Brasile. Francesco padre dei poveri

 

Il mio primo incontro con Papa Francesco è avvenuto alla Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro nel 2013. Da poco più di un anno ero stato nominato vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di San Salvador da Bahia, e per la prima volta partecipavo a un grande evento che mostrava il volto giovane di una Chiesa desiderosa di essere presenza nel mondo.

Ho poi avuto altre occasioni per incontrarlo e godere della sua paternità, fede e semplicità.
«Dio sempre ci sorprende», era solito dire Papa Francesco. E la Chiesa è rimasta sorpresa con l’elezione di un uomo «venuto dalla fine del mondo» che ha sempre cercato di mettere al centro della nostra attenzione tutto quello che era considerato periferico.

Cosa ci lascia in eredità Papa Francesco?

Successore dell’apostolo Pietro, ha dedicato la sua vita all’annuncio e alla testimonianza del Vangelo. Fin dall’inizio del suo pontificato, egli ha esortato la Chiesa a «uscire», impegnandosi ad annunciare la gioia del Vangelo (Evangelii gaudium), invitando ogni battezzato a partecipare attivamente alla missione evangelizzatrice.

Buon Pastore, ha camminato «davanti, in mezzo e dietro al gregge», con il popolo santo di Dio, soprattutto con i fratelli e le sorelle più poveri che vivono nelle periferie geografiche ed esistenziali.

Profeta del nostro tempo, difensore della dignità umana, ha denunciato la «cultura dell’indifferenza» verso la sofferenza delle persone più vulnerabili e scartate della società.

Ha invocato la pace in un mondo segnato dalle guerre e ha richiamato l’attenzione della società sulla necessità di prendersi cura della nostra Casa Comune.

Padre dei poveri, ha mostrato nei piccoli gesti il volto misericordioso di una Chiesa dalle porte aperte, chiamata a essere «ospedale da campo», testimone di un Dio che non si stanca mai di amare e perdonare.

Sono grato al Signore per averlo conosciuto e incontrato, per la sua testimonianza che ci invita a essere una Chiesa più vicina, più umana e più fedele al Vangelo.

+ Giovanni Crippa, Vescovo di Ilhéus, Brasile




Corea del Sud. Dialogo tra fedi in vista della Gmg 2027

 

La prossima Giornata mondiale della Gioventù, che si terrà nel 2027 in Corea del Sud, «sarà un’occasione di dialogo tra le fedi – ci dice l’arcivescovo di Seul e amministratore apostolico di Pyongyang (Corea del Nord), monsignor Peter Soon-Taick Chung -. La Corea non è un paese cattolico, ci sono tante diverse religioni e quindi questo grande evento sarà una buona occasione di dialogo e anche per rinsaldare un ponte tra diverse fedi, per comunicare, per fare unità, e per costruire la pace».

Incontriamo monsignor Peter Soon-Taick Chung a Roma, a margine delle iniziative di preparazione, insieme al Dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita, della prossima Giornata mondiale dei giovani. Il Papa ha fortemente voluto che si celebri in Asia, un continente dove i cattolici sono in crescita e dove la fede si coniuga, lì dove non ci sono situazioni di persecuzione, con le altre fedi.

Sarà la prima volta che la Gmg si celebrerà in un paese nel quale i cattolici sono una minoranza. In Corea del Sud, infatti, dice l’arcivescovo, «la metà della popolazione non professa alcuna religione, più o meno il venti per cento è buddista, un altro venti per cento è protestante e solo il dieci per cento è cattolica».

«I rapporti tra le religioni in Corea sono molto buoni», assicura l’arcivescovo elencando i tratti positivi delle altre religioni. «Nel buddismo, la principale caratteristica è la generosità. I protestanti sono dinamici, pieni di energia, e sono fratelli in Cristo. Con tutti abbiamo una buona relazione nella quotidianità. I nostri giovani sacerdoti hanno stretto amicizia con i monaci buddisti e i giovani pastori protestanti. E quindi immaginiamo la Giornata mondiale della Gioventù come un momento di dialogo e un vento di pace».

Monsingor Peter Soon-Taick Chung, che è anche il presidente del Comitato organizzatore locale di Seul 2027, confida: «Il sogno è che il raduno dei giovani con il Papa possa arrivare in un momento di pace per il mondo. La pace tra le due Coree, sì, ma non solo. In questo tempo in cui assistiamo a così tanti conflitti, io sogno la pace per tutti e la Gmg sarà una buona opportunità per edificarla insieme a tutti i giovani del mondo».

La speranza è di vedere a Seul anche i giovani della Corea del Nord: «Noi abbiamo la volontà di invitarli. Speriamo, e soprattutto preghiamo, perché la loro presenza possa diventare realtà». E prosegue: «Durante i periodi di persecuzione nell’Ottocento, i primi fedeli coreani inviarono lettere accorate al Papa, chiedendo missionari per preservare la loro fede e per unirsi alla Chiesa universale. Questo appello spinse Papa Gregorio XVI (1831-1846, ndr) a istituire nel 1831 il Vicariato apostolico di Chosun, inviando così missionari e permettendo alla fede di prosperare nonostante le persecuzioni. Proprio come ha fatto con la Chiesa coreana primitiva, il Pontefice – dice riferendosi a Papa Francesco – ha accolto ancora una volta la richiesta della nostra Chiesa, invitando i giovani di tutto il mondo a unirsi al pellegrinaggio della Gmg di Seoul 2027».

I giovani che verranno, conclude, saranno «missionari coraggiosi, ispirati a vivere la gioia del Vangelo».

Manuela Tulli