Il diplomatico dei Papi
La vita di un nunzio può essere avventurosa. L’ambasciatore del Papa si può trovare a vivere in passaggi fondamentali della storia. È successo al monsignore originario di Cuneo, uomo di rara intelligenza e sensibilità. Come ci racconta il suo biografo.
Monsignor Antonio Riberi è stato un diplomatico che ha svolto un ruolo importante sia nella Chiesa che nel mondo. È stato al servizio di quattro papi (Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI), e si è confrontato con il colonialismo inglese in Africa, con il comunismo in Cina e con la dittatura franchista in Spagna. Rimane però pressoché sconosciuto, non solo al grande pubblico, ma anche agli specialisti. Di lui si sa a malapena che è stato espulso da Mao Zedong.
Origini
I genitori, da Limone Piemonte in provincia di Cuneo, si sono trasferiti nel Principato di Monaco dove Antonio nasce il 15 giugno 1897. L’essere figlio di migranti lo aiuterà molto nella sua attività. Il migrante ha due patrie: quella che gli ha dato i natali che quella che gli dà il pane, quindi è portato ad apprezzare, ringraziare e valorizzare la seconda patria.
Inoltre, il Principato di Monaco è uno stato troppo piccolo per avere mire colonialiste, e abbastanza ricco, grazie al casinò e alle transazioni finanziarie, da non aver bisogno di adottare una politica colonialista. Monsignor Riberi è stato quindi meno condizionato dall’ideologia colonialista e, molto naturalmente, quando si troverà in Africa apprezzerà le religioni africane, così come in Cina valorizzerà la cultura locale.
Primi anni
I genitori sono molto impegnati nel lavoro e perciò lasciano il piccolo Antonio presso i nonni paterni a Limone.
Egli frequenta il seminario vescovile di Cuneo e il 29 giugno 1922 viene ordinato sacerdote. L’essersi formato a Cuneo, allora provincia giolittiana per definizione, dove sta nascendo la prima industrializzazione, gli permette di venire a contatto con le problematiche del mondo del lavoro e di coltivare una profonda sensibilità sociale che evidenzierà in seguito occupandosi delle missioni presso le miniere della regione del Copperbelt in Africa, della riforma agraria in Cina e del nuovo sindacalismo in Spagna. È inviato a Roma presso la Pontificia accademia ecclesiastica dove incontra Giovanni Battista Montini che diventerà suo amico e consigliere per tutta la vita.
Nel 1925 si laurea in Diritto canonico e, contemporaneamente, in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 1925 al 1930 è segretario della Nunziatura in Bolivia. Si trasferisce poi a Dublino dove, fino al 1934, è segretario della Nunziatura di Dublino con il nunzio Paschal Robinson.
Al fianco di quest’ultimo il giovane diplomatico impara il mestiere: intrattenere buoni rapporti con il governo, non intervenire troppo nelle faccende interne della gerarchia ecclesiastica locale, aprire le porte a chiunque voglia portare il suo contributo, curare una rete di amici per poter sentire il polso della situazione, ascoltare, suggerire più che controllare i fratelli nell’episcopato.
In Irlanda monsignor Riberi conosce il vescovo Joseph Shanahan, religioso spiritano, missionario in Nigeria, e ne adotta il metodo: collaborazione con il governo coloniale, massima importanza alle scuole, formazione del clero locale, rispetto per le religioni indigene e per l’islam, liberazione delle donne.
Sull’isola Riberi conosce pure Frank Duff, fondatore della Legio Mariae che, secondo lui, coglie l’intima essenza dell’Azione cattolica e rinnova il fervore dei primi secoli del cristianesimo. Riberi la promuoverà come alternativa all’Azione cattolica tradizionale, anche perché quest’ultima è appena ai suoi inizi in Africa, mentre in Cina, dopo la guerra contro il Giappone e la guerra civile, non è più un movimento nazionale.
Gli anni del Kenya
Nel 1935 monsignor Riberi è nominato Delegato apostolico per l’Africa inglese (Kenya, Uganda e Tanzania, ndr) con sede a Mombasa (Kenya). Il primo problema che il missionario incontra quando arriva in terra di missione è la necessità di comperare terreni per costruire la chiesa, la casa per i missionari, una falegnameria, un dispensario, una scuola, un lebbrosario. La missione deve essere tendenzialmente autosufficiente e, quindi, deve provvedere a tutte le spese. Deve quindi comperare altri terreni per piantagioni di caffè, cotone, tabacco da vendere sui mercati internazionali e ricavarne così un reddito adeguato. La terra appartiene al governo coloniale e monsignore Riberi consiglia ai missionari il modo migliore per impostare le pratiche burocratiche.
Un altro tema chiave sono le scuole, forse lo strumento migliore per l’evangelizzazione. Il governo inglese non istituisce un sistema scolastico proprio, ma contribuisce con sussidi alle scuole delle missioni. Però vuole scuole per pochi futuri funzionari del livello più basso dell’amministrazione, perché teme il formarsi di un’élite culturale. Le missioni invece cercano di fornire istruzione possibilmente a tutti.
Il governo coloniale, inoltre, non desidera che il diploma di scuola secondaria dia accesso alle università inglesi, perché questo favorirebbe un cambio di mentalità negli africani e li renderebbe potenziali oppositori politici. Riberi si batte per fare sì che questo avvenga, anzi, propone a tutti gli istituti missionari di comperare una casa a Londra per inviarvi i migliori studenti. Un altro punto di divergenza sono i programmi scolastici che dovrebbero essere solo di tipo tecnico amministrativo escludendo la dimensione catechetico-religiosa.
Nonostante questi problemi, il Delegato apostolico riesce a garantire i finanziamenti senza grosse difficoltà.
Il clero locale
Il problema cruciale per la giovane chiesa keniana è la formazione del clero locale. Il capolavoro di monsignor Riberi è la consacrazione del primo vescovo africano dei tempi moderni, il 29 ottobre 1939: l’ugandese Joseph Kiwanuka. La decisione di consacrare vescovo un sacerdote africano non è facile. I missionari stranieri, e gli stessi confratelli africani, seppure in teoria d’accordo nell’inculturare la Chiesa, pensano che non sia ancora giunto il momento di affidare al clero locale una diocesi. Pensano ancora a una chiesa africana con leadership europea strutturata secondo il modello occidentale. I preti africani sono considerati di seconda classe, nonostante le pressanti sollecitazioni da Roma per un trattamento paritario tra clero missionario e clero locale.
Dal 1938, i venti di guerra costringono Antonio Riberi a riorganizzare le missioni. Elabora un piano per assicurare che esse possano continuare il lavoro, ma il 6 agosto 1940, il ministro degli Esteri inglese chiede al Papa di richiamarlo, in quanto italiano e quindi di nazionalità nemica.
Dal 12 novembre 1941 all’8 giugno 1946 monsignor Riberi lavora presso la Pontificia commissione soccorsi.
Nella Cina nazionalista
Quando Riberi è nominato internunzio in Cina presso il governo del presidente Chiang Kai-sek, al suo arrivo il giornalista che lo intervista si meraviglia della sua conoscenza della lingua cinese.
I rapporti con il presidente della Repubblica di Cina non sono facili. Per il monsignore sono fondamentali alcune riforme, in particolare quella agraria. Poi sottolinea anche l’importanza di applicare la Costituzione appena approvata, ma Chiang è di tutt’altro parere.
Il Papa ha appena istituito la gerarchia ecclesiastica cinese. Il primo compito dell’internunzio è, quindi, di intronizzare i vescovi nelle loro diocesi. È un’impresa complicata data la guerra civile in corso che costringe a continui cambiamenti di programmi per l’impraticabilità delle comunicazioni.
Monsignor Riberi vuole dotare la gerarchia di uno strumento che permetta di dare unità d’azione alle diocesi cinesi poiché vi operano molteplici istituti missionari di nazionalità diverse, con teologie, pratiche di apostolato e sensibilità diverse, e istituisce il Catholic central
bureau. In esso un ruolo fondamentale è svolto dal dipartimento legale. Parte delle proprietà delle missioni cattoliche cinesi non è legalmente riconosciuta, motivo per cui l’internunzio deve regolarizzare i contratti per evitare che i terreni vengano messi all’asta e quindi manchino alle missioni le risorse necessarie.
La Cina comunista
Il 21 aprile 1949 le truppe comuniste entrano nella capitale Nanchino. Da quel momento gli ambasciatori non sono più riconosciuti. Di conseguenza non godono più dei privilegi diplomatici. Ogni ambasciatore cerca di lasciare la Cina e rientrare in patria. Monsignor Riberi invece rimane, e tenta di incontrare i dirigenti comunisti per garantire alla Chiesa la possibilità di continuare la sua attività. Chiede alla Santa Sede di riconoscere il governo comunista, ma essa non ritiene opportuno compiere tale passo.
Nel novembre 1950 viene pubblicato il manifesto di Guangyang e qualche mese dopo quello di Chongqing. In essi si afferma che la Chiesa deve rompere ogni relazione con i paesi imperialisti e praticare le tre autonomie: deve essere autonoma dal punto di vista finanziario, amministrativo e apostolico. Ciò implica tagliare i ponti con la Santa Sede. Ma una Chiesa nazionale cinese indipendente non sarebbe più in unione con il Papa e tutta la Chiesa.
Il 17 gennaio del 1951, un gruppo di cattolici, tra cui il segretario di Riberi, incontra Zhou Enlai (numero due della rivoluzione) per discutere la questione delle tre autonomie. Si cerca un accordo, vengono redatte tre bozze, ma nessuna è considerata soddisfacente.
Nell’aprile 1951 inizia una violenta campagna stampa contro lo stesso Riberi. Il 26 giugno viene messo agli arresti domiciliari e sottoposto a interrogatori di 10-12 ore consecutive.
Il 4 settembre è espulso dalla Cina, accusato di essere un alleato di Chiang Kai-sek, di aver organizzato la lotta contro i comunisti, di aver promosso l’organizzazione reazionaria della Legio Mariae. L’8 settembre arriva a Hong Kong. Vi rimane fino al 24 ottobre 1952, quando si trasferisce a Taiwan dove resta fino al 1959.
Ritorno in Europa
Il 31 agosto 1959 Riberi torna a Dublino in qualità di nunzio e vi rimane fino al maggio 1962. È un periodo breve. Non ha la possibilità di incidere molto su quella Chiesa, ma la prepara per il Concilio Vaticano II.
Il 9 giugno 1962 è nunzio a Madrid. Il problema principale da risolvere in Spagna è l’adeguamento del Concordato del 1953 alle direttive del Concilio Vaticano II, per superare il nazionalcattolicesimo. Con molta gradualità monsignor Riberi favorisce il rinnovamento dell’episcopato, sia dal punto di vista anagrafico che teologico. Alla Chiesa interessa soprattutto garantire la libertà religiosa che viene assicurata con la legge approvata il 24 febbraio 1967, e abolire il «privilegio di presentazione». Dopo la scoperta delle Americhe il Papa aveva concesso la facoltà di scegliere i vescovi all’imperatore portoghese e a quello spagnolo. Francisco Franco lo aveva ereditato e poteva presentare alla Santa Sede una terna di nomi tra cui scegliere un nuovo vescovo. Tale privilegio sarà abolito il 19 agosto 1976.
Il 4 luglio 1967 Riberi riceve la berretta cardinalizia da Francisco Franco, secondo il privilegio che spettava al capo di Stato spagnolo. Quando ritorna a Roma, si diffondono voci sulla sua candidatura alla Segreteria di Stato, ma improvvisamente muore il 16 dicembre.
I funerali solenni sono celebrati nella cattedrale di Cuneo dall’arcivescovo di Torino, monsignor Michele Pellegrino, assistito dai vescovi di Cuneo, Fossano, Mondovì e Saluzzo. Sono presenti le massime autorità e una folla immensa.
Giovanni Giorgio Demaria