A Medyka e Shehyni alla frontiera Sud Est tra Polonia e Ucraina


Aggiornamento al 2 aprile 2022 |

Per aiutare: fare versamento tramite Fondazione missioni Consolata Onlus, specificando “Aiuto profughi Ucraina”


Carissimi tutti,
con questo 4 aggiornamento oltre a ringraziare tutti voi per la continua solidarietà concreta che state dimostrando in questa situazione, desidero condividere l’esperienza che ho fatto questa settimana recandomi in Ucraina.

Il viaggio è nato da una proposta arrivata da don Leszez Kryza direttore nazionale dell’Ufficio di aiuto alla chiesa in oriente, struttura appartente alla Conferenza episcopale polacca.

Dopo aver riempito completamente la macchina di beni di prima necessità, quali cibo e medicinali, siamo partiti all’alba di giovedì 31 marzo, in direzione della frontiera di Medyka a sud est della Polonia. Con noi si è unita Clara la volontaria infermiera che da settiane è con noi. Dopo cinque ore di viaggio in un clima che si è fatto improvvisamente invernale alternando la pioggia alla neve, arriviamo presso la frontiera.

Non sono tanti i mezzi che passano il confine dalla Polonia all’Ucraina; tuttavia, i tempi di controllo dei documenti sono lunghi, dovuto sia al controllo dei documenti sia al controllo della merce trasportata, entrando in un paese in guerra i soldati vogliono essere certi di cosa si trasporta.

La frontiera polacca la passiamo senza difficoltà, invece dalla parte ucraina siamo fermati a lungo, per la mancanza di un documento della nostra macchina che abbiamo solo in versione on line e non stampata. Dopo piu di tre ore di attesa, siamo costretti a rientrare in Polonia a motivo della mancanza di questo documento. Cambiamo il nostro piano. Decidiamo di lasciare gli aiuti trasportati presso la sala di una parrocchia dei francescani vicino alla frontiera, per essere già nei prossimi giorni di nuovo spedita oltre il confine con un altro trasporto.

Questo cambio di situazione ci porta alla decisione di entrare in Ucraina a piedi. Il controllo dei documenti dalla Polonia all’Ucraina avviene in modo sbrigativo anche se non siamo soli, alcuni rifugiati, non molti, ritornano. Ci spiegano che sono coloro che abitano vicino a questo confine in una zona meno bombardata di altre. Hanno i mariti che li aspettano nelle loro case e inoltre trovare lavoro in Polonia non è facile… Aiutiamo una giovane donna a portare due borse della spesa pesanti. È tutto quello che ha con sé. La soldatessa ucraina mi chiede cosa andiamo a fare in Ucraina. Le spiego il problema che abbiamo avuto poco prima con la macchina aggiungendo che vorremmo organizzare il passaggio dei beni. Fissandomi seriamente negli occhi per un momento fa poi un mezzo sorriso e ringrazia per quello che stiamo facendo. Sono parole che mi colpiscono perché dette da un soldato non sono per niente scontate.

Entrando in Ucraina notiamo dalla parte opposta una coda molto piu lunga di rifugiati che attendono di entrare in Polonia. Nella vicinanza delle frontiera da entrambi i paesi ci sono tante organizzazioni umanitarie, sono volontari provenienti da tutto il mondo: americani, spagnoli, portoghesi, ebrei, sono tutti giovani sorridenti che trasmettono un calore umano fatto di sorrisi di mille piccole attenzioni verso i profughi. Alcuni sono vestiti da clown come al circo per strappare un sorriso ai bambini che scappano dalla guerra. Altri si prestano con carrelli della spesa ad aiutare a portare i pochi bagagli dei profughi. Altri ancora offrono bevande calde, pasti, cioccolata… siccome la giornata è fredda e umida vengono distribuite delle mantelline per la pioggia che anche noi beneficiamo e si organizzano dei ripari dalla pioggie mista a neve che cade ininterrottamente, usando delle serre per fiori che qualcuno ha offerto. Ci sono anche delle stufe a gas come quelle che si trovano nei ristoranti all’aperto che riscaldano nelle immediate vicinanze.

Incontriamo un gruppo di volontari polacchi che hanno allestito un campo a fianco della frontiera, in Ucraina. Conosciamo Magdalena che fin dall’inizio è qui presente. Ci racconta che la situazione in questi giorni è meno pesante rispetto all’inizio; tuttavia, non c’è sicurezza e da un momento all’altro potrebbe di nuovo tutto precipitare a seconda degli sviluppi della guerra nel paese.

Solo da questa frontiera sono passate circa 700.000 persone (circa la capienza di 10 grandi stadi di calcio) su un totale di 2.700.000 che hanno varcato il confine con la Polonia.

I primi giorni sono stati i più drammatici. Magdalena ci racconta che i primissimi aiuti sono arrivati tutti da Ovest fermandosi in territorio polacco senza oltrepassare il confine. Ancora oggi lì ci sono decine e decine di tende di volontari. Molto meno se ne trovano ancora oggi dalla parte ucraina, dove ci sono le code piu lunghe di profughi.

Ci sono video che mostrano all’inizio del conflitto, code di oltre 30 km di macchine in attesa di passare il confine. Erano tra i pù fortunati perche stavano al caldo e seduti, al contrario della maggioranza di essi che aspettavvano all’aperto giorno e notte anche per tre e quattro giorni, per passare il confine. Anche se le pratiche burocratiche sono state semplificate l’ondata di profughi da smaltire è stata così grande che non lasciava alternative. Per scaldarsi durante la notte si bruciava tutto quel poco che si trovava compresi i vestiti non utilizzati. Ci sono stati, ci raccontano i volontari, anche casi di parti precoci a seguito dello stress e della stanchezza.

Avendo lasciato la macchina al di là del confine, verso sera ci rimettiamo in coda con i profughi per rientrare in Polonia. Ci colpisce molto la dignita di queste persone. Non sentiamo un lamento o una imprecazione. Ci si guarda solo negli occhi. Le storie che ci raccontano sono terribili e talmente crudeli che si fanno fatica a descrivere. Sono tutte persone che scappano dall’estremo est del paese, Mariopol, Charchowy, Donbas, Kiev…

Le uniche persone accompagnate dai volontari che accorciano le file sono solo alcuni anziani su carrozzine avvolti da coperte. Gruppi di persone poco nominate in questo conflitto, ma che rappresentano un altro lato debole della popolazione. Nessuno si lamenta di questo anche se la stanchezza e il freddo non aiutano. Dopo circa tre ore in fila ritorniamo in Polonia. A differenza dei profughi, abbiamo una macchina ad attenderci e un luogo sicuro dove ritornare. È notte fonda quando ritorniamo a casa presso la nostra comunità dopo quasi 24 ore di viaggio. Siamo stanchissimi, ma anche coscienti che abbiamo visto molto e come testimoni molto possiamo continuare a fare molto insieme a tutti voi. Dopo Pasqua probabilmente ci recheremo ancora in Ucraina questa volta per qualche giorno.

padre Luca Bovio IMC




Con la Consolata in Polonia per L’Ucraina /3


Kieplin, 19/03/2022. Con questo 3° aggiornamento provo a darvi a qualche informazione attuale salutandovi e ringraziandovi per le vostre preghiere e i vostri aiuti. Stiamo tutti bene sempre impegnati a organizzare vari aiuti.

Le ultimi informazioni ufficiali governative indicano che si è superato il numero di di 2.000.000 di profughi accolti in Polonia su una popolazione che sfiora i 40.000.000. La capitale Varsavia, che nel 2019 contava 1.800.000 abitanti, ha già accolto quasi 500.000 profughi. Si è fatto notare come questa, che riguarda la Polonia principalmente ma non solo, sia la piu grande ondata di profughi avvenuta in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. I numeri sono costantemente in crescita ed è ragionevole pensare che soltanto la fine del conflitto potrebbe mettere un freno a questa migrazione. La fine del conflitto tanto sospirata sembra essere ancora lontana.

Le stazioni dei treni di Varsavia sono allestite in modo da accolgliere le migliaia di persone che ogni giorno arrivano. Volontari di gruppi e associazioni umanitarie così come singoli cittadini, si impegnano giorno e notte fornendo informazionie e aiuti di prima necessità, come cibo, bevande calde e schede telefoniche prepagate. I mezzi di trasporto di tutto il paese sono gratuiti per i profughi. Ogni profugo ha diritto di ricevere il codice fiscale polacco che permette l’accesso al servizio di assistenza sanitario nazionale.

Come già scrivevo in precedenza sono pochissimi i palazzetti e le scuole che ospitano i grandi gruppi per dormire, perche la maggior viene ospitata nelle case di gente comune in tutto il paese.

Vorrei ringraziare due sacerdoti che abbiamo contattato telefonicamente a Lublino, non lontano dai confini con l’Ucraina, e che hanno organizzato in piena emergenza l’accoglienza per una notte di due gruppi di donne e di bambini. Ogni gruppo contava quasi cento persone. Il giorno successivo con dei pullman questi due gruppi sono partiti per Il Portogallo.

Qui a Łomianki continuiamo il lavoro in collaborazione con la parrocchia di Santa Margherita. Il numero dei profughi, circa 1500 nel solo comunenon è aumentato per una semplice ragione: non ci sono piu posti liberi nelle case. Il centro di distribuzione degli aiuti presso la parrocchia continua a lavorare ogni giorno grazie a un centinaio di volontari che fanno i turni. Gli aiuti che mandate sono distribuiti lì. E da lì sono messi a disposizione per le famiglie presenti ma anche spediti in Ucraina. Ricordo che i beneficiari sono prevalentemente mamme con bambini. I generi alimentari piu richiesti sono la farina, marmellate, olio non necessariamente di oliva, i semolini. Con parte delle vostre offerte questa settimana abbiamo acquistato una tonnellata e mezzo di farina, sufficiente per qualche giorno di distribuzione.

Accoglienza profughi dall’Ucraina nella parrocchia di Lomianki

Da pochi giorni si è unita alla nostra comunità una volontaria infermiera di Torino, Clara, che aiuta nello smistamento delle medicine che arrivano. Un lavoro umile e importante.

Stiamo riuscendo con l’aiuto di molti a organizzare l’accoglienza per i profughi in diversi luoghi in Italia.

Pochi giorni fa alcuni volontari di Sovere (Bg) sono venuti con le macchine per portare aiuti e al ritorno hanno viaggisto con ben 14 profughi che sono stati ospitati presso le famiglie del loro comune. Questa mattina l’associazione Eskenosen di Como similmente, dopo essere arrivati con ben 8 furgoni di aiuti sono ritornati con 11 madri e bambini di varie età.

Mi preme sottolineare che il desiderio di tutti i profughi è quello di tornare al più presto nelle loro case in Ucraina. Siccome non si sa ancora quando e in quale forma questo potrà avvenire (dipenderà molto dall’esito finale della guerra), alcuni sono disposti a intraprendere viaggi in paesi piu lontani per assicurarsi nell’immediato, un futuro piu sicuro e per i loro bambini continuare l’istruzione nelle scuole.

Nel caso di una eventuale disponibilità per l’accoglienza potete contattarci scrivendoci dove questa puo avvenire e le condizioni dell’alloggio. Queste sono informazioni basilari che possiamo dare ai profughi che devono fare, come immaginate, un grande atto di fiducia nel prendere queste decisioni.

Oggi e la festa di S. Giuseppe, festa dei papà. Affidiamo alla sua protezione tutti i papà del mondo specialmente quelle rimasti in Ucraina, e alla sua intercessione chiediamo la fine della guerra e una benedizione per tutte le famiglie.

Preghiamo per la pace, costruiamo la pace.

PadreLuca Bovio
Superiore dei missionari della Consolata in Polonia

Accoglienza profughi dall’Ucraina nella parrocchia di Lomianki


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Per l’Ucraina con i Missionari della Consolata in Polonia

In Polonia per Ucraina con la Consolata /2




In Polonia per Ucraina con la Consolata /2

Carissimi
con questo terzo scritto provo ad aggiornarvi su quanto sta accadendo attorno a noi in questi ultimi giorni. Permettetemi come sempre di ringraziare anzitutto quanti da ogni parte d’Italia e non solo, in diverse forme e modi, continuano a sostenere i progetti che abbiamo intrapreso come missionari della Consolata presenti in Polonia.

Arrivo degli aiuti della parrocchia di sant’Anna di Milano.

Nella nostra comunità di Kiełpin proprio oggi salutiamo Pietro e la figlia Anastasia che scappando dall’Ucraina, dopo aver vissuto in casa nostra per una decina di giorni, voleranno in America dove ad attenderli ci sono dei familiari.

La scorsa notte hanno dormito in casa nostra anche una mamma Anastasia con i due figli Ivan e Yeva. Siamo riusciti ieri a far loro avere un visto dall’Ambasciata italiana, che ringraziamo sinceramente, e dopo un breve riposo nel cuore di questa notte hanno preso un volo per Milano. Sono già arrivati accolti da alcuni loro familiari.

La nostra comunità sarà presto di nuova pronta per accogliere ancora qualcuno nei prossimi giorni.

Sempre ieri dall’Italia è arrivato il primo trasporto di aiuti, organizzato dalla famiglia Pozzi e amici, provenienti dalla Parrocchia di S. Anna (Milano) e da un gruppo di simpatici tifosi interisti a cui piace farsi chiamare ironicamente “internati”, persone sensibili a organizzare raccolte di materiale per portare consolazione ai colpiti della guerra. A nome dei volontari che hanno accolto i loro preziosi aiuti un grande grazie. Già la prossima notte aspettiamo tre automezzi in viaggio in queste ore, partiti da Sovere (Bergamo). Altri trasporti si stanno organizzando ancora i prossimi giorni. Ricordiamo che i beneficiari di queste raccolte sono soprattutto donne e bambini. Ieri presso il punto di distribuzione della Parrocchia oltre 400 persone hanno beneficiato di questi aiuti. Attualmente sul territorio delle nostre parrocchie sono ospitate 1500 persone, tutte presso le famiglie. Questa situazione prevediamo che durerà a lungo.

 

Accoglienza

Mi sento di dire qualcosa sul tema dell’accoglienza in senso generale che sta avvenendo nel nostro paese. I numeri sono vertiginosi. Pochi giorni fa il governo parlava già ufficialmente di 1.500.000 profughi accolti. Questa cifra ad oggi va sicuramente aggiornata in forte crescita. È risaputo che per vari motivi la Polonia si presenta come il paese che offre migliori possibilità per i profughi. Come spesso ripetiamo e i media ben dimostrano, la maggior parte di essi sono mamme con bambini ucraini. Alcune voci, sostenute anche da articoli pubblicati qua e là, creano qualche dubbio su questa reale apertura del governo polacco nei confronti di coloro che provengono sì dall’Ucraina ma che non sono ucraini. Si tratta di persone presenti in Ucraina per motivi di studi o di lavoro prevenienti dall’Africa o dall’Asia che, trovatisi in mezzo al conflitto, cercano anche loro di fuggire dal paese. Pochi giorni fa mi trovavo sulla banchina dei treni della stazione centrale di Varsavia, punto di arrivo di moltissimi profughi perché, tra l’altro, nella capitale ci sono le ambasciate di tutti i paesi. I treni provenienti dal confine sono tutti pieni di passeggeri che viaggiano gratuitamente. Ho visto personalmente scendere dal treno migliaia di profughi e tra questi, centinaia di loro avevano i tratti somatici di persone non ucraine, per intenderci africani e asiatici. Non solo. La nostra comunità ha accolto una giovanissima coppia di studenti nigeriani che scappava di Kiev, con il loro neonato di 4 mesi. Attualmente vivono dai nostri vicini. Così come un nucleo familiare di origine gambiana.

Detto questo, mi sento di poter affermare come testimone (con tutti i limiti che la mia testimonianza può avere) che non posso escludere a priori singoli casi di problemi nell’accoglienza nel contesto delle cifre che ricordavo prima, ma non c’è stata una discriminazione organizzata. Piuttosto vorrei fa rilevare come si sia messa in moto spontaneamente una gigantesca organizzazione di accoglienza che coinvolge un intero paese. Qualcuno faceva giustamente notare come sia pochissimi i grandi hub ufficiali sotto i quali i profughi trovano riparo e protezione, quanto piuttosto il maggior numero di essi sia accolto presso le famiglie, in un clima molto meno anonimo e molto più umano.

Nella comunità di Kiełpin

Il dramma delle famiglie miste russo-ucraine

Vorrei anche condividere un aspetto che i media mi sembra che non sottolineano abbastanza. Il tessuto sociale delle famiglie presenti in Ucraina, al di là del fatto che scappino o restino, non è come sembra a vista d’occhio divisibile: da una parte le famiglie ucraine attaccate dalle forze russe, così come il conflitto sembra mostrare. La realtà vista più da vicino mostra che i nuclei familiari spesso sono costruiti con dei mix. Ad es. mamma ucraina e marito di origine russa o bielorussa. Oppure il contrario. Lo stesso fenomeno si può leggere al contrario. Anche tra i soldati dell’esercito russo non è raro trovare uomini che hanno origini familiari ucraine. Questa informazione mi sembra importante da tenere in conto anche se rende ancora più tragica e senza senso questa guerra.

In conclusione, vi saluto tutti a nome anche dei confratelli e dei tanti volontari che ogni giorno cercano di portare un po’ di sollievo. Preghiamo per la pace, costruiamo la pace

padre Luca Bovio
Superiore dei missionari della Consolata in Polonia
Kiełpin 11.03.2022

Per l’Ucraina con i Missionari della Consolata in Polonia (prima parte)

Per aiutare:
fare versamento tramite Fondazione missioni Consolata Onlus,

specificando “Aiuto profughi Ucraina”


Per chi desidera contattare padre Luca per inviare cibo e medicine, scrivete a konsolatapl@gmail.com


 




Per l’Ucraina con i Missionari della Consolata in Polonia


Aggiornamento al 4 marzo 2022 |

Per aiutare: fare versamento tramite Fondazione missioni Consolata Onlus, specificando “Aiuto profughi Ucraina”


Łomianki, 5 marzo 2022, visita del Nunzio apostolico, mons. Salvatore Pennacchio al centro di raccolta che ad oggi ufficialmente segue 1200 rifugiati, tutti ospitati nelle famiglie.

 


Notizie 4 marzo 2022

Carissimi tutti,
condivido qualche aggiornamento sulla situaizone che stiamo vivendo, ringraziando ciascuno (e siete davvero tanti!) per linteresse e gli aiuti che state organizzando.

La situazione in generale, come è ben descritta da tutti i mas media, è quella di un costante e continuo giornaliero aumento di rifugiati specialmente qui in Polonia. Notevole è lo sforzo di accoglienza che si sta organizzando.

Il nostro aiuto, come missionari della Consolata presenti in Polonia (siamo qui da anni attualmente con 6 confratelli provenienti da 5 paesi diversi da tre continenti) come vi ho scritto precedentemnte, si sviluppa in tre direzioni:

  • Accoglienza dei profughi
  • Raccolta di beni
  • Raccolta di offerte

Dove aiutiamo:

Kiełpin – Łomianki (vicino a Varsavia)

La nostra comunità di Kiełpin collabora strettamente con la parrocchia di s. Margherita, sul terreno della quale ci troviamo. Qui il numero di profughi ospitati ad oggi è di oltre 800 persone. Il numero è in costante e regoalre crescita. Questo si spiega per il fatto che siamo a pochi chilometri dalla capitale, Varsavia, dove si trovano le ambasciate di tutti i paesi. Molti profughi, infatti, cercano di raggiungere i propri familiari anche fuori dall’Europa come ad esempio in America e per questo hanno bisogno dei documenti e dei permessi. I rifugiati sono principalmente ucraini, donne e bambini ma con non rare eccezioni. In casa nostra ospitiamo un papà ucraino Pietro con la figlia Anastasia di 9 anni. Sono scappati dalla regione del Donbas in accordo con la moglie inpossibilitata a partire a motivo dell’invalidità della sua mamma che è su una sedia a rotelle. Vorrebbero raggiungere un familiare in America.

I nostri vicini di casa, Raffaele e Giulia da poco sposati, stanno ospitando in casa invece una giovane coppia di nigeriani con un neonato di soli 4 mesi. Essi sono scappati da Kiev dove stavano studiando all’università. Questi sono piccoli esempi di storie ordinarie di questi giorni. La maggiornaza dei profughi qui presenti sono comunque mamme e bambini ucraini.

Białystok

A Białystok gia da mesi stiamo collaborando con la caritas locale con aiuti arrivati dall’Italia a favore dei migranti bloccati sul confine (che ancora ci sono) prima ancora che scoppiasse il conflitto. Di fronte all’emergenza di questi giorni è nostro impegno continuare questa collaborazione. Stiamo preparando una nuova sede piu spaziosa nel centro della città dalla quale potremo in un futuro prossimo organizzare diversi aiuti a seconda delle necessatà ed emergenze. Qui al momento i flussi dei profughi non sono altissimi come in altre regioni della Polonia per un motivo semplicemnete geografico, questa città confina con la Bielorussia con la quale i confini sono rigorosamente chiusi. Tuttavia, già ieri i primi profughi sono arrivati anche a Białystok e se ne prevedono altri.

Ukraina – Konotop

La nostra comunità ha da 5 anni vicino a sé una fondazione di volontariato giovanile missionario col nome: Opera per la missione. In breve, sono i nostri giovani volontari missionari polacchi provenienti da tutta la Polonia con base presso la nostra comunità. Essi tra le tante iniziative, da tempo hanno un contatto sul luogo in Ucraina a Konotop, una cittadina di circa 85.000 abitanti a 250 km. a nord est da Kiev, non lontano dal confine con la Russia. Qui vive un frate francescano p. Romualdo. Prima che iniziasse la guerra, c’era il piano di fare un campo di lavoro lì questa estate, piano che ora inevitabilmente è stato abbandonato. I nostri giovani volontari non si arrendono e sono in contatto in questi giorni con p. Romualdo e insieme stiamo organizzando in quale forma aiutare lì, sul posto, con l’invio di offerte (più probabile) e se riusciremo di beni. Purtroppo, quella zona e fortemente militarizzata e occupata.

Luca Bovio


Notizie 3 marzo 2022

Lavoriamo in collaborazione con la parrocchia di Santa Margherita in Łomianki vicino a Varsavia, sul terreno della quale la nostra comunità di Kiełpin si trova, e con la Caritas. Di fronte alle richieste della situazione, abbiamo creato tre aree di aiuto:

1. Accoglienza dei profughi.

Sono già partite delle macchine dalla parrocchia dirette al confine con lo scopo di portare qui i primi profughi. dalle informazioni che abbiamo si tratterebbero di madri con bambini. Stiamo organizzando l’accoglienza presso le famiglie che si dichiarano pronte per questo. Anche la nostra comunità si è resa disponibile.

2. Raccolta di generi di aiuto.

I beneficiari dei generi raccolti sono sia le persone qui ospitate nelle nostre case,  sia le persone rimaste nel paese. Iniziamo a raccogliere cibo che non si deteriori, indumenti in buono stato (anche per bambini), prodotti per la pulizia della casa, medicinali, ecc…

3. Offerte in denaro

I soldi raccolti serviranno a coprire i costi per i servizi resi alle persone qui sul luogo e in Ucraina come ad. esempio, pagamenti d’affitto di casa se ce ne fosse bisogno, aiuto dato a famiglie che ospitano ma che non hanno le possibilità economiche, cure mediche, ecc.

 

Le immagini sono del centro di raccolta e di distribuzione presso la parrocchia e la nostra comunita di Kielpin. Ad oggi (2 marzo 2022) sono gia ospitate piu di 600 rifugiati nel nostro comune di che conta circa 20.000 abitanti.

Queste sono le prime informazioni che posso darvi in una situazione che, come potete immaginare, è in continuo divenire.

notizie ricevute tramite padre Luca Bovio
superiore del gruppo dei missionari della Consolata in Polonia


Per aiutare: fare versamento tramite Fondazione missioni Consolata Onlus, specificando “Aiuto profughi Ucraina”

 

 




20 Natali di solidarietà



Con i Missionari per un servizio d’amore

Missioni Consolata Onlus è il braccio operativo del Missionari  della Consolata in Italia per sostenere i progetti dei loro confratelli  nei tre continenti dove annunciano il Vangelo con opere e parole.

È grazie all’aiuto generoso di voi, amici e benefattori, persone normali, che conoscete la fatica del vivere e del guadagnarsi il pane quotidiano se in centovent’anni (di cui 20 con la nostra Onlus) siamo riusciti  a realizzare scuole, ospedali, dispensari, centri per bambini abbandonati e donne vittime di violenza; se abbiamo «vestito gli ignudi, dato da mangiare agli affamati, consolato i prigionieri, dato l’acqua agli assetati, accolto gli stranieri», difeso la vita e l’ambiente, formato leader e quanto altro la creatività dell’amore è stata capace di inventare; se abbiamo fatto nascere  comunità cristiane vivaci e gioiose, costruito cappelle e chiese.

Grazie – Thank you – Asante sana – Ace olen – Akiba – Sobodi  – Matondo – šukran – Merci – Gracias – Obrigado.

Le sfide davanti a noi sono ancora tante, aggravate dalla pandemia,  dal cambiamento climatico e dall’irresponsabile attitudine dei potenti che non hanno occhi né cuore per i più poveri e i più indifesi.
Con il vostro aiuto potremo continuare a essere testimoni e servitori della misericordia di Dio e della tenerezza della nostra Consolata.
In queste pagine vi presentiamo solo alcuni dei progetti in corso. Ogni anno Mco pubblica il suo bilancio sociale sul sito missioniconsolataonlus.it nel quale sono presentati tutti i progetti e i conti relativi al periodo.

Per dare il vostro contributo trovate le informazioni necessarie
cliccando qui.

Leggi il testo completo nella pagina di Cooperando 2021, un anno di progetti, nonostante la pandemia

Vedi 20 Natali di solidarietà sul sito della Onlus




«Quattro ruote per… »

Gli Amici Missioni Consolata (Amc)

si impegnano ad aiutare la «Missione Amo» provvedendo un mezzo essenziale per il servizio: un furgone multiuso, un Renault express intens, dal costo pari a 16.500 euro.

Il furgone verrà utilizzato per

  • recuperare i migranti che giungono nella zona malati, affamati ed esausti, e portarli al Centro di accoglienza della parrocchia, ai centri sanitari o al pronto soccorso per le cure necessarie;
  • trasportare e distribuire prodotti alimentari, per l’igiene o di protezione individuale, sia per il fabbisogno del Centro che per individui in necessità in varie parti della città;
  • accompagnare i migranti ai centri di formazione professionale e ogni altro bisogno prevedibile o imprevedibile.

***

È possibile sostenere questo progetto visitando il «Punto missioni Consolata» di fronte al Santuario della Consolata a Torino o inviando offerte per «AMC progetto 4 ruote per servire» utilizzando i dati trovati a questo link.


Leggi il testo completo nella pagina di Cooperando 2021, un anno di progetti, nonostante la pandemia




Missione AMO, quattro ruote per servire

Progetto sostenuto dagli Amici Missioni Consolata


Aiuto migranti Oujda

Esteso poco meno di mezzo milione di chilometri quadrati (una volta e mezzo l’Italia, ndr.), il Marocco è un paese montagnoso al Nord e desertico al Sud. La popolazione conta circa 37 milioni di abitanti, dei quali il 58% vive nelle città. Rabat, capitale politica, e Casablanca, capitale economica, sono le due più importanti. Le lingue ufficiali del paese sono l’arabo, il berbero e il francese.

L’economia è fondamentalmente agricola e di allevamento, ma il paese dispone anche di importanti miniere di argento, fosfato, piombo e zinco, e oggi ha un’industria turistica fiorente.

La religione dominante è l’Islam. La presenza cristiana è minima, anche se ha origini antichissime risalenti al terzo secolo d.C.

Oggi il paese conta due diocesi, Rabat e Tangeri, 35 parrocchie e 50 sacerdoti residenti.

Il paese è stato visitato da papa Francesco nel marzo del 2019 e in quello stesso anno, a ottobre, il vescovo Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat, è stato nominato cardinale.

Il numero totale dei cristiani è comunque molto esiguo, circa 25mila in tutto, e tra le comunità cristiane che vivono oggi in Marocco, si possono censire quasi novanta nazionalità, soprattutto studenti che provengono in gran parte da altri paesi dell’Africa subsahariana.

Dormitorio accanto alla chiesa di Oujda, Marocco

Crocevia di migranti

Il Marocco che nella seconda metà del Novecento ha esportato circa cinque milioni di emigrati, soprattutto verso i paesi industrializzati dell’Europa, oggi, con l’economia in forte crescita (almeno fino allo scoppio del

Covid), è diventato punto di attrazione e transito per migranti provenienti dall’Africa subsahariana.

Questo perché la fascia del Sahel, regione con radici antichissime e un tempo agognata da mercanti e viaggiatori, è ora un territorio complesso. Tutti i numerosi paesi che vi si affacciano, Senegal, Mali, Burkina Faso,
Niger, Ciad, Sudan e altri, infatti, si trovano in una situazione di grande precarietà a causa della crisi ambientale che provoca desertificazione e grave impoverimento.

Tutta l’area, poi, è anche uno snodo della politica internazionale sommersa. Qui avviene il traffico dei nuovi schiavi verso l’Europa, il commercio illecito di armi e droga, il terrorismo. Il tutto aggravato da cattivi governi e corruzione che impediscono lo sviluppo economico e, quindi, le misure per combattere il terrorismo jihadista che fa leva sulla povertà per reclutare nuovi seguaci.

Da anni si susseguono irruzioni nei villaggi, massacri e reclutamenti forzati di giovani. Questi sono costretti a diventare terroristi o a fuggire, e il Marocco è una delle vie di fuga preferite, perché più sicuro della Libia.

I Missionari della Consolata a Oujda

Entrata ufficiale del Missionari della Consolata nella parrocchia di St Louis a Oujda – La Messa è stata presieduta da S.E. Cristobal card. Lopez Romero, arcivescovo di Rabat

Negli ultimi anni, i Missionari della Consolata in Spagna hanno cercato un maggiore impegno nell’opera di accoglienza degli immigrati, la quale è un’opzione ad gentes della congregazione in Europa. Così hanno aperto una comunità a Oujda su invito del cardinale Cristóbal López.

Lo scopo della missione è di accogliere i migranti in questa città che si trova all’estremo Est del paese, a circa 15 km dal confine con l’Algeria, e a 60 km a Sud del Mar Mediterraneo.

Oujda è un luogo di transito per molte persone provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana che vogliono raggiungere l’Europa. Qui vi arrivano dopo aver attraversato il deserto e sofferto molte difficoltà.

Nella parrocchia di Saint Louis, già cattedrale al tempo del protettorato francese, chiesa enorme per una settantina di cristiani, quasi tutti di origini subsahariane, nel 2020 è arrivato padre Edwin Osaleh, keniano,
e nel 2021 padre Francesco Giuliani, in attesa che un terzo missionario riesca a ottenere tutti i necessari permessi per stabilirsi con loro e completare la comunità.

Dal 26 settembre 2021, giorno in cui la Chiesa ha celebrato la Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati, la parrocchia di Saint Louis è stata consegnata alla piena responsabilità dei  Missionari della Consolata.

L’impegno con i migranti

Padre Edwin sintetizza in quattro verbi l’impegno con i migranti: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

ACCOGLIERE significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione. Questo impegno comune è necessario per non accordare nuovi spazi ai mercanti di carne umana che speculano sui sogni e i bisogni dei migranti.

PROTEGGERE vuole dire assicurare la difesa dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio. Guardando la realtà di questa regione, la protezione va assicurata anzitutto lungo le vie migratorie, che sono spesso, purtroppo, teatri di violenza, sfruttamento e abusi di ogni genere.

PROMUOVERE significa assicurare a tutti, migranti e locali, la possibilità di trovare un ambiente sicuro dove realizzarsi integralmente. Tale promozione comincia con il riconoscimento che nessuno è uno scarto umano, ma è portatore di una ricchezza personale, culturale e professionale che può recare molto valore là dove si trova. Ma non dimentichiamo che la promozione umana dei migranti e delle loro famiglie inizia anche dalle comunità di origine, là dove deve essere garantito, insieme al diritto di emigrare, anche quello di non essere costretti a emigrare, cioè il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una vita degna.

INTEGRARE vuole dire impegnarsi in un processo che valorizzi al tempo stesso il patrimonio culturale della comunità che accoglie e quello dei migranti, costruendo così una società interculturale e aperta. Sappiamo che non è facile entrare in una cultura che ci è estranea – tanto per chi arriva, quanto per chi accoglie -, metterci nei panni di persone diverse da noi, comprendere i loro pensieri e le loro esperienze. Così, spesso, rinunciamo all’incontro con l’altro e innalziamo barriere per difenderci.

Quattro verbi che qualificano la «Missione Amo» (Aiuto migranti Oujda).

Amc – Gigi Anataloni

Nella sala dove i migranti apprendono la lingua (lezione di francese) a Oujda

«Quattro ruote per… »

Gli Amici Missioni Consolata (Amc) si impegnano ad aiutare la «Missione Amo» provvedendo un mezzo essenziale per il servizio: un furgone multiuso, un Renault express intens, dal costo pari a 16.500 euro.

Il furgone verrà utilizzato per

  • recuperare i migranti che giungono nella zona malati, affamati ed esausti, e portarli al Centro di accoglienza della parrocchia, ai centri sanitari o al pronto soccorso per le cure necessarie;
  • trasportare e distribuire prodotti alimentari, per l’igiene o di protezione individuale, sia per il fabbisogno del Centro che per individui in necessità in varie parti della città;
  • accompagnare i migranti ai centri di formazione professionale e ogni altro bisogno prevedibile o imprevedibile.

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È possibile sostenere questo progetto visitando il «Punto missioni Consolata» di fronte al Santuario della Consolata a Torino o inviando offerte per «AMC progetto 4 ruote per servire» utilizzando i dati trovati a questo link.


Leggi il testo completo che illustra le attività di MCO nella pagina di Cooperando 2021, un anno di progetti, nonostante la pandemia

 

 




Eswatini: visita di solidarietà dei vescovi dell’Africa australe

La Conferenza episcopale cattolica dell’Africa australe (Sacbc), che comprende Sudafrica, Botswana e Eswatini, ha condotto una visita nel regno di Eswatini (o eSwatini, ex Swaziland), vista la situazione dopo i disordini che hanno causato decine morti e danni materiali nel giugno e luglio scorsi. La visita di «solidarietà e pastorale» scrivono i vescovi, è stata guidata dal presidente della Sacbc monsignor Sithembele Sipuka e si è svolta tra il 6 e il 12 ottobre.

La delegazione della Sacbc è stata accolta dal governo di Eswatini e le è stato possibile incontrare diversi gruppi sociali del paese. Oltre al governo, la delegazione si è intrattenuta con diversi enti cattolici, con il Consiglio delle chiese, con molti gruppi della società civile e con singoli individui che hanno condiviso la loro visione sul paese.

Come risultato della visita i vescovi della Sacbc hanno riscontrato un desiderio, da parte di molti settori, di considerare una modifica dell’attuale forma di governo. Le ragioni sono molteplici. Ma la cosa importante – riportano i vescovi – è che occorre dare attenzione a questa richiesta, se non si vuole fare sprofondare il paese in ulteriori disordini che causerebbero morti e perdite economiche.

La delegazione è ottimista sul fatto che tutte le parti consultate, governo incluso, si sono dette disponibili al dialogo e al negoziato. La preoccupazione resta nel fatto che non tutti sembrano concordi sulle modalità con cui impostare i negoziati.

Inoltre, ricordano i vescovi, molte persone hanno espresso il desiderio di recuperare quel rapporto simbiotico tra il re di Eswatini e il suo popolo, che pare sia andato perduto.

I vescovi concludono con la richiesta fatta al primo ministro della necessità che tutti siano coscienti della gravità del momento storico che il paese sta passando e della necessità di implementare misure che aiutino nella costruzione di una società giusta e pacifica.

Testo completo sul sito della Conferenza episcopale cattolica dell’Africa australe

Danzatori tradizionali in Eswatini




In Costa d’Avorio microcredito di gruppo per aiutare le mamme imprenditrici

articolo di Cristina Uguccioni tratto dall’inserto “L’economia civile” di Avvenire, 8 settembre 2021
foto Archivio fotografico Missioni Consolata


Quando si attinge alla compassione di Dio per le sue creature, quando ci si lascia toccare nell’anima dai patimenti altrui, e si cercano soluzioni (anche economiche) per far superare privazioni e sofferenze, chi non c’è la fa più riprende fiato e speranza scoprendo la propria vita benvoluta e accudita. Accade ovunque nel mondo. Anche in Costa d’Avorio: qui, nel nord del Paese, sorge una missione composta da due parrocchie (a Dianrà e a Dianrà Village) e da un centro pastorale (a Sononzo). Fondata nel 2001 dai missionari della Consolata, si estende su un territorio di oltre 3.000 chilometri quadrati ed è abitata da circa centomila persone il 3% delle quali cattoliche. La maggioranza della popolazione è musulmana o seguace della religione tradizionale.

In questa zona del Paese, reduce da un conflitto durato quasi 10 anni, si vive in condizioni di grande povertà, la denutrizione infantile è diffusa, il tasso di analfabetismo è molto elevato come lo è quello della mortalità materna e neonatale. Nel corso degli anni i missionari della Consolata hanno avviato diverse attività in campo educativo, sanitario e sociale, fra le quali un importante progetto di microcredito. «Nato nel 2005, questo progetto legato alla Caritas parrocchiale si propone di accompagnare e sostenere la popolazione femminile, che nella società locale conta assai poco e affronta ogni giorno molte fatiche», racconta padre Matteo Pettinari, alla guida della missione con due confratelli. «In Costa d’Avorio sono le donne, sovente analfabete, a farsi carico della famiglia: lavorano duramente, crescono i figli e li mantengono. I padri sono spesso assenti o disinteressati alle necessità dei bambini e della moglie, dalla quale pretendono sottomissione». Grazie al microcredito le donne (cristiane, musulmane e seguaci della religione tradizionale) riescono ad acquisire autonomia, maggiore stabilità economica e fiducia nelle loro capacità. Per accedere al finanziamento, sono invitate a riunirsi in gruppi di cinque. Ciascuna poi presenta il proprio progetto che deve essere approvato dai membri (di fede diversa) che compongono l’équipe istituita ad hoc presso la missione. Ad ogni donna viene quindi erogato il prestito, che ammonta a circa 130 euro annui e viene offerto per tre anni. Ogni gruppo si impegna a restituire in tre rate, dopo un anno, il 110% di quanto ricevuto. Se una donna non riesce ad effettuare il rimborso, l’anno successivo il microcredito non sarà concesso né a lei né alle altre quattro componenti del gruppo. «Abbiamo fissato questa regola e desideriamo che si costituiscano i gruppi per incoraggiare le donne a fare rete, a sentirsi responsabili le une delle altre e ad aiutarsi reciprocamente», dice padre Matteo. «Il rimborso del 110% ha consentito, anno dopo anno, di continuare ad ampliare il numero delle beneficiarie del credito: attualmente sono 200. I gruppi restituiscono sempre il prestito ricevuto sia perché le donne si impegnano molto per far funzionare le loro attività sia perché sono generose nel soccorrere le amiche inventando soluzioni felici per risolvere le difficoltà. Tra loro nascono saldi legami, che coinvolgono anche le famiglie: il nostro progetto di microcredito sta contribuendo non solo a contrastare la povertà, ma anche a creare comunità più coese e a favorire la serena convivenza tra persone di fede diversa».

In genere i progetti presentati dalle donne riguardano l’avvio o il potenziamento di piccole attività legate al commercio o alla ristorazione: c’è chi chiede il prestito per acquistare il mais e preparare una bevanda locale molto richiesta, chi per avviare un ristorantino, chi per acquistare un maggior numero di prodotti da vendere al mercato. «Le donne si dimostrano sempre molto tenaci, intraprendenti e creative: lavorano per il bene dei figli e ottengono ottimi risultati riuscendo a migliorare la situazione economica della loro famiglia e a mandare i bambini a scuola», dice padre Matteo. «In passato un nostro confratello provò ad avviare il microcredito anche per gli uomini, ma fu un fallimento; gli uomini, infatti, anteponevano le proprie esigenze a quelle della famiglia». Le donne che beneficiano del prestito sono invitate dai missionari della Consolata a partecipare ad alcuni incontri, presso la missione, dedicati alla salute, all’educazione dei figli, all’economia domestica. «Questi momenti formativi, che offrono strumenti per meglio affrontare i problemi della vita quotidiana, sono preziosi: talvolta sono gli unici che le donne frequentano nel corso della loro vita», sottolinea padre Matteo che, pensando al futuro, aggiunge: «Stiamo valutando la possibilità di finanziare progetti più consistenti e di invitare le donne a costituire piccole cooperative. Vedremo se accoglieranno la nostra proposta». L’obiettivo è sempre lo stesso: generare vita buona, mettere al mondo felicità per altre creature.

Cristina Uguccioni – Avvenire 08.09.2021
Inserto: L’economia civile 11




Haiti. Esecuzione del presidente avvolta dal mistero

aggiornamento dell’8 luglio 2021


La notte tra il 6 e il 7 luglio, verso le 7 in Italia, un commando ben equipaggiato si è introdotto nella residenza del presidente Jovenel Moise, uccidendolo e ferendo la moglie (poi ricoverata a Miami). Il primo ministro ad interim Claude Joseph (doveva essere sostituito proprio il 7 luglio da Ariel Henry, nominato da Moise due giorni prima), assume di fatto il controllo, dichiara lo stato di assedio, che concede al governo poteri straordinari, chiede la calma e afferma che polizia ed esercito (Moise aveva rifondato un nucleo di esercito, istituzione soppressa da J.B. Aristide nel1995) manterranno la sicurezza.

Moise, in carica dal febbraio 2017, governava per decreto da gennaio 2020 dopo aver fatto scadere il parlamento e non aver indetto nuove elezioni. Stava inoltre per modificare la Costituzione in modo unilaterale e illegale. Il suo disegno era una modifica delle istituzioni democratiche del paese senza precedenti. La sua deriva autoritaria era contestata da opposizione politica e ampi settori della società civile.

L’esecuzione – perché di questo si tratta – resta avvolta nel mistero. Come è possibile che un commando (di mercenari stranieri dice Joseph) assalti la residenza del presidente, eludendo la sicurezza, e non risultino scontri, morti e feriti? Perché ci si affretta subito a dire che si tratta di mercenari stranieri, che parlano inglese e spagnolo? Il capo della polizia dice, in serata, che gli agenti ne hanno uccisi quattro e arrestati due. Come mai le gang, che controllano il territorio in capitale e nelle maggiori città del paese, rimangono tranquille?

Secondo noi, chi ha voluto la morte del presidente è da cercare nel paese.

Intanto, Ariel Henry prende la parola per dire che il primo ministro sarebbe lui, e quindi occorre trovare un accordo.

Nazioni Unite, Usa e Ue chiedono che si svolgano le elezioni generali previste il 26 settembre prossimo (Moise aveva da poco firmato il decreto per indirle). Scadenza che pare irrealistica per un paese senza guida, e in mano alle gang criminali.

Marco Bello