Mary’s meals. Cibo e libri
Sono circa 150 milioni i piccoli sotto i cinque anni che soffrono la fame nel mondo. L’organizzazione scozzese, nata da un ex allevatore di pesci, aiuta 2 milioni e mezzo di bambini nei Paesi più poveri. Con cibo nelle scuole, nutre corpi e menti.
Magnus MacFarlane-Barrow, ex allevatore di pesci scozzese, classe 1968, dal 2002 si è dato un obiettivo semplice quanto visionario: offrire un pasto quotidiano ai bambini che, nel mondo, soffrono la fame.
Un pasto da consumare a scuola, per ottenere un duplice risultato: fornire una razione di cibo sufficiente e giusta ogni giorno, e offrire così a quei bambini un’occasione per accedere all’istruzione. È, infatti, proprio quest’ultima la vera leva di un possibile riscatto dalla povertà.
Oggi la Onlus di MacFarlane-Barrow, «Mary’s meals» (I pasti di Maria), dà cibo regolarmente a due milioni e mezzo di bambini tra i più poveri della terra.
«Amiamoli e proteggiamoli»
«Vai avanti, avanti, avanti, e che Dio benedica il vostro lavoro!», ha detto papa Francesco a Magnus MacFarlane-Barrow, tra i protagonisti del summit sui diritti dei bambini, «Amiamoli e proteggiamoli», che si è svolto in Vaticano all’inizio di febbraio scorso, poche settimane prima della scomparsa del Pontefice, avvenuta il 21 aprile.
In quell’occasione papa Francesco, che aveva fortemente voluto l’evento, ha annunciato la pubblicazione di un suo documento sui diritti dei bambini, perché «nulla vale la vita di un bambino, e uccidere i piccoli significa negare il futuro». Il testo non ha visto la luce, ma l’attenzione di Francesco per la condizione dei minori è rintracciabile in molti suoi documenti.
Quello dell’infanzia negata «è un grido silenzioso – è stato il monito di papa Francesco al summit – che denuncia l’iniquità del sistema economico, la criminalità delle guerre, la mancanza di cure mediche e di educazione scolastica».
In quella assise, il fondatore di Mary’s meals ha portato la sua testimonianza.
L’associazione ha poi partecipato anche al Giubileo dedicato al mondo del volontariato. «Non sarebbe un vero Anno Santo della Speranza, come lo ha chiamato papa Francesco, se non facessi la promessa di fornire un pasto a ogni bambino che ne ha bisogno, e sostenere così anche il suo diritto a sperare», ha commentato Magnus.

Il piccolo Edward
La storia di Mary’s meals è iniziata nel 2002, quando Magnus MacFarlane-Barrow, durante un viaggio in Malawi, ha toccato con mano la povertà assoluta dei bambini di quel Paese.
Edward, un ragazzino di 14 anni, al capezzale della sua mamma che stava morendo di Aids, alla domanda di Magnus riguardo alle sue speranze per il futuro, gli ha risposto: «Avere abbastanza cibo per mangiare, e andare a scuola».
Da quell’esperienza è nato il suo progetto: la prima «cellula» di Mary’s meals è stata attivata proprio in Malawi, dove è riuscita da subito a distribuire duecento pasti al giorno ai bambini di una scuola locale, grazie alle donazioni che il benefattore ha fatto convogliare sul progetto, e grazie all’aiuto di volontari sul posto.
Dopo vent’anni, «assistiamo al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci dei nostri giorni», ha di recente commentato l’iniziativa il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York.
Maria dei Balcani
Prima di quell’incontro in Malawi, Magnus, che lavorava in un allevamento di salmoni a Argyll, in Scozia, nel 1983 aveva fatto un pellegrinaggio a Medjugorje con la sua famiglia. Un viaggio che gli aveva toccato il cuore e cambiato la vita: circa dieci anni dopo, aveva cominciato con suo fratello a fare avanti e indietro da casa ai Balcani, per portare aiuti in quelle terre sconvolte dalla guerra.
Ed è per questo che nel 2002, quando ha fondato la onlus per dare scuola e cibo ai bambini del Sud globale, l’ha dedicata alla madre di Gesù. «Ancora oggi – dice MacFarlane-Barrow – sento che questa dedica è per me una grande responsabilità». E sottolinea: gli aiuti «sono per tutti, per i bambini di qualsiasi etnia, colore e fede».
Il lavoro di Mary’s meals si è sviluppato soprattutto all’interno delle scuole pubbliche, ma anche in quelle private delle missioni cattoliche e in alcune scuole islamiche.
Nel periodo del suo impegno per la Bosnia, Magnus ha potuto osservare che la solidarietà dei suoi amici e concittadini era grande e non si fermava, anzi, si moltiplicava, e c’era sempre un nuovo carico di aiuti pronto per partire.
La stessa solidarietà l’ha vista crescere, in proporzioni da lui perfino inattese, quando ha deciso di aiutare i bambini malnutriti e senza istruzione dei Paesi più poveri.
«Oggi, grazie ai donatori, riusciamo a dare un pasto a due milioni e mezzo di bambini e lo facciamo nel posto dove ricevono l’educazione», afferma MacFarlane-Barrow. In questo modo, laddove è presente Mary’s meals, il tasso di frequenza della scuola è cresciuto, anche del 25%. «Ed è soprattutto l’educazione, a cambiare il loro futuro».

Un pasto per tutti è possibile
Sono 50mila i volontari che oggi aiutano Mary’s meals nel mondo. L’organizzazione si sostiene con le donazioni dei privati che arrivano anche dall’Italia, grazie, tra le altre cose, a eventi culturali organizzati per sensibilizzare. «Ci sono aiuti da parte di aziende e grandi benefattori, ma la maggior parte delle offerte arriva dai singoli: 10 euro, 20 dollari. Ed è proprio questo, la generosità della gente più semplice, che ci dà fiducia e ci spinge ad andare avanti.
Non abbiamo invece fondi pubblici e, quindi, quando c’è un cambio di governo – dice MacFarlane-Barrow rispondendo a una domanda sulle nuove politiche dell’amministrazione Usa di Donald Trump – non c’è un vero e proprio impatto su quello che facciamo».
L’associazione lascia che l’organizzazione dei pasti avvenga a livello locale, «questo spinge anche lo sviluppo del territorio. Ma, allo stesso tempo, assicuriamo che noi ci saremo fino a quando avranno bisogno, non li abbandoneremo».
In ogni luogo in cui l’ente opera, si serve di cibo a chilometro zero e di personale locale per preparare i pasti.
In Malawi, dove è nato il progetto, si mangia il porridge di mais e soia. In Ecuador, carne, o pesce, con patate o riso, e alcune verdure, spesso coltivate nello stesso orto scolastico. In India i bambini mangiano il curry di verdure o il dhal con lenticchie e riso.
«In ogni luogo dove cominciamo l’opera, costruiamo e organizziamo un magazzino e una cucina nella scuola – spiega il fondatore di Mary’s meals -. Poi sarà la comunità locale a prendersi la responsabilità di organizzare i volontari, cucinare e servire i pasti ogni giorno».
Magnus, che oggi ha 57 anni e una grande famiglia con la moglie Julie e sette figli, continua costantemente a visitare i Paesi nei quali opera la sua organizzazione.
Ci tiene a rimarcare che «viviamo in un mondo che produce abbastanza cibo per tutti», e che, quindi, «l’obiettivo di far consumare ogni giorno un pasto a scuola a ogni bambino, è del tutto possibile», e, conclude, «è uno scandalo che non si sia già raggiunto».
Il ruolo primario della scuola
Quello che fa veramente la differenza, dopo il cibo, è la scuola. Soprattutto per le bambine che in alcuni Paesi sono tenute ai margini dell’istruzione, sia per ragioni culturali che per la povertà delle famiglie che preferiscono dare le figlie in spose molto presto.
«Studiare significa uscire dallo stato di sottomissione in cui si scivola a causa dell’ignoranza. Se sai fare i conti, ti imbrogliano meno, se sai leggere, puoi capire di più del mondo che ti circonda», spiegano i responsabili di Mary’s meals.
L’istruzione porta crescita sociale e possibilità di occupazione. Quando MacFarlane-Barrow parla di «generazione della speranza», si riferisce ai giovani adulti che hanno studiato e hanno un futuro meno incerto.
Il progetto dell’organizzazione si sviluppa anche in quei Paesi dove è difficile persino portare aiuti: Haiti, Siria, Sudan, Yemen.
In alcuni di questi Paesi ci sono più bambini vittime di conflitti (a volte anche arruolati) che sui banchi di scuola, più mitragliatrici che fornelli per cucinare.

Gli appelli di Francesco
Papa Francesco ha ripetuto più volte durante il suo pontificato che sarebbe stato necessario convertire l’industria degli armamenti destinando i fondi spesi per la guerra alla risoluzione della fame nel mondo.
Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2025, il Pontefice ha ribadito: «Oso rilanciare un appello, richiamandomi a san Paolo VI e a Benedetto XVI, per le giovani generazioni, in questo tempo segnato dalle guerre: utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico».
Nel marzo del 2023, ricevendo in Vaticano un gruppo di giovani del Progetto Policoro della Conferenza episcopale italiana, il Papa aveva riferito un dato che poi avrebbe spesso ripetuto nei suoi discorsi e nei suoi appelli per sconfiggere la fame nel mondo: «Mi diceva un tecnico che se per un anno non si facessero armamenti si potrebbe eliminare la fame nel mondo».
Centoquarantotto milioni
Il problema della fame resta, invece, uno dei più giganteschi, nonostante ci siano aree del pianeta dove, al contrario, i sistemi sanitari sono chiamati a lottare contro l’obesità, anche infantile.
Secondo gli ultimi dati sulla fame, riferiti al 2023, presenti nel rapporto «Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo», rilasciato da Fao, Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), Unicef, Oms e Programma alimentare mondiale (Pam), la fame nel mondo è aumentata, e l’obiettivo di eliminare l’emergenza entro il 2030 sembra non essere più a portata di mano.
Nel 2023, nel mondo hanno sofferto la carenza di cibo circa 733 milioni di persone, ben 120 in più rispetto al 2019, quando erano state 613.
Dei 733 milioni di persone colpite dalla fame, circa 148 erano bambini sotto i 5 anni, cioè quasi uno su quattro in quella fascia di età (il 22,3%). Ben 38 milioni di questi hanno sofferto malnutrizione acuta con una grave perdita di peso, e 2,5 milioni sono morti (mentre, allo stesso tempo, per l’Organizzazione mondiale della sanità, erano 37 milioni quelli in sovrappeso).
Per le organizzazioni internazionali che hanno elaborato i dati, le cause principali del peggioramento sono state la pandemia di Covid-19 scoppiata nel 2020, gli shock climatici e i conflitti, sempre più numerosi. Africa e Caraibi sono le zone del pianeta con le situazioni peggiori, soprattutto nelle aree rurali.
Lo stesso rapporto Fao evidenzia che molte regioni del pianeta «sono oggi alle prese con una recrudescenza delle crisi alimentari. Nonostante i progressi compiuti nella lotta alla fame in Asia e in America Latina, nel 2022, il fenomeno appariva ancora in crescita nell’Asia occidentale, nei Caraibi e in tutte le sotto regioni del continente africano».
In particolare, «con una persona su cinque afflitta dalla fame, ossia più del doppio della media globale, l’Africa rimane la regione maggiormente colpita».
L’emergenza non riguarda solo la fame vera e propria. Nel 2023, infatti, secondo lo stesso Rapporto, le condizioni di sicurezza alimentare e di nutrizione, sono rimaste tanto critiche che il 29,6% della popolazione mondiale, pari a 2,4 miliardi di persone, non ha avuto accesso al cibo in modo costante.

Costruire la pace
Dare cibo e scuola ai bambini significa anche provare a costruire un futuro di pace. È lo stesso fondatore di Mary’s meals a raccontare, in particolare, un’esperienza in Liberia, il Paese africano dove è maggiormente diffuso il fenomeno dei bambini-soldato.
Il capitano Alec, uno dei caschi blu delle Nazioni Unite che sono stati nel Paese dal 2003 al 2018, un giorno si è complimentato con la sua organizzazione proprio per la sua azione di pace. «Quello che state facendo funziona. Noi cerchiamo di prevenire il ritorno alla violenza – ha detto il militare della missione Onu, secondo quanto racconta lo stesso MacFarlane-Barrow nel suo libro sulla storia di Mary’s meals – portando via loro i fucili, ma se la gente vuole combattere, se li tiene e li nasconde. E noi come possiamo trovarli nelle foreste? Ma voi, se nutrite i bambini e riuscite a portarli a scuola, potrete davvero costruire qui una pace duratura».
Manuela Tulli
I sedici Paesi di Mary’s meals
- Benin: 3.500 bambini.
- Ecuador: 350 bambini.
- Etiopia: 110mila bambini, soprattutto della zona del Tigray coinvolta nel conflitto armato del 2020-2022.
- Haiti: 175mila bambini in oltre 500 scuole nel dipartimento Plateau central e nelle baraccopoli ad alto rischio all’interno e intorno alla capitale, Port-au-Prince.
- India: 55mila bambini in quattro Stati nel nord: Delhi, Uttar Pradesh, Jharkhand e Chattisgarh.
- Kenya: decine di migliaia di bambini nella contea nord occidentale del Turkana.
- Libano: 1.400 bambini libanesi e rifugiati a Beirut.
- Liberia: 90mila bambini nelle contee di Bong, Bomi, Grand Cape Mount, Gbarpolu e Montserrado. Alcune scuole sono difficili da raggiungere perché nella giungla.
- Madagascar: 88mila bambini in oltre 450 scuole in quattro regioni. Tra questi, anche 300 bambini vulnerabili in sei luoghi di istruzione all’interno di centri di detenzione.
- Malawi: più di 1 milione di bambini nella maggior parte dei distretti del Malawi, soprattutto nella zona Sud.
- Mozambico: 5mila bambini del semiarido distretto meridionale di Mabalane.
- Sud Sudan: 70mila bambini in 120 scuole.
- Siria: 4mila bambini di Aleppo.
- Yemen: 4.500 bambini in quattro scuole del distretto di Al Mansoora di Aden, un’area con molti sfollati interni.
- Zambia: 450mila bambini in tutto il Paese.
- Zimbabwe: 105mila bambini in diverse zone del Paese.
Luca Lorusso
