Cristiani, armi, nonviolenza
Massimo Rubboli indaga sulla storia del rapporto dei cristiani con le armi e la guerra in un testo frutto di 50 anni di studi. Dall’originaria opposizione alla violenza all’alternanza secolare tra rifiuto e giustificazione. Fino alle posizioni di oggi.
Massimo Rubboli, già docente universitario di Storia dell’America del Nord e di Storia del cristianesimo, raccoglie il frutto di cinquant’anni di ricerca sul rapporto tra i cristiani e la violenza nei secoli.
Dalle origini
Nella prima parte del volume, l’autore esamina il rapporto dei cristiani con la guerra dalle origini all’Ottocento. La forte convinzione dei primi cristiani che la sequela di Cristo è incompatibile con la violenza, lascia presto spazio alla sua accettazione e giustificazione.

Se Tertulliano (II sec. dC), pone in opposizione il servizio militare e la fede, per Eusebio di Cesarea (III sec.) l’arruolamento può essere una risposta alla chiamata di Dio. Con l’editto di Costantino (313 dC), poi, i cristiani smettono di abitare «nella propria patria come stranieri» e l’esercito e la pax romana diventano un baluardo in difesa della fede. Si sviluppa, così, con Ambrogio e Agostino (IV sec.), il tema della «guerra giusta» e, con le invasioni barbariche, anche quello della «guerra santa», che porterà, con papa Urbano II (XI sec.), alle crociate.
A questa deriva si oppongono Francesco di Assisi (XIII sec.) e movimenti come quelli di Catari e Valdesi, mentre Tommaso d’Aquino sistematizza il tema della guerra «giusta». Una scelta pacifista è quella dei Lollardi inglesi nel XIV secolo, e poi degli Ussiti.
Nell’ambito della Riforma protestante (XVI sec.), al filone maggioritario di Lutero, Zwingli, Calvino, si oppone quello minoritario degli Anabattisti. Per Lutero è legittimo che il cristiano usi la forza, ma anche che obietti a una guerra ingiusta. Anche per Zwingli la guerra giusta è legittima, e per Calvino l’uso delle armi è consentito in certe occasioni, ad esempio contro gli eretici.

Con la strage degli Ugonotti a Parigi nel 1572, inizia un periodo di sanguinose repressioni e di guerre di religione. In Inghilterra, dal calvinismo nasce il puritanesimo. I puritani, a metà del Seicento, fanno guerra al re Carlo I, lo sconfiggono e uccidono, mentre in America massacrano i popoli nativi.
Alla violenza negli Usa, si oppone William Penn (XVIII sec.), che invita in Pennsylvania i membri delle Chiese pacifiste. Lì possono fare obiezione alle armi.
Una figura di grande rilevanza dell’Ottocento, infine, è quella di Lev Tolstoj che afferma l’inconciliabilità delle armi con la fede, influenzando il Mahatma Gandhi.
Il Novecento e oggi
Nella seconda parte del volume, Rubboli affronta la posizione delle Chiese e dei cristiani nel Novecento e fino ai giorni nostri.

Il corposo approfondimento dello studioso attraversa l’ultimo secolo di storia mondiale raccontando personaggi e vicende che mostrano il percorso progressivo delle Chiese verso il rifiuto delle guerre, pur rimanendo forte in molti cristiani la legittimazione dell’uso della forza nei conflitti.
Scorrendo le pagine si incontrano intellettuali tedeschi che nel 1914 sostengono la guerra, e teologi come Karl Barth che rifiutano la legittimazione teologica del militarismo. Si legge che «di fronte al dilagare del nazismo in Europa la maggioranza delle Chiese ritenne che la scelta giusta fosse quella di fermare Hitler con le armi». Ci si imbatte nella storia del teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, giustiziato per un fallito attentato contro Hitler.
Si legge di episodi di resistenza non armata e di protezione dei perseguitati, come quello del pastore André Trocmé e della moglie Magda, che nel villaggio di Chambon sur Lignon salvarono migliaia di ebrei. Durante la guerra, le Chiese pacifiste storiche si impegnarono nella difesa dell’obiezione di coscienza, nella richiesta di un servizio civile alternativo e in opere di soccorso alle popolazioni, mentre in diversi Paesi le Chiese protestanti si esprimevano a sostegno dei governi in guerra. Gran parte del cattolicesimo francese sosteneva il regime di Vichy, nonostante diversi vescovi e teologi parlassero di resistenza spirituale all’antisemitismo e al nazismo.

Rubboli ripercorre anche le posizioni pacifiste della Chiesa cattolica: dalla denuncia della guerra come «inutile strage» di papa Benedetto XV, nel 1917, all’enciclica Pacem in terris del 1963 di papa Giovanni XXIII; dalla Gaudium et Spes del Vaticano II del 1965, alla Populorum progressio di papa Paolo VI del 1967. Dalle prese di posizione di Giovanni Paolo II sul diritto dovere di ingerenza umanitaria, al deciso riconoscimento della nonviolenza come strumento efficace per una politica di pace di papa Francesco.
Si incontrano poi le azioni di disobbedienza civile negli Usa contro la guerra in Vietnam, pur in mezzo a una maggioranza favorevole al Governo; una lettera del 1983 dell’episcopato cattolico statunitense riconosce la nonviolenza come impegno cristiano nel servizio al Paese.
In Italia, figure come don Primo Mazzolari e don Milani, sostenitori della nonviolenza evangelica; obiettori di coscienza durante la Grande guerra, come i protestanti Alberto Jong e Guido Plavan; Carlo Lupo, tra i fondatori del Movimento internazionale della riconciliazione. Nel mondo, figure come Martin Luther King e Desmond Tutu.
Rubboli parla anche del Consiglio ecumenico delle Chiese che si è espresso sempre più decisamente contro la guerra e per la nonviolenza come «unico metodo cristiano» per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato.
Rubboli non manca di sottolineare la stonatura del patriarca di Mosca Kirill che difende l’aggressione russa all’Ucraina.

Teologia per la pace
Verso la fine del volume, l’autore fa il punto, nella speranza di offrire un quadro che aiuti lo sviluppo di una teologia della pace.
Oggi le Chiese hanno superato in gran parte lo spirito di «crociata» o di «guerra santa»; la «guerra giusta» ha ancora molti sostenitori, ma solo in situazioni estreme; emerge una teoria della «pace giusta» e si sviluppa una «teologia della pace» che si riallaccia al pacifismo anabattista e delle Chiese pacifiste storiche; nascono pratiche per risolvere i conflitti senza violenza, spingere sul disarmo, promuovere i diritti umani e la democrazia; si approfondisce, in riferimento ai conflitti sociali e tra Stati, la teologia del perdono e della riconciliazione.
Angela Dogliotti
Centro studi Sereno Regis
Bibliografia
- Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, Paoline Editoriale Libri, Milano 2004, pp. 480, 25 €.
- Pier Cesare Bori, Tolstoj, Edizioni Cultura della pace, Fiesole 1991, pp. 203.
- Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni, Donzelli editore, Roma 2006, pp. 226, 24,50 €.
- Marco Labbate, Non un uomo né un soldo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2022, pp. 240, 16 €.
- Paolo Naso, Martin Luther King. Una storia americana, Laterza, Bari 2022, pp. 224, 12 €.
- Paolo Candelari, Ilaria Ciriaci, Guerra, pace, nonviolenza. 50 anni di storia e impegno, Paoline, Milano 2015, pp. 224, 16 €.
- Roberto Mancini, Brunetto Salvarani, Oltre la guerra. Le vie della pace tra teologia e filosofia, Effatà Editrice, Cantalupa (To) 2023, pp. 160, 15 €.
