Rd Congo. Floribert e il sogno della pace in Kivu
Lottò contro la corruzione, il 15 giugno verrà beatificato. La sua Goma, occupata dai ribelli dell’M23, è in ginocchio.
Floribert Bwana Chui, laureato in Legge, volontario per i bambini di strada, nonostante la sua giovane età, a ventisei anni dirigeva, a Goma, l’ufficio delle dogane alla frontiera con il Rwanda. Quando, nel luglio 2007, si rifiutò di lasciarsi corrompere impedendo di far passare carichi di cibo avariato che avrebbero messo a rischio la vita di molte persone della sua terra, soprattutto dei più poveri, venne torturato e ucciso.
Il suo martirio, «in odio alla fede», è stato riconosciuto nel novembre scorso da papa Francesco, aprendo la strada alla sua beatificazione.
Floribert sarà beatificato a Roma, nella basilica di San Paolo fuori le mura, domenica 15 giugno, nel corso di una celebrazione che sarà presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero per le cause dei santi.
La messa vedrà la partecipazione della diocesi di Goma, a partire dal suo vescovo Willy Ngumbi, e di altri rappresentanti della Chiesa congolese, tra cui il cardinale di Kinshasa Fridolin Ambongo.
Nato il 13 giugno 1981 a Goma, capoluogo del Kivu, nell’Est della Rd Congo, Floribert viveva in una regione che non conosce pace ormai da troppo tempo: una terra ricca, con una natura rigogliosa, ma politicamente complessa e travagliata, percorsa da un lungo e sanguinoso conflitto.
Durante i suoi studi, che si conclusero con una laurea in Giurisprudenza, incontrò la Comunità di Sant’Egidio che lo portò ad aiutare i poveri, in particolare i «maibobo», cioè i ragazzi di strada, come sono chiamati con disprezzo nell’area dei Grandi Laghi.
Floribert, attraverso la Scuola della pace, che Sant’Egidio ha in tutto il mondo, voleva farli studiare e aiutarli a diventare i congolesi del futuro. Poi quella scelta: meglio morire che farsi corrompere. E la Chiesa oggi lo annovera tra i martiri e i beati.
Una pace alcora lontana
La Goma di Floribert è, da gennaio di quest’anno, nelle mani dei ribelli dell’M23, appoggiati dai militari ruandesi. Una regione che, secondo fonti della Chiesa locale, a distanza di sei mesi è tuttora in ginocchio.
I vescovi chiedono alla popolazione di mantenere accesa la speranza: «Non dobbiamo mai perdere la fede, qualunque cosa ci accada. Anche quando tutto sembra buio, Dio non potrà mai abbandonarci», ha esortato monsignor Melchisédech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni, in una recente omelia.
Papa Francesco era stato nella Repubblica democratica del Congo a febbraio del 2023. Aveva dovuto rinunciare proprio alla tappa nel Kivu (programmata inizialmente ma poi cancellata nell’agenda del viaggio definitivo) per ragioni di sicurezza. Incontrando i giovani congolesi a Kinshasa aveva esaltato la figura di Floribert: «In quanto cristiano, pregò, pensò agli altri e scelse di essere onesto, dicendo no alla sporcizia della corruzione. Questo è mantenere le mani pulite, mentre le mani che trafficano soldi si sporcano di sangue».
Anche Francis Robert Prevost, Leone XVI, è stato nella Repubblica democratica del Congo nel 2009, quando era Priore generale dell’Ordine di sant’Agostino.
Nella capitale Kinshasa aveva anche inaugurato l’Università agostiniana.
L’appello alla pace lanciato dalla Loggia delle benedizioni, appena eletto Pontefice lo scorso 8 maggio, è stato ben accolto nella Rd Congo. «È una gioia per noi congolesi ascoltare le prime parole del Papa, che riflettono la necessità della pace nel mondo. Questo messaggio ci conforta», ha scritto monsignor Donatien Nshole, segretario generale della Conferenza episcopale del Congo, nel suo messaggio di auguri per l’elezione di Papa Leone XIV. «Ci aspettiamo da lui che continui a seguire il linguaggio di papa Francesco e che presti particolare attenzione all’avvio di una pace duratura nella Repubblica democratica del Congo».
Manuela Tulli