Cari Missionari, lettere giugno 2019


I nuovi barbari

Siria. Negli ultimi tempi avete trattato spesso argomenti che parlano di atrocità contro popolazioni e religioni diverse, nonché distruzioni di chiese, templi e testimonianze architettoniche. Allego il racconto di una mia visita a Palmira, uno dei ricordi più belli e coinvolgenti fra tutte le mie esperienze in giro per il mondo.

Atrocità nel Medio Oriente: i nuovi Barbari

Parecchi secoli fa anche l’Italia conobbe le invasioni barbariche. Un certo Attila, soprannominato Flagello di Dio, si vantava addirittura di non far più crescere l’erba dopo il suo passaggio. Spagnoli e Portoghesi non si comportarono molto diversamente in America Latina massacrando i locali e distruggendo testimonianze di civiltà millenarie. Oggi, a farne le spese, sono le popolazioni mediorientali e le straordinarie testimonianze religiose e storiche sopravvissute per millenni. Le atrocità, le nefandezze, i vandalismi continuamente riproposti dai mezzi di informazione, ci mostrano con dovizia di particolari fino a che punto viene profanato quel libero arbitrio che Dio ha concesso all’uomo per farne un uso positivo. Sentiamo spesso definire bestiali alcuni comportamenti, quasi a voler creare un distinguo, quasi a voler cercare un alibi per l’essere umano, quasi a voler identificare una fetta ristretta di umanità come animalizzata, come seguace di pratiche animalesche.

Abbiamo il coraggio, una volta per tutte, di definire umani questi comportamenti perché nessun animale, pur aggredendone altri più deboli per saziarsi (non molto diverso da ciò che, in ogni caso, è pratica comune fra gli umani con pesca, caccia, mattatoi, vivai ittici, ecc.), si spingerebbe a tanto.

Ciò che mi ha sconvolto negli ultimi tempi è particolarmente legato a Palmira, località siriana patrimonio dell’umanità, di cui conservo uno dei più toccanti ricordi di viaggio. Palmira è stata un importantissimo centro carovaniero per i commerci e, per i Romani, il prezioso punto di collegamento fra l’Impero Occidentale e l’Estremo Oriente.

Colonnati, templi, necropoli e teatri costruiti nel sito, hanno saputo sfidare le insidie non indifferenti di duemila anni. Ma oggi (nel 2015, ndr), i nuovi barbari, stanno per metterla al tappeto, stanno per infliggerle un pesantissimo k.o., come hanno fatto in centinaia e centinaia di altri posti.

Di Palmira conservo una emozione profonda che ho sempre raccontato come una delle più coinvolgenti vissute nei miei tanti viaggi. Ero da quelle parti una ventina di anni fa. Regnava ancora, termine appropriato anche se ufficialmente era classificato come presidente, il nonno dell’attuale Bashar al-Assad, un dittatore a tuttotondo. Dovunque ti girassi trovavi imponenti statue che lo raffiguravano; in ogni negozio campeggiavano gigantografie col suo faccione; dal lunotto posteriore di ogni macchina (non moltissime a dire il vero), si vedevano penzolare i suoi ritratti. Avevo potuto girare la Siria in lungo e in largo avendo l’impressione (non so fino a che punto veritiera) che nessuno mi avrebbe torto un capello, pena pesanti punizioni. Di Palmira avevo letto lo straordinario spettacolo del sorgere del sole nel Colonnato e non me lo volevo perdere. Alle 4 del mattino, con i tre compagni di viaggio, mi sono incamminato verso le collinette che sovrastano il sito. Ognuno in una posizione diversa per poter vivere quella rappresentazione in meditazione. Da soli.

All’apparire dei primi raggi, è stato come se su quell’enorme palcoscenico naturale una sapiente regia accendesse luci in punti diversi. Simile al risveglio della natura rappresentato nei balletti. Ogni colonna rifletteva la luce ricevuta accendendone altre e alla fine il tripudio. Tutto era luce, bellezza, splendore. Restammo a lungo su quelle colline. Impietriti. Troppo emozionante era ciò che avevamo visto. Nessuno aveva voglia di fare il primo passo verso il ritorno. Solo quando il sole fu alto e la nomade vita di pastori e cammellieri era pienamente avviata, lo facemmo. In silenzio. Ciò che ognuno di noi custodiva nel proprio cuore, era troppo grande, troppo intimo, troppo personale per essere in quel momento condiviso con altri.

Carissimi saluti

Mario Beltrami
19/03/2019

Molino Girolomoni

Buongiorno redazione,
proseguono i lavori per la costruzione del molino Girolomoni, che porterà la cooperativa marchigiana (la «Gino Girolomoni Cooperativa Agricola») ad essere il primo pastificio bio a controllare completamente la filiera di produzione.

«Il molino – spiega Lorenzo Proserpio, futuro mugnaio di questo nuovo impianto – permetterà di lavorare il chicco di grano in modo accuratissimo grazie all’adozione delle tecnologie più avanzate, senza scartare nulla e dandoci la possibilità di scegliere la ricetta giusta per la nostra semola. Il vero punto di forza – prosegue Proserpio – sarà la possibilità di partire da una materia prima di qualità, ben coltivata, e di poter scegliere i silos da cui attingere nella preparazione delle giuste miscele di grano da avviare alla macinazione. È un indiscutibile valore aggiunto potere selezionare le migliori semole per fare la pasta, con un feedback continuo tra laboratorio, analisi, molino e pastificio».

Per fine aprile verranno montati i macchinari interni, a settembre l’imponente molino verrà avviato con il grano del nuovo raccolto, e nel 2020 è prevista l’inaugurazione. Un caro saluto

Federica Morselli
15/04/2019

Abbiamo scritto di Gino Girolomoni nel mese di maggio 2015. Siamo lieti che il suo sogno abbia trovato altri sognatori e diventi realtà.


Acqua, tasse e promesse non mantenute

Cari Missionari,
quello che afferma Gesualdi nella sua rubrica è talmente vero che persino le bollette su un bene di primaria importanza come l’acqua, diventano un canale del quale il fisco […] si avvale per rimpinguare le sue casse senza fondo. Questo, si badi bene, accade non solo là dove i servizi di fornitura sono stati privatizzati, ma anche in quei comuni dove le giunte al potere hanno sempre difeso a spada tratta il concetto che «l’acqua deve restare pubblica» perché «l’acqua è vita», «l’acqua è un diritto imprescindibile», «i privati se ne fregano dei poveri», eccetera, eccetera.

Ebbene, in una città come Fano, guidata da uomini e donne eletti nelle liste di quegli stessi partiti che scrissero gli articoli della Costituzione, il peso delle tasse è tale che una bolletta, a fronte di consumi idrici che sono rimasti gli stessi o sono addirittura diminuiti, raddoppia, triplica, quadruplica rispetto a quella che l’ha preceduta (e questa altalenanza, badate bene, non è l’eccezione ma la regola: provate a parlare con i Fanesi e non solo loro, e fatevi dire se sono più grosse, più frequenti e peggio motivate le stangate rifilate loro dalla municipalizzata o dalle altre bollette). Ditemi Voi se questo è un andazzo moralmente accettabile, oltre che economicamente sostenibile e socialmente equo.
Buona Pasqua

Donatello Di Roberto
13/04/2019


«Beati i poveri»

Leggo volentieri il vostro giornale che dà notizie un po’ da tutto il mondo. Informazioni quasi sempre più obiettive anche perché giungono da chi è, spesso eroicamente, proprio sul campo. Ringraziandovi per il vostro lavoro generoso, vi invio questa riflessione.

Nella messa domenicale del 17 febbraio si e letto il brano delle beatitudini del Vangelo di Luca. Brano molto rivoluzionario e moderno ancora oggi. «Beati voi poveri»: Gesù si schiera con i poveri in quanto chi è povero è tale perché è vittima di ingiustizie di chi vuole di più per sé senza uguaglianza sociale. Gesù con questo brano evangelico ci dice che non siamo coerenti se andiamo in chiesa a pregarlo e poi Lo lasciamo penare, morire di fame e di stenti assieme ai poveri perché Lui è la accanto ai poveri. Ciò per costringerci a maggiore giustizia sociale, a lottare pacificamente ma energicamente contro i soprusi, lo sfruttamento ecc. Non è che sia contro il benessere, anzi in altri brani del vangelo vuole che facciamo fruttare i talenti ricevuti proprio per il progresso di tutti, per migliorare ma vuole che tutti stiano bene. Gesù condanna chi si tiene per sé il talento e non lo fa raddoppiare o quadruplicare per spingerci ad almeno impegnarci per il progresso, vuole il benessere per tutti in modo giusto equo, fraterno. Nel «guai a voi ricchi» non è che condanni il benessere o il progresso ma condanna l’ingiustizia sociale, la non condivisione, lo sfruttamento, il mantenere in povertà altri per arricchire noi. Condanna le paghe ingiuste, la depredazione delle abbondanti e preziose risorse minerarie che ha l’Africa, sfruttamento che lascia in povertà la popolazione dell’Africa o dell’America Latina, vere proprietarie di tali ricchezze. Condanna i trafficanti di esseri umani, i mafiosi che vendono droga, cioè morte più o meno lenta, o si arricchiscono con il «pizzo» e in altri modi ingiusti. Condanna chi si crogiola nelle sue numerose amicizie, ricco di tali compagnie e non si cura di chi è solo, incapace di socializzare perché troppo timido o vittima di sensi di inferiorità. Non per nulla si dice che oggi c’è una nuova tremenda povertà: la solitudine, la mancanza di amicizie sincere. Nel «beati voi poveri» non ci dice che dobbiamo solo trattarli bene come si trattano con riguardo le specie rare che si salvaguardano mantenendole nel loro ambiente ma vuol invece dire in modo molto energico e chiaro aiutarli a uscire dalla povertà, non rigettarli continuamente nella miseria depredandoli o fomentando guerre per vendere armi e per poi arricchirci noi europei con le successive ricostruzioni dopo i bombardamenti. Il Vangelo non è accarezzare i poveri senza fare il necessario affinché possano riscattarsi, ma è: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare ecc.». È aiuto concreto non saltuario, è impegnarsi per toglierli dalla povertà, aiutarli affinché ne possano uscire. Ci sarebbe benessere per tutti al mondo se ci fosse più condivisione e aiuto vero reciproco, anzi se ci fosse equità, giustizia e condivisione il benessere per tutti aumenterebbe. Cordiali Saluti

Enrica Barbiroglio
28/02/2019


Amore alla Consolata

Non ricordo come l’immagine della Ss. Vergine Consolata sia entrata nella mia casa, so per certo che ne sono diventata devota, imparando a pregare e credere nel suo aiuto. Ieri dopo una giornata difficile, mi sono sentita serena, tranquilla ricordando le mie suppliche: «…io non vi chiedo onori, o Maria, non piaceri, non ricchezze, Vi chiedo consolazione». Credo sia questo il vero miracolo. Desidero esprimere un grazie e invitare tutti a pregare.

Emy Audoly
Milano, 13/04/2019

Come missionari della Consolata facciamo nostra la sua preghiera, sapendo che la «sua Consolazione» è Gesù, che ha dato la sua vita affinché imparassimo davvero ad essere figli del Padre celeste e di una Madre dal cuore così grande.

Offriamo tre immagini diverse della Consolata – tra le tantissime che ormai sono diffuse in tutto il mondo.

  • la statua del 1948 (a destra) che fino a poco tempo fa dominava la Casa Madre di Torino e ora ha trovato un nuovo posto sotto il porticato della stessa casa;
  • il quadretto (sotto) che era nella casa di Rivoli appeso sopra il letto del beato Allamano e davanti al quale nel 1901 il fondatore prese l’impegno di dar vita a un istituto di missionari se fosse guarito dalla sua grave malattia;
  • la Consolata che offre Gesù luce del mondo (sopra a sinistra)  in un’interpretazione del 2016.