

Vedere, discernere, comunicare
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«Abbiamo vissuto – possiamo dire insieme – giorni davvero speciali. Li abbiamo, li avete condivisi con ogni mezzo di comunicazione: la Tv, la radio, il web, i social. Vorrei tanto che ognuno di noi potesse dire di essi che ci hanno svelato un pizzico del mistero della nostra umanità, e che ci hanno lasciato un desiderio di amore e di pace. Per questo ripeto a voi oggi l’invito fatto da papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali (01/06/2025, ndr): disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana».
Sono le parole che papa Leone ha pronunciato all’incontro con la stampa del 12 maggio scorso, in perfetta continuità con il messaggio lasciato da papa Francesco.
Quasi in contemporanea è uscito un rapporto dell’Ong Amref, «L’Africa mediata 2025», che sottolinea la grande marginalità dell’Africa nel nostro mondo comunicativo. Una marginalità che rasenta l’indifferenza ed è anche condita di stereotipi negativi soprattutto a livello di percezione e, quindi, di azione. Un paradigma, questo, applicabile anche all’informazione che riguarda tanti altri Paesi del mondo, i quali fanno notizia solo quando coinvolgono i nostri interessi o quelli dei potenti di turno.
Tutto questo non fa che confermare il disagio crescente che sento di fronte al modo con cui giornali e televisioni ci stanno informando. Basta calcolare i minuti e le pagine divorati in questi ultimi mesi da certi avvenimenti che prendono tutto. Ci vuole poco a realizzare che il primo quarto del tempo di un noto Tg è dedicato a un’informazione politica sbilanciata in favore di chi è al potere, un altro quarto alle notizie e gossip del giorno, che siano l’elezione di Trump, la malattia di papa Francesco o il totopapa nel tempo del conclave, seguiti poi da un terzo quarto dedicato a poche notizie nazionali e internazionali con ovvia centratura su Ucraina e Palestina, e un ultimo quarto dedicato un po’ allo sport e poi tanto, tantissimo spazio allo spettacolo, dove la notizia diventa spesso pubblicità.
Per parlare del Myanmar ci vuole un terribile terremoto (che merita al massimo due giorni). Eritrea, Sudan, Paesi del Sahel, Libia e altri Paesi affacciati al Mediterraneo, appaiono solo quando l’ennesimo naufragio con decine di morti scalfisce il muro del pregiudizio che fa percepire tutti i migranti (compresi i bambini) come invasori illegali e pericolosi delinquenti dai quali bisogna «difendere la patria».
Per parlare poi della Chiesa, serve la notizia di qualche scandalo clericale, eccezione fatta per la malattia di papa Francesco e l’elezione di papa Leone.
Ma è, questa, vera informazione? Pensiamo a quella marea che sono i social media dove è spesso difficile distinguere il vero dal falso, dove ci illudiamo di poter partecipare, pur rimanendo spettatori dipendenti (dagli algoritmi), acritici e incantati, e dove, soprattutto, rimangono invischiati giovani e giovanissimi.
Non entro nel campo dell’Ia (Intelligenza artificiale), una realtà affascinante e con enormi potenzialità, ma anche con gravi rischi, spesso usata in cerca di risposte sicure che indeboliscono il libero uso del nostro senso critico e, tra l’altro, monopolizzata dai grandi gruppi di potere economico e informatico per aumentare i loro profitti.
Oggi più che mai è necessario che ciascuno usi la propria coscienza e la propria testa, magari in dialogo con lo Spirito che ci guida nel discernimento. Oggi più che mai c’è bisogno di persone che lavorino nella comunicazione ascoltando e rilanciando la voce dei deboli che non hanno voce, invece delle urla di chi ha già megafoni enormi a disposizione.
Come dice papa Leone, «Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana».
Gigi Anataloni
direttore responsabile MC

