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Perù. Settimo presidente in otto anni

La generazione Z spinge il cambiamento

L’indignazione popolare insorta dopo un grave episodio di violenza criminale ha chiesto come pegno la testa a Dina Boluarte, tra le presidentesse più impopolari della storia peruviana. E l’ha avuta. All’alba dell’11 ottobre, il Congresso (Parlamento peruviano) l’ha destituita per «permanente incapacità morale», la formula usata per dichiarare l’incapacità a governare di un capo di Stato.
Il casus belli è stata la sparatoria durante un concerto di cumbia del gruppo Agua Marina nel club militare di Lima, che ha ferito cinque musicisti e scatenato il panico tra il pubblico. L’episodio è arrivato a meno di dieci giorni dallo sciopero degli autisti di combi (vetture pubbliche) e taxi, da tempo esasperati dagli assalti a mano armata a fini di estorsione che subiscono quotidianamente.
La violenza che ha travolto il Paese ha finito per abbattere uno dei governi più violenti e repressivi degli ultimi anni. La popolarità di Boluarte era già a picco a causa di vari episodi che l’hanno resa invisa alla popolazione.


Il tradimento
Il primo è stato aver voltato le spalle all’ex presidente Pedro Castillo, alleandosi con la destra fujimorista e tradendo la base del suo partito Perú Libre. Da lì, per oltre due mesi, ha represso nel sangue le proteste contro di lei, ordinando la militarizzazione delle strade che hanno generato scontri mortali, con l’uccisione di oltre sessanta manifestanti che avevano occupato le piazze da Lima alle Ande, con uno slogan che nel tempo è diventato un vero e proprio marchio: «Dina asesina, el pueblo te repudia».
A pesare sulla sua caduta c’è anche la crescente insicurezza che non ha saputo affrontare in nessun modo. Secondo Human Rights Watch, il Perù è oggi tra i paesi latinoamericani con più morti violente di tutta l’America Latina. A questo si sommano anche alcuni casi di corruzione per cui sono iniziate indagini che hanno avuto l’effetto di macchiare indelebilmente la sua immagine.
A chiudere il quadro, l’ultima miccia è stata la riforma delle pensioni, di cui ne dovrebbero fare le spese soprattutto i giovani. Dalla metà di settembre, infatti, la generazione Z, ragazzi nati tra il 1997 e il 2012, è scesa in strada spesso sotto cartelli con il simbolo della «Z». Proprio loro, infatti, stanno guidando le proteste in nome di un cambiamento politico profondo attento ai bisogni della gente, che metta al centro il tema della sicurezza e ovviamente anche la riforma economica.


Chi è il nuovo presidente
Nella stessa giornata in cui Boluarte è stata destituita, il Congresso ha nominato presidente a interim José Jorí Oré, 38 anni, Presidente del Parlamento, successore costituzionale in assenza di un vicepresidente. È il settimo presidente in otto anni. Si tratta di un dato che racconta la fragilità del sistema politico peruviano e le possibili ricadute economiche e diplomatiche di questa instabilità.
Jorí, conservatore vicino alla corrente democristiana e membro del partito Somos Perú, è arrivato al potere quasi per caso, come osservano alcuni accademici di Lima che hanno ribadito come «in Perù la democrazia somiglia sempre più a una lotteria». Il suo nome è legato ad accuse, non ancora confermate, di corruzione e abusi sessuali che hanno aperto indagini giudiziarie e minato la sua credibilità. Inoltre, per anni, ha difeso Boluarte, rendendosi inviso a buona parte della popolazione.
Per il momento non sembra volersi attaccare al potere e tra le sue prime dichiarazioni ha promesso un governo di transizione, prima delle elezioni di aprile 2026.


L’efficacia delle proteste
La Generación Z ha già respinto la nomina di Jorí e chiede le sue dimissioni, elezioni democratiche e misure urgenti per affrontare la violenza dilagante e riformare un sistema politico inceppato.
Tra le prime azioni per dimostrare dissenso, proprio dalla Generación Z è arrivato lo stimolo all’organizzazione di una marcia il 15 ottobre scorso a cui, oltre agli studenti universitari e collettivi giovanili, hanno aderito federazioni dei trasportatori, comunità indigene e contadine andine e amazzoniche, insegnanti, commercianti del mercato di Gamarra e figure influenti della scena digitale.
Le proteste contro governi incapaci di rispondere alle richieste delle nuove generazioni si stanno moltiplicando in tutto il mondo, dal Nepal alla Francia, dal Paraguay al Perù. È la generazione Z a guidare la mobilitazione per nuovi diritti sociali ed economici.
E a Lima, la loro voce sta diventando impossibile da ignorare.

Simona Carnino

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