Uomini e maiali

Le immagini trasmesse dalle televisioni argentine sono state molto impattanti. In questi giorni, diversi canali hanno mostrato scene riprese in una discarica di rifiuti (basural a cielo abierto) a testimonianza della miseria in cui versano vasti strati della popolazione del Paese. I titoli apparsi in sovra impressione sugli schermi erano sconvolgenti: «Shopping nella discarica»; «In cerca di alimenti nella discarica»; «Così si arrangiano quelli che hanno sempre meno»; «Mangiano e si vestono con ciò che trovano tra i rifiuti»; «Una realtà che fa male».

Esagerazioni? Purtroppo, no. Scene di questo tipo le ho viste personalmente in occasione di un rilevamento ambientale, sociale e umano a Pichanal, una località situata a 25 chilometri da Orán, provincia di Salta. Qui, qualche anno fa, comunità indigene locali (Guarani e Wichi) e l’equipe di Pastorale aborigena della diocesi di Orán cercarono di fermare il progetto per trasformare una discarica illegale in una mega discarica e uno stabilimento di trattamento delle acque reflue previsti a poche centinaia di metri dalla zona abitata.

I dati ufficiali del 2023 indicano che oltre il 40 per cento della popolazione argentina vive in povertà. (Foto José Auletta)

Anche in questo caso le fotografie parlano da sole: basta guardarle. In modo particolare ne ricordo una: all’arrivo del camion dei rifiuti, in pochi secondi si produsse un assemramento di uomini, donne (alcune di esse in gravidanza), bambini e… porci, tutti quanti lì per rovistare tra i rifiuti appena sversati. Identicamente, mi fece rimanere a bocca aperta la scritta di propaganda governativa dipinta sulla fiancata del camion: «Curando l’ambiente! (Cuidando el medio ambiente)».

Come postilla finale, una nota di attualità politica. In una delle sue ultime interviste, il presidente uscente, Alberto Fernández (domenica 10 dicembre è entrato alla Casa Rosada Javier Milei, il nuovo presidente eletto, ndr), ha avuto il coraggio di affermare: «In Argentina, l’indice della povertà (40,1% secondo l’istituto di statistica, ndr) è mal calcolato. Se ci fosse una tale quantità di poveri, l’Argentina sarebbe distrutta».

Probabilmente, l’ex presidente non ha mai avuto modo di frequentare le discariche del paese che fino a ieri governava.

José Auletta da Yuto (Jujuy)




Argentina. Un altro pifferaio magico?

In Argentina, il secondo turno delle elezioni presidenziali (19 novembre) ha sancito il trionfo di Javier Milei, il cinquantaseienne candidato de La Libertad Avanza, economista iperliberista, personaggio stravagante cui una larga maggioranza di argentini ha affidato le sorti del paese. Un paese allo sbando con un’inflazione al 140 per cento e 18,5 milioni di poveri (su 46 milioni di abitanti) di cui 4,3 milioni indigenti (proiezione su dati ufficiali dell’Instituto nacional de estadística y censos, Indec).

Quintas del Sol, un «barrio cerrado» (quartiere chiuso privato), nella provincia di Buenos Aires. L’interminabili cresi economica argentina ha accuito le differenze sociali nel paese. (Foto Infobae)

Abbiamo raccolto un paio di opinioni subito dopo il clamoroso risultato elettorale. Padre Luigi Inverardi, per molti anni missionario nel paese latinoamericano, si dice sorpreso della vittoria di Milei, ma giustifica gli argentini che lo hanno votato visto il disastro compiuto dal candidato presidenziale Sergio Massa, ministro dell’economia uscente. «La prima cosa da fare – aggiunge il missionario – è controllare l’inflazione e sanare l’economia. L’adozione del dollaro è una misura improponibile, ma la spesa pubblica si può ridurre perché ci sono troppi argentini che vivono di sussidi senza lavorare».

Padre José Auletta, 47 anni in Argentina, ci risponde di buon mattino da Yuto, provincia di Jujuy, nell’estremo nord ovest del paese. «Sia lo sfidante Massa che il vincitore Milei erano il peggio. Il popolo argentino ha votato spinto da un desiderio di cambiamento, ma soprattutto dalla rabbia. Oggi l’Argentina deve affrontare un impoverimento che è strutturale e una corruzione che è altrettanto».

Al Congresso nazionale (il parlamento) partito di Milei è minoranza: al Senato avrà 7 membri su 72, alla Camera 38 su 257. «E nessuno – aggiunge Auletta – dei 24 governatori delle province argentine. Milei ha vinto anche per aver gridato contro “la casta”. Quella stessa casta con cui dovrà però arrivare ad accordi per poter governare».

Quanto alla Chiesa argentina, il clima non è dei migliori. Dopo le accuse (tra cui comunista e rappresentante del maligno) e le offese di Milei a papa Francesco in più circostanze, in chiusura di campagna elettorale Alberto Benegas Lynch, economista e mentore del nuovo presidente, aveva proposto di «rompere le relazioni diplomatiche con il Vaticano». Gli aveva risposto (con classe) José María Di Paola detto Pepe, uno dei più noti curas villeros, i preti che vivono nelle villas miserias, le baraccopoli argentine. Il sacerdote sta preparando una campagna per invitare il papa a visitare il suo paese. Sotto lo slogan: «Vení Francisco, el pueblo te espera» (Vieni Francesco, la gente ti aspetta).

Padre José María Di Paola detto Pepe, noto «cura villero» e sostenitore del viaggio di papa Francesco in Argentina. (Foto David Agren)

Lo scorso ottobre, durante una lunga intervista concessa alla direttrice dell’agenzia argentina Télam, il papa aveva parlato dell’Argentina senza mai nominare Milei, ma facendovi riferimenti piuttosto espliciti. «Ho molta paura – aveva confessato – dei pifferai magici di Hamelin perché sono incantatori di serpenti. Se fossero incantatori di serpenti li lascerei, ma sono incantatori di persone… e finiscono per affogarle. Persone che credono di poter uscire dalla crisi ballando al suono del flauto, con redentori fatti da un giorno all’altro. […] Le grandi dittature nascono da un flauto, da un’illusione, da un fascino del momento. E poi diciamo “che peccato, stiamo annegando tutti”».

Il neoeletto Milei è un pifferaio magico? Aspettiamo per vedere come metterà mano ai problemi del paese che lo ha eletto. Come sempre, una cosa sono le parole dette in libertà durante le campagne elettorali, un’altra è la realtà quotidiana. E quella argentina è una realtà da brividi.

Paolo Moiola