Dov’è finito l’uomo

Egregio direttore,
faccio parte della «sinistra antagonista», demonizzata dai mass media. Però ho individuato un punto in comune tra il mio pensiero e quello della sua rivista: l’umanesimo. Ma, oggi, sembra che solo una parte della chiesa abbia a cuore l’uomo nella sua globalità, cioè nei diritti civili, nel diritto a vivere in un ambiente salubre e nutrirsi in modo genuino.
I diritti umani dovrebbero essere ormai acquisiti in modo irrevocabile. Purtroppo non è così.
Com’è possibile che in Italia esista un partito come Forza Nuova, i cui militanti si dichiarano fascisti… e la repressione della polizia colpisce chi contesta le loro adunate?
Com’è possibile che uno stato mandi soldati a fare guerre umanitarie e, 10 anni dopo, si accorge che quanto diceva chi contestava le guerre non era privo di fondamento? I proiettili all’uranio non fanno tanto bene: lo si sa e dice da 10 anni!
Com’è possibile che almeno la metà dello schieramento politico italiano pensi che non sia sbagliato se noi siamo ricchi e tanti altri (quelli del sud e di tutti i sud) poveri? Sono poveri, perché non sono stati capaci di fare come noi. Oggi sono pure fastidiosi. Perché non se ne stanno a casa loro?
Com’è possibile che le generazioni precedenti la mia (ho 27 anni), nel campo lavorativo abbiano avuto più diritti di noi, sebbene abbiamo studiato molto di più?
Dove è finito l’uomo? Ne rimane traccia in qualche bel discorso, ma nella vita di tutti i giorni assistiamo alla proliferazione di un modello economico, il neoliberismo, con le conseguenze che paghiamo salate.
Lorenzo De Ambrosis
(via e-mail)

L’attenzione all’uomo certamente ci accomuna. Con parole più stringenti (per i cristiani), è Dio stesso che domanda all’assassino Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?» (Gen 4, 9). Inoltre, fra i diritti dell’uomo, non si scordi la libertà religiosa. Anche dal punto di vista antropologico, l’uomo globale non può prescindere dallo Spirito. Ancora: accanto alla solidarietà dell’uomo verso il fratello, ci piace sottolineare quella del Padre verso i suoi figli.

Lorenzo de Ambrois




Sì, no… tra verità e preconcetti

QUASI UN TORRENTE

I l numero sul Brasile è documentato, arricchente, completo. Ma su alcuni punti non mi trovo d’accordo.
n Sètte. Si diffondono in maniera impressionante per il bisogno di soprannaturale, unito all’ignoranza religiosa. Ma il criterio per valutare la loro ortodossia sta solo nel mancato impegno sociale o nell’allontanarsi dalla verità integrale? Non mi piace la frase di padre Fidéle: «Una religione non deve essere alienante. (Bisogna) liberare la gente dalla povertà e miseria». No! La religione deve rivelare Cristo morto e risorto, figlio del Padre, colui che per mezzo dello Spirito ci rivela la verità, il senso del nostro vivere e morire. La liberazione materiale, giusta e necessaria, è una conseguenza dell’annuncio. Attenti a non trasformare la chiesa in una organizzazione socio-umanitaria-rivoluzionaria!
n Cattolicesimo romano. Non mi piace quando se ne parla come di una realtà da cui liberarsi per vivere la vera, genuina e unica spiritualità. Le manifestazioni di religiosità (diverse quante le culture in cui Cristo si manifesta) hanno tutte pari dignità, se restano circoscritte dagli argini dell’ortodossia. È fuorviante contrapporre le une alle altre. Ognuna è valida ed insostituibile nel suo contesto.
n Belle le comunità di base, che rompono schemi, si cimentano con la Bibbia, si alimentano della Parola che giudica la vita. Attenti, però! Se non rettamente guidate da chi ne ha autorità e preparazione, rischiano di cadere in interpretazioni contrarie all’insegnamento ufficiale della chiesa, di finire tra le sètte nate da una interpretazione troppo libera della bibbia.
n Religiosità popolare. Non mi è piaciuto il presentarla come creativa e libera, a cui i retrogradi del Vaticano hanno affiancato i missionari che enfatizzano i sacramenti, «perché sono loro a distribuirli». Scherziamo? Che religione cattolica è mai quella senza sacerdoti e sacramenti? È protestantesimo. I sacramenti sono «canali di grazia» e sono stati istituiti da Gesù Cristo per la nostra salvezza. Solo restando uniti alla chiesa e al papa si evita di cadere in eresie. Quanto sia importante l’unione al pontefice l’hanno capito gli uniati dell’Ucraina e i martiri cinesi.
n Il trafiletto sulla teologia della liberazione è mistificante. Perché non avete pubblicato le pagine di quel signore che insegna teologia a Città del Messico e parla di religione come immaginario collettivo, di Gesù Cristo rivoluzionario liberatore dei poveri? Di fronte a tali deviazioni, la chiesa giustamente ha preso posizione.
n La lunga inchiesta sui riti afrobrasiliani è utile per capire una larga fascia di popolazioni. Ciò che non accetto è il presentare i riti come una religione altrettanto vera come il cattolicesimo ufficiale, anzi migliore. Certo, dovremmo imparare la cordialità, l’accoglienza e l’attenzione alla psicologia. Ma che religione è mai quella, ripiegata sui recessi dell’animo umano, aperta alle influenze di «divinità» che vengono presentate come veramente esistenti? Quale tipo di consolazione possono offrire, svincolate da una speranza ultraterrena? Per sopportare la sofferenza, la gente ha bisogno di un senso che trova solo in Cristo. La dichiarazione Dominus Iesus puntualizza, nel rispetto delle altre forme di religiosità, che Cristo è e resta la verità e la salvezza. Anche questa è una prevaricazione del «cattolicesimo romano»?
Queste pagine mi hanno causato sconcerto e sofferenza. Quanti errori possono causare!
Giulia Guerci – Castellazzo (AL)

P. S. Mi associo a Giulia. Particolarmente sollecito un pensare ed agire in armonia con l’insegnamento della chiesa e del papa. In lui sono evidenti la santità e l’azione dello Spirito Santo, che sostiene vigorosamente la sua fragilità fisica.
Francesco Zucca

Di fronte a questi interventi, il lettore (che non conosce le 132 pagine dello «speciale» sul Brasile) può chiedersi stupito: «Ma che cosa ha pubblicato Missioni Consolata da suscitare reazioni così forti?». Ebbene la nostra rivista:
– non mette in discussione Gesù Cristo morto e risorto, né si oppone al magistero della chiesa;
– non contiene le espressioni «retrogradi del Vaticano» e «prevaricazione del cattolicesimo romano»;
– non presenta i riti afrobrasiliani «come una religione altrettanto vera come il cattolicesimo ufficiale, anzi migliore».
La verità evangelica non è un dato astratto da imparare e salvaguardare. È una Persona da amare. E, con Gesù Cristo, vivere tutte le beatitudini.

RESISTERE

L o «speciale Brasile» è una miniera di informazioni. Complimenti e grazie per l’impegnativo lavoro che portate avanti. Con Missione Oggi, Mani Tese, Nigrizia e Adista, ci offrite informazioni di qualità. Basta leggere! Tempo e stanchezze permettendo.
Aiutiamoci a resistere…
Anna Xausa – Zugliano (VI)

«Non adattatevi alla mentalità di questo mondo, ma lasciatevi trasformare da Dio con un completo mutamento della mente» (Rom 12, 2).

IL PRECONCETTO

S iamo stupiti ogni volta che il preconcetto parte da affermazioni contraddette dalla realtà.
Poiché nostro Signore ci ha dato, oltre al cuore, soprattutto la ragione, applichiamola al problema demografico. È evidente che nel terzo mondo c’è un intreccio perverso tra sottosviluppo e numero di figli: è molto semplicistico affermare che è solo colpa del mondo civile la triste condizione degli abitanti poveri del Brasile. Le centinaia di migliaia di bambini abbandonati, lo sono perché adulti irresponsabili mettono al mondo 8, 10, 12 figli, senza preoccuparsi di come vivranno, se avranno la possibilità non dico di educarli, ma di nutrirli!
Saremmo d’altronde anche noi, ricchi abitanti d’Europa, in grave difficoltà se avessimo tutti quei figli! Affermare che la campagna contraccettiva è sbagliata significa non avere minimamente il senso della realtà.
Susanna Mondino – Torino

La contraccezione è la soluzione del problema dei ragazzi di strada in Brasile? Nel 1991, come riconobbe l’Istituto brasiliano di statistica, almeno il 45% delle brasiliane tra i 14 e 45 anni era già stato sottoposto a sterilizzazione. In tale caso, chi si oppone alla campagna contraccettiva non ha… «minimamente il senso della realtà»?

UNA PENSIONATA

H o in mente l’esperienza di suor Elena, alla periferia di Manaus, descritta da padre Paulo Gomes su Missioni Consolata di ottobre-novembre 2000, interamente dedicato al Brasile. Si parla anche di due genitori in cerca di cibo, mentre la loro figlia di sette anni cura i quattro fratellini più piccoli.
Sono una pensionata con 700 mila lire mensili. Vorrei devolvere ogni mese 50 mila lire a questi piccoli. Potrebbe essere loro di aiuto? È poca cosa. Ma è meglio di niente.
E poi, chissà, che qualche altro pensionato non sia invogliato a seguire il mio povero esempio e, insieme ad altri, adottare una famiglia bisognosa per aiutarla a crescere i propri figli in condizioni più umane.
Paola Mari – Firenze

Una lettera che ci ha mandati in crisi. Grazie, signora Paola. Grazie ai pensionati che seguono già il suo esempio.

aa.vv.




Suona l'”Angelus”

Egregio direttore,
soddisfi per piacere una mia curiosità. So che la preghiera dell’Angelus fu istituita da Urbano II nel 1095 per le Crociate; ma perché si suonano tre tocchi, poi quattro, cinque e uno finale? Se ci fosse qualche topo di biblioteca per rispondermi…
Gino Scipioni
Montegiorgio (AP)

Spiacenti di deluderla. Degna di nota ci sembra la spiegazione del triplice suono dell’Angelus, data dall’inglese Harleim (1576). La campana del mattino ricorda il Risorto, apparso subito alla madre; quella di mezzodì rimanda alla morte di Gesù sotto gli occhi di Maria; il tocco della sera rievoca l’incarnazione di Cristo nel seno della vergine.

Gino Scipioni




Problemi per una volontaria

Cari missionari,
sono un’infermiera professionale nell’ospedale di Lonato-Desenzano (BS) e seguo con interesse la rubrica «Come sta Fatou?», perché ho vissuto un anno in Mozambico. Per compiere tale esperienza, ho dovuto chiedere l’aspettativa non retribuita. Inoltre solo l’insistenza verso il direttore dell’ospedale mi ha permesso di avere il nulla osta alla partenza.
In Mozambico ho lavorato in un centro de saude. L’impreparazione a trattare malattie tropicali mi ha costretta all’umiltà. Anche il numero contato di siringhe, gli aghi spuntati, la mancanza di energia elettrica, le modalità di sterilizzazione senza controprova… mi hanno ridimensionato come infermiera, che in Italia ha tutto.
Segnalo due problemi:
– la mancanza in Italia di corsi per infermieri sulle malattie tropicali (corsi «accessibili» per costo e modalità);
– una legislazione che non salvaguarda il lavoro al partente e lo penalizza (vedi il mio caso) anche nei contributi previdenziali.
Sono tante le persone disponibili ad impegnarsi nel sud del mondo; ma forse sono intimidite dalla burocrazia e da richieste considerevoli di esperienza, logistica e organizzazione… come certi gruppi esigono.
Ringrazio le missionarie comboniane per la pazienza nei miei confronti. Professionalmente ho dato niente; ma è stato per me un grande «tirocinio» umano e cristiano.
Claretta Boselli
Volta Mantovana (MN)

I problemi sollevati sono vecchi, ma purtroppo attuali.

Claretta Boselli




Mozambico, università cattolica

Caro direttore,
con piacere ho letto «Protetti persino da… una suora» (Missioni Consolata, settembre 2000). L’articolo riguarda l’università cattolica del Mozambico. Dopo gli accordi di pace di Roma(1992), il paese ora è uno dei «successi» dell’Africa e l’università cattolica rafforza la speranza della nazione. È anche un onore vedere che i missionari della Consolata sono stati scelti per avviare e portare avanti la grande opera.
Ma, leggendo l’articolo, non posso nascondere il mio stupore. Se non sbaglio, sembra che l’università cattolica sia lasciata a se stessa… Tutti i missionari che hanno lavorato seriamente in Africa conoscono l’importanza strategica dell’educazione, secondo il detto: «È meglio insegnare a pescare che dare il pesce».
Io penso che l’università cattolica del Mozambico debba essere maggiormente sostenuta dai missionari della Consolata. Tra l’altro, il rettore e il vicerettore non sono membri dell’Istituto?
Sarebbe un «affare» anche per lo stesso Istituto far credito all’università secondo criteri commerciali e di solidarietà. E non c’è da temere il fallimento: infatti l’università ha sempre pagato i debiti fino all’ultimo centesimo.
Mi congratulo con i padri Couto e Ponsi, nonché con suor Dalmazia (rispettivamente rettore, vicerettore e docente all’università) per il loro impegno. Mi auguro che questi confratelli non siano lasciati soli, ma sostenuti dall’intera nostra famiglia missionaria. Non è anche questo un bel modo di celebrare il nostro centenario. O mi sbaglio?
p. Marco Bagnarol
Portogallo

Non ti sbagli, caro padre Marco! Un famoso principio della morale cattolica recita: caritas incipit ab egone. La carità inizia in famiglia.

p. Marco Bagnarol




Attenti “pastori”

Egregio direttore,
la risposta alla mia lettera, su Missioni Consolata di dicembre, mi riempie di amarezza, perché io non ho sollevato il problema della diversità di opinioni tra due vescovi della chiesa peruviana.
Il redattore del «dossier» può anche non condividere il pensiero di monsignor Cipriani, ma gli deve il rispetto che ha per monsignor Bambaren. Al fine di accentuare la diversità tra «le due massime autorità della chiesa peruviana», non è onesto sottolineare che Cipriani appartiene all’Opus Dei non precisando l’appartenenza di Bambaren!
Signor direttore, quale fedele abbonato alla rivista, le rinnovo la stima; ma la sua distinzione tra «giudicare» e «condannare» non mi convince dal punto di vista evangelico. Alcuni pastori dal pulpito dicono a noi laici «non giudicate», rivendicando tale potere solo a se stessi e dimenticando il «guai a voi, scribi e farisei…» (Mt 23).
Ferruccio Gandolini
Castellanza (VA)

E questi scribi e farisei modei sbagliano!

Ferruccio Gandolini




L’anello del vescovo

Cari missionari,
sono un’assidua lettrice della rivista. Mia mamma Maria è nipote del vescovo Attilio Beltramino, primo vescovo di Iringa (Tanzania). Avrei piacere che lo ricordaste nel vostro mensile. Ho un bel ricordo di lui.
Io, piccola, vedevo quell’uomo vestito di bianco, dolce e affabile con tutti. Mi è rimasta impressa la sua semplicità. Portava al dito un anello, per me bellissimo: ogni volta che lo incontravo gli chiedevo di regalarmelo. Nelle sue parole non c’era posto più bello della sua Africa e per nessuna ragione avrebbe voluto restare con noi. Che figura straordinaria!
Elena Bottani
Roletto (TO)

Te ne sei accorta, Elena? Lo zio è comparso nel numero scorso, dedicato ai 100 anni dei missionari della Consolata.

Elena Bottani




Non buttare la spugna

Carissimo direttore,
qui la vita procede come al solito: lavoro, volontariato, oratorio: questo mi fa sentire vivo; tento di non rintanarmi nel mio comodo, perché finirei nell’egoismo. È nel dare che si riceve, e il ricevuto si triplica rispetto al dato.
Purtroppo questo modo di impostare la vita è dato per perdente. Compassione, comprensione, preghiera, silenzio? Buttiamoli via subito, perché sono un fardello che rallenta la corsa verso il benessere.
L’alternativa è dunque la Ferrari, il costoso capo firmato? Benessere è spendere e spandere?
Ma, accanto a questo mondo dell’apparire, ne esiste un altro: dice che l’«essere» batte l’«avere»… Sono sicuro che la strada da intraprendere o, meglio, da continuare è quella che ci ha insegnato 2001 anni fa un certo Gesù.
Senza buttare la spugna.
Giovanni Fumagalli
Casatenovo (LC

Giovanni Fumagalli




Islàm e buonisti

Islàm e buonisti

S ignor direttore, intendo replicare contro le affermazioni offensive di alcuni lettori nei miei confronti. La vita mi ha consentito di conoscere l’islàm e di scoperchiare un nido di serpenti. I miei articoli mirano a far conoscere agli ingenui ciò che potrebbe capitare anche a loro. Sono un ex novizio dei padri comboniani e ho sempre agito secondo la mia fede cristiana.
Le frasi tratte dal giornale valdostano non sono inventate, ma ricavate da vari scritti; riguardano soprattutto l’articolo «Gesù e Maria nell’islàm» del 3 giugno 1999. La suora dell’istituto citato probabilmente non ricorda bene il dialogo; era molto indaffarata e dovetti aspettare mezzora prima di essere ricevuto. Nel frattempo ebbi modo di parlare con un’altra persona della casa.
Del mio articolo, apparso su Missioni Consolata, probabilmente hanno molto colpito le foto e il titolo: questi sono opera della redazione, non mia.
Consiglio a tutti di leggere «Gli scritti» del Comboni (Emi, Bologna), dove si documenta come il missionario abbia combattuto lo schiavismo e la malvagità dei seguaci di Maometto.
Michel Barin – Aosta

Di Michel Barin Missioni Consolata di giugno 2000 ha pubblicato «La moschea in convento», che ha suscitato approvazioni e rifiuti.
H o letto su Missioni Consolata di dicembre 2000 la critica sul cardinale Biffi: mi pare che lo scrivente Al. Za. non abbia capito molto. Non si nega l’ospitalità al povero, però si chiede un adeguamento alle nostre usanze. La teologia musulmana ha certamente lati positivi, ma non mi pare che gli immigrati musulmani si dimostrino sempre disposti a considerarsi ospiti. Forse la teologia islamica è stata travisata proprio da molti musulmani.
Come la mettiamo con la continua uccisione di cristiani, l’integralismo, la sharia imperante e l’inammissibile indissolubilità fra religione e politica? E la musulmana schiavitù della donna, che nel cristianesimo è invece onorata?
Con tutta l’accondiscendenza verso le altre religioni, dov’è finita l’evangelizzazione, lasciata come compito primario dal Salvatore agli apostoli? Disse di predicare la buona novella o di aiutare a costruire templi a Zeus?
Evitiamo un malinteso buonismo politico almeno nel comportamento cristiano, che deve essere aperto alla carità, ma saldo nella fede e nell’adempimento e difesa della dottrina di Gesù Cristo.
Perché Al. Za. non va a costruire una chiesa cattolica a Baghdad?
dott. Benedetta Rossi – Bologna

«Al. Za.» sta per Alex Zanotelli, missionario comboniano nella bidonville di Korogocho (Kenya).

aa. vv.




Con quel sorriso all’americana

Se si va fuori tema

Eros Benvenuto su Missioni Consolata di dicembre s’indigna, perché al meeting di CL è stato applaudito Berlusconi. Domanda: uguale costeazione sarebbe scaturita se sul palco fossero saliti altri imprenditori, come Agnelli o Moratti? Inoltre che cos’è questo vituperato neoliberismo? È chiaro che, per i citati imprenditori, si tratta di capitalismo.
Al capitalismo è ascrivibile il benessere di massa dei popoli occidentali, i quali (pur fra ingiustizie e squilibri) da circa 50 anni mangiano carne tutti i giorni e vestono con garbo. Anche le cattedrali del medioevo sono frutto dello sviluppo dei commerci e delle manifatture del tempo: Giotto o Aolfo non avrebbero mai realizzato le loro opere senza gli intraprendenti capitalisti dell’epoca.
L’Italia invia soldati in Bosnia, Kosovo, Africa… con ingenti risorse. Non sono molte le nazioni che lo fanno. Solo i paesi ricchi possono permettersi di essere generosi. I mali del mondo possono arrivare con o senza capitalismo, ma sicuramente allignano meglio dove c’è miseria.
Pur non amando Berlusconi, ho intuito che l’odio che egli suscita in molti gonzi non deriva dal fatto che è ricco, ma solo perché osa rompere l’ipocrisia catto-comunista che demonizza la ricchezza: egli rivendica il diritto-dovere di coltivare nel migliore dei modi l’impresa economica, e lo fa con un «sorriso all’americana» che ferisce l’aura sacerdotale dei piagnoni e menagramo.
La sinistra invoca pane, lavoro e aumenti di stipendio. Signor Benvenuto, conosce lei un modo per dare lavoro alla gente senza sufficienti imprese? Ipocrisia massima, quella della sinistra, perché finge di ignorare che, nel moderno capitalismo, l’esistenza dell’impresa non può che derivare da lavoro e sviluppo per molti. Ipocrisia massima, perché si contrappone il «pubblico» (buono) al «privato» (cattivo). Oggi solo i bigotti non si accorgono che in Italia le cose pubbliche sono la più massiccia e illegale privatizzazione a favore dei mille e mille clienti della politica; questi dilapidano le risorse della nazione e coltivano il parassitismo di massa.
Se non sono scemo del tutto, mi pare d’aver capito che la concorrenza è mondiale e che i margini di sopravvivenza sul mercato planetario sono sempre più stretti, con grave rischio delle stesse imprese. Constato che il più contento, in un mondo senza concorrenza, sarebbe il famoso padrone, i suoi operai e tecnici. È un meccanismo economico privo di senso? Senz’altro. Esiste allora un’autorità mondiale capace di imporre a tutti, contemporaneamente, un ordine più umano? Non c’è.
E quell’azienda che smettesse di correre col passo imposto dall’equilibrio mondiale, hic et nunc sarebbe fuori dal mercato, sostituita da qualche giapponese o australiano. Le imprese per vivere hanno bisogno di meno vincoli e tasse: ecco il neoliberismo, cioè il capitalismo di quest’epoca matura. Tutte le imprese vi si adeguano senza clamore.
«Multinazionale» è una qualifica che si acquisisce quando l’impresa estende la sua azione fuori del confine nazionale. Ma c’è multinazionale e multinazionale: è innegabile che alcune impongano scelte ai governi. Ma allora, più che con le multinazionali (che fanno il loro mestiere), prendetevela con i governi, i partiti e i singoli politici immeritatamente eletti a rappresentare l’interesse generale.
Così avviene nell’Unione Europea, che non perde occasione di assecondare gli interessi forti, come è stata la direttiva nel marzo 2000, che consente di produrre cioccolato con surrogati sintetici del burro di cacao, a danno dei paesi africani che nel cacao hanno le uniche risorse. Il parlamento europeo ha una schiacciante maggioranza di sinistra.
Caro Benvenuto, non sono né nato ieri, né sono cieco. Il mondo è pieno di violenza e truffe legalizzate, specie il terzo e quarto mondo. Il vero problema è che a quei paesi manca un sufficiente ceto medio, che sappia creare un sufficiente tessuto produttivo e imprenditoriale, che al tempo stesso porterebbe sviluppo a (quasi) tutti e democrazia più sostanziale. Mancano tanti «berlusconcini». La ricchezza si genera con la ricchezza, non con la miseria. Non le va bene, Benvenuto? Foisca lei la medicina. Ma che non sia l’unilaterale rinuncia di un paese alla ricchezza, alla prosperità, alla storia; che non sia una suicida uscita dalla capacità competitiva mondiale.
Qui entra in ballo la distinzione tra politica e individuo. In una persona è nobile la rinuncia alla ricchezza e la scelta del sacrificio. Ma guai a chi impone tali valori a tutti per via politica! Egli sarebbe un nuovo tiranno… Non esiste impegno politico senza perseguire il benessere materiale del popolo amministrato.
Ricuso poi in toto l’intervista al presidente Violante (ancora Missioni Consolata, dicembre 2000): mi vergogno di imbattermi in simili monumenti all’ipocrisia e demagogia. Si scandalizza perché la distanza tra paesi ricchi e poveri aumenta a forbice, indugiando sterilmente «sulle colpe dell’occidente», quando la colpa della miseria di tanti paesi è nelle loro classi dirigenti, che intercettano e sprecano le risorse. È evidente che la forbice non può che aumentare, perché, mentre i poveri hanno uno sviluppo zero o quasi, i ricchi vanno avanti in ricerca tecnologica, produzione e servizi.
Soprattutto non sopporto chi colpevolizza i cittadini dei paesi ricchi, cioè noi, come se il nostro essere ricchi fosse un «regno di bengodi», quando invece sappiamo che, accanto allo stereo-video-computer del nostro salotto, c’è fatica quotidiana, il mutuo da pagare, l’accompagnare i figli, le tensioni nel lavoro. Vi sono spesso solitudine e sofferenza. E tanta violenza dello stato che pretende, ma getta follemente dalla finestra.
Insomma, cari signori, volete la ricchezza degli italiani o la povertà? Io scelgo la ricchezza economica, che non può che favorire la maturazione sociale e culturale, la generosità verso i più sfortunati.
Ritornando a Violante, l’intervistatore e l’intervistato, prigionieri dei loro schemi pauperisti e terzomondisti, giocano ad un rimpiattino inconcludente: il primo chiede se sia giusto intervenire militarmente e il secondo risponde che non è giusto, che però è indispensabile. Siate almeno logici!
Vi sta a cuore la sofferenza di questo e quel paese? Allora intervenite, sostituitevi al ducetto locale e gestite come ritenete più produttivo le risorse, che dopo tutto sono vostre (nostre). Altrimenti, se dovete alimentare i mille ras del terzo mondo (solo per rispettare l’autonomia degli stati) è meglio stare a casa.
Si chiama neocolonialismo e vi stracciate le vesti?
Luigi Fressoia – Perugia

Eros Benvenuto non si è indignato per l’applauso a Berlusconi, ma perché il battimano è venuto dagli stessi giovani che, poco prima, avevano applaudito il papa. La differenza è sostanziale. Infatti una cosa è la dottrina sociale del papa… un’altra quella del cavaliere.
Il suo interessante intervento, signor Fressoia, è quindi fuori tema, compresi gli insulti.

Nessun partito!

S ono un ex allievo dei missionari della Consolata, dei quali conservo un bel ricordo. Spero anche di essere un buon cristiano. Ma ho convinzioni politiche di centro-destra: è peccato? Se dovessi dare credito a ciò che scrive Eros Benvenuto direi di sì.
Io non chiedo che Missioni Consolata passi dalla mia parte, ma mi sembra lecito sperare che non faccia distinzioni fra i leaders di centro-destra e quelli di centro-sinistra.
Il neoliberismo potrà forse essere una colpa, ma la dottrina sociale degli attuali governanti fa acqua da tutte le parti, al di là delle belle parole di Violante. Si deve ricordare al signor Benvenuto che, negli ultimi cinque anni, i poveri sono aumentati anche in Italia e i ricchi… pure!
Il mio è un modesto parere, del quale probabilmente lei non terrà alcun conto. Sappia comunque che io condividerò sempre le battaglie della rivista in favore degli ultimi del mondo. Non mi piacerebbe, tuttavia, che ad esse fosse associata in Italia una precisa idea politica, in un momento in cui l’atteggiamento caramelloso di certi capi fa presumere che «tutto va bene e tutto fa brodo».
Luigi Trobbiani – Roma

Missioni Consolata non sposa i partiti politici. Però deve giudicare «i segni dei tempi», specie se sono contro i poveri. Se non lo facesse, sarebbe ipocrita (cfr. Lc 12, 56).

Una voce fuori dal coro

È una piacevole sorpresa Missioni Consolata. È uno spaccato dell’omonimo istituto, che per i torinesi (e non solo) rappresenta un riferimento storico ed un esempio di come si possa vivere il vangelo radicandolo tra le persone con semplicità. Questa è diventata una dote rara in un’epoca in cui ogni messaggio è urlato, super-invasivo e suadente, come i mega manifesti, correlati di faccione, che tappezzano le nostre città promettendo cose vane con slogan degni di una campagna pubblicitaria per detersivi.
La rivista è una piacevole sorpresa, perché ho apprezzato il dibattito sulla globalizzazione. Una scelta coraggiosa, non solo perché fa riflettere (cosa non da poco in un’epoca dove tutto è banalizzato), ma anche perché è una voce fuori dal coro.
Dopo la fine del dualismo politico «Usa-Urss» e ideologico «capitalismo-comunismo», avvenuto con il crollo del muro di Berlino, ha preso piede un’unica ideologia o religione mondiale: questa, lungi dal rispondere ai bisogni delle persone, ha aumentato in modo esponenziale gli esclusi. Il neoliberismo è osannato come l’unica vera via verso la crescita economica costante (valore insindacabile per i fautori della nuova religione); e, naturalmente, può essere solo di tipo euro-statunitense. Nessuno osa dissentire.
Questo sta portando all’eliminazione delle tutele sociali che hanno reso l’Europa con il minor numero in percentuale di poveri nel mondo e con la qualità di vita più alta. Intanto gli Stati Uniti, con oltre 40 milioni di poveri e il debito pubblico più alto del mondo, sono presi come riferimento. Non solo. Essendo il mondo occidentale l’area più potente del pianeta sta estendendo il dominio e l’ideologia, con l’ausilio della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, in tutti i continenti.
Il messaggio sembra essere: «Voi avete sbagliato tutto, solo noi siamo democratici e sviluppati. Quindi diventate come noi». Come se il sottosviluppo fosse colpa dei poveri! Sembra che la natura abbia beffardamente relegato tutte le risorse naturali (che hanno permesso alle nazioni del nord di svilupparsi) in paesi poveri abitati da ignoranti e governati da dittatori miopi e sanguinari.
È urgente comprendere il presente nella sua complessità, denunciare le mistificazioni senza timori reverenziali, per pensare ad un futuro che metta l’uomo al centro delle priorità del mondo politico e che i bisogni basilari diventino diritti fondamentali.
In Italia si sente l’esigenza di «voci fuori dal coro», che si elevino al di sopra dell’attuale dibattito politico, fatto di schiamazzi, slogan razzisti e populisti. Questo, visti gli attentati al duomo di Milano e a il manifesto, può far ricadere il paese nella violenza e in un periodo buio che pensavamo finito.
Missioni Consolata, prosegui sulla strada intrapresa. Grazie.
Luca Graziano – Torino

aa.vv.