanti hanno imparato un mestiere, una trentina hanno finito il percorso universitario. Faraja vuol dire Consolazione e ne abbiamo distribuita tanta assieme a voi, amici che avete collaborato con noi per essere «le mani di Dio».

Grazie di cuore e auguri per la Festa di Resurrezione.

Padre Franco Sordella,
01/04/2022, Mgongo, Iringa, Tanzania

È possibile sostenere la Faraja House tramite MCO. Grazie.


Certosa di Pesio,un luogo unico

Un po’ di storia certosina

«Da quasi un millennio la Certosa di Pesio sta assisa a capo della valle omonima, fasciata da mistica atmosfera di austera serenità, di bellezza e di poesia, cullata dal murmure perenne del Pesio, quasi ritmo di preghiera sussurrata in sordina». Così don Giovanni Terreno, parroco di San Bartolomeo sino al 2007, definiva la Certosa di Pesio, ora casa di spiritualità missionaria dei Missionari della Consolata.

Fondata nel 1173 dai monaci certosini provenienti da Grenoble (Francia), la Certosa di Pesio è uno dei monumenti storici più insigni del Piemonte: fu per secoli un importante centro di vita religiosa, culturale e civile. Infatti, la comunità della Certosa sviluppò al suo esterno la piantagione di abeti, la coltura della vite, l’allevamento delle api e del bestiame. Sorse anche una vera scuola di intarsio che, insieme a studi scientifici e alla composizione/rilegatura di manuali e libri, furono messi al servizio della cultura, tramandataci fino ai giorni nostri.

Con alterne vicende di crescita e di difficoltà, la comunità monastica perseverò fino alla Rivoluzione francese (1800), quando Napoleone soppresse gli ordini monastici. L’adattamento a stabilimento idroterapico, nella seconda metà del XIX sec., ridonò al luogo un effimero periodo di notorietà in Italia e all’estero, fino all’inizio della Prima guerra mondiale (1914), periodo in cui la Certosa fu destinata a un temporaneo decadimento.

Visuale della chiesa abbaziale della Certosa dalla Correria – turbina

I Missionari della Consolata in Certosa

Nel 1934, giunsero i Missionari della Consolata che ridiedero vita alla Certosa, nella sua missione specifica di centro di irradiazione della luce di Cristo nel mondo: «I Missionari della Consolata però non si sono limitati al compito, anche se impegnativo e lodevole, di pietosi restauratori o rianimatori di un colosso in rovina o di benemeriti conservatori di un passato; ma, restaurata e resa funzionale, hanno dato alla Certosa di Santa Maria nuovo impulso di vita, realizzando e continuando a realizzare una serie di attività in ordine alle finalità della loro specifica missione» (don Giorgis, La Certosa in Valle Pesio, 1952).

È bello pensare che schiere di missionari qui si siano formate e da qui siano partite per i quattro continenti.

Dal 1934 al 1945, la Certosa fu casa di vacanza estiva per i giovani aspiranti missionari e missionari reduci dalle missioni e sede del seminario durante la guerra 1940-45. Dal 1945 al 1982 accolse il noviziato. Dal 1982 vi è una comunità missionaria che ha aperto la Certosa all’ospitalità per vacanze, incontri di studio e spiritualità e animazione missionaria, a sacerdoti, famiglie, gruppi parrocchiali e comunità di giovani e di anziani di varia provenienza. Dal 1996 ha preso la connotazione finale e precisa di «casa di spiritualità missionaria».

Casa di spiritualità missionaria

La comunità della Certosa di Pesio (composta attualmente da sei missionari: i padri Daniele Giolitti,  Beppe Cravero, Ermanno Savarino, Francesco Discepoli e Lino Tagliani, e fratel Gaetano Borgo) vuole continuare a essere un segno di presenza spirituale e di impegno nell’evangelizzazione. Per una missione in Europa fatta di testimonianza e profezia, pensiamo che oggi più che mai abbiamo bisogno di coltivare una spiritualità autentica, costituita sia da una ricerca costante di Dio nella preghiera e nella vita, sia dal desiderio e dal coraggio di scegliere uno stile di vita che ci permetta di vivere il Vangelo nella contemporaneità.

Nella prospettiva di coltivare e vivere una spiritualità missionaria, siamo convinti che la Certosa sia un luogo molto adatto e che possa offrire molto al servizio di noi missionari, dei laici, dei giovani e delle famiglie.

Come già detto, il luogo è unico e questo fa la differenza: paesaggi di boschi e alpeggi, l’abbraccio delle montagne tutt’intorno rendono la Certosa un luogo incantevole e particolarmente adatto all’immersione nello Spirito, a cammini di direzione spirituale e accompagnamento vocazionale.

La Certosa offre la possibilità di essere una «casa di scuola della Parola»: come missionari proponiamo cammini mensili di Lectio Divina, meditazioni, ritiri e annualmente turni di esercizi spirituali e settimane bibliche.

Nella natura

Per dare un taglio più spiccatamente missionario ai nostri programmi, in collaborazione con la diocesi di Mondovì, abbiamo proposto degli incontri itineranti sulla Laudato si’ nella natura, comprese alcune escursioni nel bellissimo Parco del Marguareis (con quest’ultimo stiamo intessendo una serie di collaborazioni soprattutto sull’integrità del creato, con relative mostre e concerti).

Quest’anno – come si può leggere nel programma qui accanto – abbiamo pensato, assieme ai centri missionari diocesani del Piemonte, di proporre una «3 giorni sulla missione» su temi sui temi dell’accoglienza e della mobilità umana, della giustizia e della pace, e del dialogo interreligioso. Infine, organizziamo dei cammini di conoscenza e approfondimento del carisma del nostro fondatore, il beato Giuseppe Allamano.

Le sfide

Ma ci sono anche delle sfide. La prima criticità che balza agli occhi è che la struttura è molto grande e di non facile gestione. Necessita di un lavoro continuo di manutenzione. Chi vive qui deve essere disposto a una vita all’insegna del motto «ora et labora». Il luogo è isolato, l’inverno lungo, la vita un po’ spartana. Tuttavia, la struttura, pur grande, va bene per la primavera e l’estate quando c’è maggiore richiesta di ospitalità (campi scuola di parrocchie, gruppi scout, associazioni, nei quali noi missionari offriamo incontri di lectio o testimonianze sulla missione).

Certo la gestione economica non è facile, anche se, in tempi normali, si è sempre riusciti a coprire le spese ordinarie. Il grande investimento della nuova turbina garantisce un’entrata annuale costante. In ordine alla manutenzione straordinaria si sta cercando di studiare forme di partnership: in questo senso si è creato di recente un comitato ad hoc in vista delle celebrazioni del 850° anniversario della fondazione della Certosa (nel 2023) coinvolgendo la regione Piemonte, provincia di Cuneo, il comune di Chiusa pesio, il Parco, la diocesi di Mondovì, associazioni e alcune banche e fondazioni private.

Il chiostro della Certosa di Pesio

Salire sul monte

Il Vangelo dice: «Dopo la giornata di Cafarnao, Gesù si ritirò in un luogo solitario […] salì sul monte» (cfr. Mc 1,35). C’è, oggi come ai tempi di Gesù, una necessità di ritirarsi in un luogo solitario, sul monte. Ci sono sacerdoti, laici, religiosi, che guardano alla Certosa proprio come a quel luogo solitario che avvertono già «abitato» da Dio, intuiscono che «qui c’è qualcosa!». La gente si sta allontanando sempre più da una chiesa troppo strutturata perché vuole incontrare Dio, un Dio che non riesce più a trovare nelle proposte ordinarie. La Certosa rappresenta un’offerta seria di spiritualità, anche al servizio della chiesa locale.

Dall’antico motto di san Bruno ai Certosini, «La croce resta salda mentre il mondo gira», all’attuale programma di vita del beato Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata: «Essi annunzieranno la mia gloria alle nazioni» (Is 66,19).

padre Daniele Giolitti
02/05/2022, Certosa di Pesio –  www.certosadipesio.org

 




Noi e Voi

Faraja house «I care»

Il 3 agosto 2019 per i ragazzi della Faraja è stato un giorno bello è importante: finalmente dopo più di due anni hanno potuto traslocare dalla vecchia alla nuova Faraja che è stata terminata grazie all’intervento della Cei, del gruppo Gms di Savigliano e con il coordinamento del Movimento Sviluppo e Pace di Torino.

Prima di poter illustrare i vari cambiamenti sarebbe necessario ricordare la storia della Faraja.

Nel 1997, i missionari della Consolata, per venire incontro al grave problema dei bambini di strada, diedero inizio alla Faraja House a Mgongo, alla periferia della città di Iringa (Tanzania). Faraja significa consolazione. L’attività, quindi, si ispira alla Consolata e al nostro carisma. Faraja diventa pertanto accoglienza, affetto e futuro.

L’organizzazione e la direzione furono affidate a padre Franco Sordella, missionario della Consolata da più di 40 anni in Africa.

I ragazzi della Faraja

È difficile descrivere le situazioni e le esperienze di vita di questi ragazzi che si sono trovati a vivere per strada. Alcuni di loro hanno già sperimentato il carcere (ricordiamo che in alcune città i bambini vengono detenuti con gli adulti), altri hanno subito ogni genere di violenza psicologica e fisica, e le ferite sono profonde e tangibili. Riportare i ragazzi alla normalità non è facile perché intervengono molti fattori culturali, religiosi e tribali, ma dopo alcuni mesi il cambiamento è visibile soprattutto grazie all’impronta familiare e al grande interesse e affetto con cui sono educati e seguiti fin dall’inizio. Si scrisse che il nostro centro voleva essere una risposta alla necessità di aiutare i bambini che lasciano la scuola per vari motivi e si trovano in strada alla ricerca di piccoli lavori per la sopravvivenza ma poi si trovano in balia di piccole bande, della fame e della necessità di un posto per dormire. Furtarelli, rapine e arresti della polizia, malattie e soprusi vari sono all’ordine del giorno.

Il problema dei ragazzi di strada o in difficoltà si fa sempre più acuto ed è dovuto da troppe cause tra cui l’Aids, la poca consistenza dei nuclei familiari, le ragazze madri, il decadimento dell’educazione scolastica, l’urbanizzazione, la povertà in genere. Normalmente i bambini di strada provengono da ceppi familiari disgregati o assenti che, per vari motivi, possono essere fonti di sofferenze, di amarezze e abbandono.

In molti casi, il sistema di assistenza sociale governativo non ha alcuna consistenza. L’organizzazione di questo tipo di ragazzi è particolarmente problematica proprio perché sono abituati a vivere ai margini della società senza tante convenzioni e regole, se non quelle interne al proprio gruppo di aggregazione.

Attualmente i bambini e ragazzi accolti alla Faraja sono 72 di cui 21 frequentano la scuola secondaria, 6 l’università e 2 il seminario.

Successi e fallimenti

Sono divisi in case e squadriglie per rendere più facile la gestione e l’autosufficienza. Lo studio, il gioco, il lavoro e anche la preghiera scandiscono le ore di ogni giornata. L’amicizia tra di loro, le baruffe e i bisticci, l’amore degli educatori, sono tutti elementi utili per ridare serenità e voglia di riuscire nella vita. I successi sono tanti: ad esempio 5 laureati, un sacerdote missionario della Consolata e, attualmente, due giovani in seminario, ma anche tante sono le difficoltà e gli insuccessi come giovani ritornati alla strada per impossibilità di adattamento, per rifiuto di ogni regola, per il richiamo della strada.

Tanti però sono i bambini e i giovani che sono passati per la casa della consolazione e che già sono ritornati alla vita di società.Ecco la nuova Faraja

Si arriva attraverso una strada di circa 600 metri difficile da percorrere soprattutto durante le piogge e ancora da completare. Il complesso della nuova Faraja è recintato con muretto in pietra e cemento, una rete metallica zincata e l’ingresso è costituito da un portone in ferro battuto.

Il tutto è costituito da sei case indipendenti, anche dal punto di vista energetico. Ogni casa dispone di un impianto fotovoltaico per le illuminazioni e di due pannelli solari per il riscaldamento dell’acqua. Tutti i pavimenti sono in ceramica per una migliore gestione dell’igiene.

In ogni casa ci sono camere a 6 letti, 4 bagni e 4 docce, una lavanderia, una camera con bagno e piccolo studio per l’assistente e una sala studio per i ragazzi. La casa di quelli più grandi ha anche una sala studio e computer per 70 ragazzi, sala che può essere usata per incontri vari e anche per cerebrale la messa nei giorni feriali. In questa casa vi è anche una cappellina per la celebrazione quotidiana della messa.

Il refettorio con annessa la cucina può ospitare fino a 120 persone. C’è anche una casa per ospiti e volontari.

Da notare le pitture su ogni casa (ancora da completare) opera di un ragazzo che ha vissuto in Faraja fino a rendersi indipendente con la sua attività di pittura.

L’acqua viene prelevata da un vecchio pozzo distante 1.500 metri e pompata con un vecchio motore diesel in funzione 2 ore al giorno in un serbatoio da 2mila litri. Il sistema non è ecologico e il pozzo è in via di esaurimento.

Progetti futuri

Per il futuro immediato sono previste altre migliorie necessarie, per le quali contiamo sull’aiuto di amici e benefattori. Ecco un breve elenco.

Un nuovo pozzo (fortunatamente si è scoperto che a poche decine di metri dalla recinzione si può trovare acqua a una profondità di 90-100 m). Presto inizierà la trivellazione e la sistemazione con una pompa solare e serbatoi adeguati.

È poi necessario rifare la strada di accesso.

Per assicurare l’autosufficienza alimentare dei ragazzi è utile ampliare la stalla per mucche, maiali e pecore e acquistare mucche da latte di razza. A completare il tutto c’è bisogno di un buon congelatore a pannelli solari.

Ci sono le spese ordinarie di manutenzione e mantenimento (vitto, vestiti, divise e medicine…), nonché i salari degli operatori, le rette dei 21 ragazzi che frequentano la scuola secondaria e l’iscrizione di chi frequenta l’università.

Un saluto dalla Faraja.

Padre Franco Sordella
Faraja House,  Mgongo, Iringa, Tanzania

 

Chiediamo scusa a padre Franco se, per ragioni di spazio, abbiamo tagliato e ridotto all’osso la sua lettera. La notizia che Faraja è viva e funzionante dopo il terribile incendio, ci rallegra molto. Chi volesse aiutare può farlo attraverso Missioni Consolata Onlus. I bisogni sono tanti, e, come al solito, tante gocce messe insieme fanno un fiume, un fiume d’affetto che rende vivo il nuovo pozzo della casa della Consolazione.


Roma, 30-11-2019. Istituto Leonarda Vaccari. La cerimonia di premiazione del Volontario dell’anno FOCSIV. I vincitori del premio e German Graciano Posso e Giampaolo Longhi. / Agenzia Romano Siciliani/s – Stefano Dal Pozzolo

26° Premio del Volontariato Internazionale FOCSIV 2019

I Diritti Umani al centro dell’impegno dei vincitori: la risposta per un mondo più sostenibile.

A pochi giorni dal 5 dicembre, Giornata mondiale del volontariato, il XXVI Premio del volontariato internazionale, il 30 novembre, ha consegnato il riconoscimento di Volontario internazionale a Giampaolo Longhi, responsabile in Etiopia di Cvm – Comunità volontari per il mondo, e quello di Volontario dal Sud a German Graciano Posso, rappresentante della Comunità di pace di san Josè de Apartadò in Colombia, candidato da Operazione Colomba della Giovanni XXIII. Il Premio ha ricevuto, come gli scorsi anni, la Medaglia del presidente della Repubblica.

Due difensori dei diritti umani al fianco, in un caso, delle lavoratrici domestiche, una delle categorie sociali più vulnerabili e, nell’altro, della propria comunità per difenderne i diritti.

Giampaolo Longhi, di Foggia, da due anni in Etiopia, è impegnato nel sostegno dei diritti delle donne, con particolare attenzione a quelle dedite al lavoro domestico svolto nel paese, molte delle quali minorenni, e delle lavoratrici domestiche rientrate in Etiopia, forzatamente o volontariamente, da paesi quali il Libano, la Libia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, ecc.

L’altro, German Graciano Posso, colombiano, rappresentante della Comunità di pace di san Josè de Apartadò, impegnato non solo nel processo di resistenza nonviolenta verso il conflitto civile colombiano, ma anche nei confronti di un sistema economico internazionale che vuole spogliare i contadini, anche della sua comunità, delle loro terre in favore dell’ingresso delle multinazionali che  non disdegnano l’eliminazione chi si oppone.

«La difesa dei diritti umani è uno dei cardini della storia del volontariato del nostro paese. In molti siamo partiti qualche decennio fa per farli rispettare nelle tante periferie del mondo. Una radice forte quella della solidarietà e del volontariato senza i quali non vi sarebbe un futuro. L’albero solidale che in questi anni abbiamo cresciuto e che oggi va più che mai difeso, alimentato e reso ancora più forte. Ce lo chiedono i giovani che partono ogni anno per il Servizio civile universale, gli espatriati delle nostre 86 Ong federate alla Focsiv e quella parte d’Italia che non si arrende all’odio, all’individualismo sfrenato e alla violenza dei gesti e delle parole – ha dichiarato Gianfranco Cattai, presidente Focsiv -. Il Premio di fatto mette in evidenza come il volontariato sia un’esperienza di valore, che non va intesa solo come momento di formazione individuale per una cittadinanza attiva e consapevole, ma come attore principale nel processo di acquisizione di una maggiore consapevolezza come cittadini chiamati a fare ognuno la sua parte per il bene comune per il proprio territorio, la propria comunità, ma anche per un bene più importante: il futuro dell’Umanità e del nostro pianeta».

Ufficio stampa Focsiv

Roma, 30-11-2019. Istituto Leonarda Vaccari. La cerimonia di premiazione del Volontario dell’anno FOCSIV. / Agenzia Romano Siciliani/s – Stefano Dal Pozzolo